Segnaliamo a un’attenta lettura il commento apparso sul blog Rorate Caeli a firma (uno pseudonimo) di don Pio Pace. Il tutto grazie alla benemerita traduzione di Chiesa post concilio.
di don Pio Pace
L'assemblea straordinaria del Sinodo dei vescovi è appena finita e il partito della liberalizzazione della disciplina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio sta già aprendo un secondo fronte, quello della “semplificazione” delle procedure canoniche della dichiarazione di nullità.
La rimozione del cardinale Burke dal suo incarico di prefetto della Segnatura Apostolica trova in questo fatto il suo vero significato. Il suo ruolo nella nomina dei vescovi negli Stati Uniti sotto il pontificato di Benedetto XVI non era sufficiente a spiegare il suo allontanamento, dato che per neutralizzare la sua influenza era sufficiente (così come è stato fatto) rimuoverlo dalla Congregazione dei vescovi, in cui è stato sostituito dal cardinale Wuerl. D'altro canto, nel suo ruolo di "Giudice Anziano" della Chiesa Cattolica, egli è stato sempre un serio ostacolo per la realizzazione di un progetto adesso sotto studio: trasformare le procedure di annullamento del matrimonio in quello che è un "divorzio cattolico" in tutto tranne che nel nome.
Le grandi linee di questo progetto – sicuramente già stabilite in maniera sommaria e in segreto – possono essere riassunte in quattro punti:
Considerevole accelerazione e semplificazione della procedura.
Attualmente, la procedura (organizzazione degli archivi, istruzione con audizioni degli sposi, testimonianze, esperti, petizioni, prima e seconda sentenza) suole richiedere un anno e mezzo, un lasso di tempo non molto lungo considerato il fatto che implica la dichiarazione di non esistenza di una promessa fatta per tutta la vita. La si vuole ridurre a pochi mesi: ciò implica un incremento del personale degli uffici diocesani, già oberati da altri cóompiti, che sarebbe praticamente impossibile in molti Paesi. Ciò che si profila, pertanto, è un esame estremamente semplificato e sommario di ogni causa.
Soppressione della doppia conferma.
Nell'attuale disciplina – estremamente saggia e prudente a causa della rilevanza di quanto è in gioco – al fine di arrivare con certezza a una decisione la più obiettiva possibile, quando viene emesso un giudizio di nullità da una giuria di tre giudici, l'intero processo è sottoposto ad appello automatico che richiede la conferma di una seconda giuria, che esamina di nuovo gli archivi ed emana una nuova decisione. Se la seconda decisione è uguale alla prima, il primo giudizio (di nullità o no) viene confermato; altrimenti, viene respinto. La parte richiedente una dichiarazione di nullità può successivamente ricorrere al Tribunale della Sacra Rota, che funge da terzo livello di giudizio. Nel progetto che si sta attualmente considerando, non ci sarebbe più bisogno di una seconda decisione.
Una dichiarazione di nullità significa affermare che, nel momento del matrimonio, il consenso degli sposi non esisteva realmente. Il Codice di Diritto Canonico prevede un certo numero di casi di nullità del matrimonio: incapacità di contrarre matrimonio dovuta alla mancanza di un sufficiente uso di ragione (Can. 1095); esclusione del matrimonio con un positivo atto di volontà concernente elementi essenziali come la fedeltà o l'indissolubilità (Can. 1101); errore di persona, inganno, violenza, incapacità di natura psichica (Can. 1095,3). Il caso più rilevante di nullità del matrimonio è quello in cui le parti soffrano di "un grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali". I tribunali più lassisti (tra cui si contano spesso quelli statunitensi, anche se ce ne sono molti altri) si basano per lo più su quest'ultima ragione: la mancanza di maturità degli sposi o di uno solo di essi. Un modo semplicissimo di trasformare la dichiarazione di nullità in un "divorzio cattolico" sarebbe dunque quello di estendere le premesse sulla base della definizione di immaturità, rendendo inesistente il consenso, cosa che i tribunali cattolici potrebbero facilmente fare. A venti o trent'anni d'età, o persino più tardi, si è sempre più o meno immaturi...
L'analisi dell'assenza di fede in uno degli sposi.
