Questa breve riflessione cercherà di rispondere ad un quesito: la liturgia è un'azione simbolica o uno spettacolo?
Liturgia simbolica
Per poter rispondere dobbiamo prima di tutto chiarire cosa sia un simbolo e, di seguito, cosa sia un'azione simbolica. Il significato di "simbolo" si trova facilmente. Si tratta, infatti, di un termine (dal greco symbàllò, «metto insieme») designante in origine le due metà di un oggetto che, spezzato, può essere ricomposto avvicinandole: in tal modo ogni metà diviene un segno di riconoscimento. Da questa primitiva funzione pratica il termine ha poi derivato una funzione rappresentativa (uno «stare in luogo di»), per cui il simbolo si avvicina strettamente al segno ma non si confonde con esso.
Nella liturgia cristiana il simbolo rappresenta un collegamento con una realtà spirituale e ineffabile. Lo stesso linguaggio teologico è simbolico laddove un termine vuole riferirsi a una realtà celeste, senza di certo poterla esaurire in una spiegazione razionale. Quando diciamo "Ave Maria", le parole usate uniscono il nostro cuore a quello della Vergine Maria. Ecco la potenza del linguaggio simbolico che nutre la liturgia. In questo caso il nome evoca una presenza.
L'azione simbolica, dunque, comporta un'azione che ha un significato profondamente unitivo: unisce il credente con Dio. Una benedizione, ad esempio, è un'azione simbolica, il fatto stesso di muovere le mani a croce su qualcuno, significa evocare su di lui la benevolenza divina.
Non è, come vediamo, qualcosa che inizia e finisce su questa terra ma che apre i cieli e li comunica su questa terra.
Tutte le liturgie antiche sono simboliche, hanno azioni simboliche. Perciò sono spirituali, ascetiche, elevanti e determinano un'atmosfera di particolare densità, poiché muovono forze interiori.
Per questo anticamente in Occidente la liturgia aveva lunghi spazi di silenzio soprattutto lungo l'anafora (o canone): udire le parole, infatti, non era essenziale poiché erano messe in moto percezioni d'ordine spirituale per le quali i fedeli si recavano in chiesa. Non erano lì per sentire un semplice discorso, seppur cristiano.
Questo tipo di liturgie aprono necessariamente l'occhio dell'anima, spiritualizzano l'uomo. Questo genere di liturgia è realmente missionaria, nel senso che offre un'alternativa al secolarismo che svuota il cuore, precisamente indirizzando la persona a coltivare la presenza divina in sé.
Liturgia-spettacolo
La liturgia-spettacolo, invece, obbedisce a criteri di tutt'altro genere. E' una creazione moderna. In un certo senso ne vediamo i prodromi nel periodo barocco, per quanto a quel tempo non fosse stato ancora sfregiato il senso del sacro e il simbolo. La liturgia barocca, proprio perché aveva un fine estetizzante, era spesso un bello spettacolo col rischio di fermare alcuni solo alla sua apparenza esterna, estremamente curata (pensiamo solo ai Vesperi alla Beata Vergine di Monteverdi, composti per essere celebrati).
Recentemente, sono stati ripresi alcuni presupposti di quel tipo, tirandoli, però, ad estreme conseguenze. Oggi il fine consiste nel coinvolgere le persone meglio possibile e, per questo, si finisce per obbedire a criteri d'ordine profano, con una spettacolarizzazione progressiva e superficiale della Messa.
In questa prospettiva, il simbolo non ha molta importanza. Quello che è importante è, direi, la superfice delle cose per cui il senso spirituale e l'esperienza interiore non hanno più luogo d'essere. Coinvolgere le persone, prestare attenzione affinché la gente sia partecipe in modo attivo, come la platea che applaude dopo ogni numero del circo. Ecco il fine: avere emozioni non dissimili a quelle che si hanno davanti ad uno spettacolo profano edificante, ad un racconto commovente, ad un teatro accattivante. Qui il sacerdote diviene un bravo intrattenitore perciò non è importante che sia un uomo spirituale. Purtroppo così egli diviene un uomo soggetto alle apparenze, come la maggioranza degli uomini di questo secolo. La liturgia-spettacolo è decisamente una liturgia anticristiana perché attenta precisamente al nucleo stesso con cui il Cristianesimo vive: l'esperienza di grazia. Questo dato, però, non è affatto considerato proprio perché non è per nulla intravvisto. E questo indica la gravità della situazione.
Pietro C.
tratto da Traditio Liturgica
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