martedì 24 aprile 2012

Quel ministero di consolazione chiamato esorcismo. A colloquio con il vescovo Luigi Negri





di Marta Lago



È «un fenomeno di grande profondità, complessità e perversività».
Si tratta dell’azione del demonio che «condiziona la vita cercando di scardinare la fede dal cuore degli uomini».
Infatti, «c’è una presenza diabolica certamente nella mentalità che domina questa nostra società», «una mentalità sostanzialmente ateistica, diabolica nel senso che si dice: “Se si toglie Dio, l’uomo si realizza pienamente”.

Già il beato Giovanni Paolo II, quando nel 1976 predicò gli esercizi spirituali a Paolo VI, dedicò un capitolo a questo dilagare della mentalità del peccato originale nella storia della cultura moderna e contemporanea» e quindi «è necessario che il fenomeno venga impostato con chiarezza dal punto di vista culturale».

Con queste parole, il vescovo di San Marino - Montefeltro, Luigi Negri, membro della commissione per la dottrina della fede della Conferenza episcopale italiana, ha spiegato al nostro giornale il contesto del settimo corso sul ministero dell’esorcismo, tenutosi a Bologna e a Roma — simultaneamente in videoconferenza — dal 16 al 21 aprile scorsi, nelle sedi degli organizzatori, il Gruppo di ricerca e informazione socio-religiosa (Gris) e il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum .

Con il patrocinio della Congregazione per il Clero, al corso hanno partecipato più di duecento persone: più della metà sacerdoti, alcuni religiosi e il resto laici, uomini e donne, la maggior parte proveniente dall’Italia e da altri Paesi europei.

C’è stata pure una consistente rappresentanza degli Stati Uniti e dell’America meridionale, in particolare dal Brasile, ma anche del Canada e d’Israele, per citare alcuni esempi. Tra i partecipanti c’erano sacerdoti che si stanno preparando al ministero dell’esorcismo; gli altri iscritti cercavano una formazione specifica per il loro impegno ecclesiale o per la loro professione.

Monsignor Negri, incaricato della lezione inaugurale, ha sottolineato come il corso ha saputo affrontare tutti gli aspetti — antropologici, fenomenologici e sociali; teologici, liturgici, canonici, pastorali e spirituali; medici, neuro-scientifici, farmacologici e psicologici, e perfino criminologici, legali e giuridici — «anche i più problematici, con un notevole peso culturale».

Il presule ricorda che «il potere che la Chiesa ha sul demonio, che è lo stesso potere che aveva Cristo, fa parte integrante della sua missione e si esprime come diaconia della verità e diaconia della carità». Perciò si cerca di «dare una chiarezza di giudizio sulla presenza del male, del demonio, nella normalità della vita culturale e sociale, e accompagnare coloro che vengono aggrediti dal potere del demonio con un lungo e significativo cammino di carità», al cui termine, «in certe situazioni c’è appunto l’esorcismo».

Questo è un atto liturgico — il cui esercizio compete al sacerdote autorizzato dal vescovo — che si potrebbe definire come «ministero di consolazione» da esercitare tenendo conto di uno sguardo più ampio perché, oltre ai casi specifici, «abbiamo di fronte un’umanità che deve essere liberata dall’errore e deve essere consolata nel cammino della vita esercitando noi nei loro confronti — ricorda monsignor Negri — la stessa carità che il Signore ha avuto con i primi che ha incontrato».

L’estrema sofferenza umana è il denominatore comune di tutti gli aspetti che, con serenità e serietà, hanno affrontato i relatori e i partecipanti durante il corso. Perché l’azione straordinaria del demonio infligge una sofferenza indicibile, per infestazione, vessazione, ossessione o possessione. E perché si constata l’aumento di tale azione nel nostro tempo attraverso il contatto, sempre più frequente, della gente con il mondo dell’occulto e con le sue più svariate espressioni.

Azione straordinaria tra le cui cause si può quindi individuare l’esercizio di riti malefici contro una persona o l’avvicinamento più o meno diretto a pratiche occulte.
Come dimostra l’esperienza esorcistica, sono incrinature attraverso le quali penetra l’azione demoniaca.