Nel mondo ecclesiastico sta prendendo piede l'idea secondo la quale in un certo numero di casi gli sposi che contraggono il sacramento del matrimonio non possiedono la fede cattolica, e a conseguenza di ciò il loro matrimonio non è valido. Questa tesi va contro la dottrina cattolica dei sacramenti, che distingue tra la loro validità e la loro efficacia. Il realismo sacramentale richiede infatti che l'atto sacramentale sia un atto umanamente percepibile costituito da un rito stabilito dalla Chiesa. Se il rito si celebra in modo serio, la validità dell'atto sacramentale è presunta anche nel caso in cui il ministro o il soggetto non possiedano la fede cattolica (si tratta del principio ex opere operato). I fedeli che partecipano alla Messa non sono obbligati a verificare se il sacerdote celebrante creda o no alla presenza reale nell'Eucaristia fin quando egli celebri con proprietà il rito prescritto dalla Chiesa. I seminaristi ordinati nei paesi comunisti non devono preoccuparsi di sapere se il loro vescovo sia un agente comunista in incognito. Possiamo ricevere il Battesimo in modo valido, o l'Ordinazione sacerdotale con un cattivo proposito, senza avere la fede. Naturalmente, in questi casi l'atto è sacrilego, ma non è possibile ripeterlo o contestarlo. Allo stesso modo, se uno degli sposi – o entrambi – non ha la fede cattolica ma se entrambi sono battezzati all'interno della Chiesa e si sottopongono volontariamente al rito cattolico del matrimonio, lo fanno validamente.
È vero che in questo caso la mancanza di fede può influenzare l'accettazione dei fini del matrimonio, che sono di ordine naturale – e la Chiesa Cattolica è una delle poche istituzioni che li riconosce. In realtà, in tale caso la vera ragione di nullità non sarebbe l'assenza di fede ma, per esempio, il rifiuto del principio dell'indissolubilità del matrimonio. Tuttavia, la costruzione di un argomento di "assenza di fede" genererebbe delle assurdità: il sacramento non dovrebbe essere concesso quando uno dei futuri sposi (o entrambi) affermi di non avere la fede cattolica (si dà molto più frequentemente il caso in cui gli sposi stessi si chiedono se possiedono realmente la fede). Se fosse necessario il rilascio di una "dispensa di fede" da parte dei vescovi affinché il matrimonio tra due persone cattoliche fosse valido, come potrebbero esserlo i matrimoni – attualmente ammessi – in cui viene realmente concessa una dispensa, come per esempio quelli con una persona non battezzata o appartenente a un'altra confessione cristiana, casi in cui vi è la certezza di un'assenza di fede cattolica?
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È innegabile che ci troviamo in presenza del più grave problema pastorale oggi esistente: la verifica dell'autenticità del consenso degli sposi riguardo l'indissolubilità del matrimonio e l'accettazione dei figli. Sentiamo spesso dire che la maggioranza dei matrimoni sacramentali contratti oggi non sono in realtà validi. Di qui la conclusione: la possibilità di annullarli deve essere largamente ampliata. Si tratta di un argomento specioso: qualora fosse vero il fatto che un gran numero di matrimoni contratti oggi sono nulli e non validi, ciò sarebbe dovuto piuttosto alle insufficienti precauzioni che si prendono quando i candidati al santo matrimonio sono ricevuti per dare il loro consenso. L'affermazione secondo la quale l'80% dei matrimoni contratti oggi sono nulli e non validi – attribuita a papa Francesco, che ha sottolineato l'alto numero di annullamenti concessi dalle corti ecclesiastiche di Buenos Aires – dovrebbe in realtà suscitare come conseguenza scontata un maggiore "rigore": sarebbe necessario negare la celebrazione del sacramento del matrimonio all'80% di quanti la sollecitano e concederla solo a un 20% di persone considerate "degne"! Infatti, continuare a celebrare matrimoni considerati non idonei per dichiararli in seguito nulli e non validi con una procedura sommaria alla prima difficoltà che sorga tra gli sposi significherebbe farsi beffe del sacramento e scandalizzare quanti lo ricevono. È vero – d'altro lato – che un matrimonio sacramentale così facile da disfare risulterebbe molto più attrattivo alle coppie moderne: il numero dei matrimoni, dei nuovi matrimoni con lo sconto, non cesserebbe di aumentare...
Al fine di promuovere questo progetto agli occhi dell'opinione generale degli ecclesiastici, specialmente tra i vescovi, il progetto deve essere presentato come una soluzione "ragionevole" e "centrista", che prenda in considerazione realtà "pastorali" equidistanti dagli "estremi" che sono emersi al Sinodo: in nome del "senso comune" pastorale, l'indissolubilità del matrimonio sarebbe aggirata.
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Resta il fatto che la situazione del matrimonio cattolico è oggi estremamente allarmante. È innegabile che devono essere fatti grandi sforzi per preparare le coppie di fidanzati ed educarle alla bellezza e agli impegni a cui vanno incontro. In questo come in molti altri àmbiti, la sfida per la Chiesa di domani consiste nella corretta trasmissione del catechismo.
da «Chiesa e post concilio»
Il Timone
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