domenica 1 aprile 2012

La preparazione alla preghiera






di Augustin Guillerand, certosino

La preghiera è come un faccia a faccia con Dio. Un'anima non prega che alla condizione di volgersi verso di Lui; prega nella misura in cui rimane così rivolta; cessa di pregare quando distoglie lo sguardo da Dio.

La preparazione alla preghiera è dunque il movimento che ci distoglie da tutto ciò che non è Dio e che ci volge verso di Lui. Da ciò questa bella parola che definisce essenzialmente la preghiera e che precisa il movimento: la preghiera è un'ascensione, un'elevazione. Ci si prepara a pregare quando ci si distacca dal creato e ci si eleva fino al Creatore.

Il pensiero essenziale da cui nasce questo distacco è quello del nostro nulla. Da ciò, la parola profonda del Salvatore: «Chi si abbassa si eleva» (cf Mt 23,12; Lc 14,2 e 18,14). Da ciò, la sua vita terrena è fatta di un abbassamento continuo e sempre più profondo. San Bernardo non esita a dire: «Ciò ci mette faccia a faccia». Da ciò, la pace delle anime cadute quando, rialzate da Dio, si trovano alla sua presenza. L'abisso riconosciuto, confessato: è in questo fondo che esse trovano Dio. Lo trovano perché Egli si mostra. Il solo ostacolo è «l'io». La confessione della miseria lo abbatte; abbattuto «l'io», lo specchio è puro e Dio vi genera la sua immagine. […]

É quello che spiega nostro Signore in questa parola fondamentale del sermone della montagna, e che tutte le considerazioni umane sulla preghiera ripetono senza fine e senza intenderne la ricca pienezza: «Quando vorrete pregare, entrate nella dimora intima dell'anima, e là, dopo aver ben chiuso la porta, parlate al Padre vostro che vi vede in queste profondità segrete ... e ditegli: "Padre nostro, che sei nei cieli " ... » (cf Mt 6,6-9).

La presenza a se stessi, la fede in Colui che ne è il fondo segreto e vi si dona, il silenzio con tutto ciò che non è Lui per essere tutto per Lui, ecco la preparazione alla preghiera.

Evidentemente un tale stato d'animo non si realizza senza esser preparato da tutto un insieme di circostanze. E questo in pratica non si sa abbastanza. Ci si prepara alla preghiera conducendo una vita divina, e la preghiera, in definitiva, è questa vita divina. Tutto ciò che ci fa a immagine di Dio, tutto ciò che ci pone al di fuori e al di sopra del creato, ogni sacrificio che ce ne distacca, ogni sguardo di fede che in un essere ci mostra Colui che è, ogni movimento d'amore vero, disinteressato, che ci mette all'unisono dei Tre in Uno, tutto questo è preghiera e ci prepara ad una preghiera più intima. Tutto questo realizza la parola divina del discorso della montagna: «1. Chiudete la porta, e 2. Parlate al Padre». Pronunciandola, questa parola, il Verbo divino mostrava a qual punto conosceva il nostro essere e le sue leggi, si rivelava il nostro Autore e si faceva il nostro Redentore; il Verbo divino manifestava che Egli ci ha fatto e che solo Egli può rifarci.

Noi non bastiamo a noi stessi; noi non troviamo in noi stessi ciò che può renderci completi; noi abbiamo bisogno di un complemento.
Io mi esprimo male quando dico: questo complemento non è in noi. Esso è in noi, ma è in una parte di noi che è come al di la di noi stessi. In noi, come in Dio, vi sono diverse dimore. Dio occupa la dimora del fondo, la più remota, il cubiculum, la camera da letto. Essa è in noi, ma a causa del peccato noi ne siamo usciti.

Quando Eva ha guardato il frutto proibito e ha teso la mano per raccoglierlo e le labbra per mangiarlo, ha abbandonato questa camera intima, questo vero paradiso terrestre in cui Dio veniva a visitare i nostri progenitori e a parlare con loro. Da allora Dio è in noi, ma noi non vi siamo più.

La preparazione alla preghiera consiste nel rientrare in noi stessi. Rinuncia, distacco, raccoglimento, quali che siano le parole che si usano, la realtà è la stessa ed è tutto il segreto della preghiera: «chiudete ed entrate». Occorrono due parole per tradurla, ma essa è un'unica realtà. É un movimento; poiché tutto ciò che ci unisce a Dio è movimento. Le due parole si riferiscono ai due termini: se si parla del termine che si abbandona, si dice e si realizza «chiudete»; se si pensa al termine raggiunto: «entrate». Bisogna chiudersi a ciò che non è; bisogna entrare in Colui che è. Tutto il segreto della preghiera sta in questo.

De Vita Contemplativa - Anno VI - Numero 4  - Aprile 2012

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