Perciò non sono affatto irrilevanti — per citare solo alcune situazioni — la frequentazione di medium e di maghi, la superstizione, la partecipazione a sedute spiritiche e a riti esoterici, a sette e a culti satanici. Tutto ciò con un minore o un maggiore livello di coinvolgimento.

Presente in qualunque ambito, la fenomenologia delle “sette” è stata minuziosamente esaminata durante il corso per la sua inarrestabile crescita riguardo sia alla varietà sia al numero di adepti. E sebbene non tutte le sette siano specificatamente sataniche, i relatori le hanno definite nell’insieme come diaboliche per natura, poiché, sotto un manto di segretezza, sono volte esclusivamente a sfruttare la persona vulnerabile, privandola della sua libertà — che viene distrutta, danneggiando così la famiglia e la società — calpestando i suoi diritti, imponendole un modello ferreo di esistenza, richiudendola in una struttura totalizzante, portandola a un isolamento sociale e affettivo e perciò a una spersonalizzazione attraverso numerosi abusi più o meno evidenti.

Un contesto drammatico, dalle ripercussioni non di rado criminali, nel quale abbondano le sostanze psicoattive — una delle forme più dirette di alterazione del comportamento — e azioni
rituali della più diversa natura, fino a incorrere nel pericolo di lesioni e di morte e nelle derive sacrileghe.
Il senso religioso non ha nulla a che vedere con le sette.

Queste, al massimo, lo strumentalizzano, anche nel loro riuscito avvicinamento ai giovani, tanti ancora minorenni. A questi fattori si aggiunge, tra l’altro, il fascino che il satanismo esercita sugli adolescenti. I satanisti veri e propri non sono numerosi, ma — anche attraverso internet — è molto diffusa la cultura satanica, dove non è rara l’istigazione alla violenza e al suicidio.

Il sostrato di tutte queste tendenze è la ricerca del potere che penetra da ogni dove, che dà impulso alla pretesa di trarre determinati benefici da una situazione di allontanamento da Dio. Con radici precise nella dittatura del relativismo, nella crisi delle relazioni interpersonali in un quadro iper-tecnologico, nell’esaltazione del soggettivismo, nel delirio di onnipotenza che fa della persona un “dio”.

È urgente allora ripassare questa casistica per tenere alta la prevenzione, per dare aiuto, e chiaramente per prestare la dovuta attenzione pastorale a tutte le persone che vivono un’insopportabile sofferenza spirituale e ne portano addosso le devastanti conseguenze. Queste
hanno bisogno di accoglienza, di ascolto, di accompagnamento, di un autentico riscatto, che esse stesse chiedono. Tutto ciò esige dal sacerdote, e soprattutto dall’esorcista (e dalla scienza) una buona dose di prudenza e di discernimento per giungere — di fronte alla manifestazione di determinati segni — a una certezza sul nesso causa-effetto.
Senza cadere nella credulità, ma neppure nel razionalismo che scarta a priori una manifestazione preternaturale.

Quando, quasi quarant’anni fa, Paolo VI disse che uno dei maggiori bisogni della Chiesa è la difesa da «quel male, che chiamiamo il Demonio», sapeva già che quell’affermazione poteva apparire semplicistica, superstiziosa e irreale. Tuttavia, non esitò a indicare «l’intervento in
noi e nel nostro mondo» di questo «agente oscuro e nemico». «Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore.
Terribile realtà. Misteriosa e paurosa». «Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico — ammonì — chi si rifiuta di riconoscerla esistente».

L’esorcismo cerca di espellere i demoni o di liberare dal dominio demoniaco grazie all’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. La curiosità morbosa si fissa su segnali terribili dell’azione maligna, ma svia l’attenzione dal potere meraviglioso di Dio e della sua azione salvifica, cosa di cui si rendono conto non solo gli esorcisti ma anche le persone che ricorrono a essi. Perciò gli stessi esorcisti — che sono intervenuti durante il corso — ben consapevoli della durissima realtà che devono affrontare ogni giorno, non hanno esitato a spiegare il loro delicato e difficile ministero in termini di gioia e di speranza, di opera di misericordia, di enorme crescita nella fede.

Nell’esperienza della consolazione autentica — per tutte le persone coinvolte — che proviene dalla presenza liberatrice di Cristo vivo e risorto.



(©L'Osservatore Romano 23-24 aprile 2012)

Nessun commento:

Posta un commento