di Mattia Matzuzzi (25/03/2014)
Papa Francesco ritiene che sia opportuno riprendere il grande tema della famiglia alla luce del Vangelo e in più, con i tempi mutati, dare uno sguardo che possa essere di attualizzazione della dottrina della chiesa”. Il fatto è che “molti temi, molti problemi, molte situazioni sono mutate da quel tempo, per cui la chiesa deve essere capace di rispondere alle sfide”. A tracciare l’obiettivo dei prossimi due sinodi sulla famiglia è il neo cardinale Lorenzo Baldisseri, che del Sinodo dei vescovi è (da poco) il segretario generale. È lui che, a margine del convegno internazionale “Papa Giovanni Paolo II: il Papa della famiglia”, spiega alla Radio Vaticana i motivi per cui la chiesa debba prendere atto di quanto è cambiato rispetto all’epoca in cui Karol Wojtyla scrisse l’esortazione Familiaris Consortio e agire dunque di conseguenza.
Il cardinale Baldisseri è colui che ha coordinato la sintesi dei rapporti sui questionari inviati alle diocesi lo scorso novembre e giunti a Roma nelle settimane scorse. È lui che, un po’ irritato, lamentava il fatto che diverse conferenze episcopali avessero violato la consegna della riservatezza, diffondendo alla stampa giudizi poco lusinghieri sull’Humanae Vitae di Paolo VI e più in generale sull’insegnamento cattolico in fatto di morale. “La pubblicazione non era prevista. Si tratta di un’iniziativa unilaterale delle singole conferenze episcopali. Se c’è qualcuno che fa quello che vuole, io non ci posso far nulla”.
Toscano di Lucca, settantatré anni, Baldisseri conosce bene Papa Francesco. Sette anni fa, quando il cardinale Jorge Mario Bergoglio sovrintendeva ai lavori per la stesura del Documento finale della Quinta conferenza generale dell’episcopato latinoamericano ad Aparecida, mons. Lorenzo Baldisseri era in Brasile già da cinque anni come nunzio. È lì che Baldisseri vede all’opera il futuro Papa intento a lavorare al lungo documento che fungerà, anni dopo, da agenda del pontificato. In quelle pagine è delineato il modello di chiesa fatto proprio da Francesco: periferia, poveri, missione, uscita. In Brasile lo aveva mandato Giovanni Paolo II, a coronamento di una carriera diplomatica che l’aveva portato in Guatemala, Salvador, Giappone, Paraguay, Francia, Zimbabwe e per lunghi anni a Haiti. Studi alla Lateranense in Teologia dogmatica e Diritto canonico, è poi entrato nella Pontificia accademia ecclesiastica, dove riuscì a coltivare anche la sua grande passione per la musica: dopotutto, nella diplomazia “si parla pur sempre di concerto delle nazioni”, disse.
Pianista, nel 2007 Benedetto XVI gli chiese di suonare per lui a Castel Gandolfo: “Non ebbi neppure il tempo di provare il pianoforte Steinway, che era appena stato regalato al Papa. Ero emozionato, ma tutto è andato per il meglio”. Tra i compositori prediletti, c’è Villa-Lobos, “scoperto durante gli anni da nunzio in Brasile”.
Richiamato a Roma nel 2012, fu nominato segretario della Congregazione per i vescovi e segretario del collegio cardinalizio. Ed è in questa veste che nel 2013 sarebbe rimasto sorpreso dal gesto che il neoeletto Pontefice, appena rientrato in Sistina dopo la vestizione nell’attigua stanza delle lacrime. Avvicinatosi per omaggiare Francesco, Baldisseri vedrà imporsi sul capo lo zucchetto rosso cardinalizio appartenuto a Bergoglio. Il Papa preso quasi alla fine del mondo recuperava un’antica tradizione ormai caduta in desuetudine: fu Papa Roncalli l’ultimo a porre la porpora in testa al segretario del Conclave, all’epoca Alberto di Jorio. Gesto che preconizza il cardinalato, come infatti poi è accaduto.
Alla prima occasione utile, un mese fa, Baldisseri - nel frattempo già promosso alla segreteria generale del Sinodo - veniva creato cardinale. Secondo in lista, subito dopo il segretario di stato, Pietro Parolin, e prima del prefetto custode della fede, Gerhard Ludwig Müller.
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