domenica 15 aprile 2012

Mistero di un granello di senape.






Il 16 aprile Benedetto XVI compie ottantacinque anni 

di Kurt Koch
«Le grandi cose iniziano sempre in un grano di senape e i movimenti di massa hanno sempre una breve durata». Questa frase scritta per descrivere le esigenze di una nuova evangelizzazione da Papa Benedetto XVI, quando era ancora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, mette bene a fuoco ciò che sta a cuore a Joseph Ratzinger in quanto teologo, vescovo e Papa. Non può quindi stupire che egli citi e mediti continuamente la parabola del granello di senape (Marco, 4, 30-32): il granello di senape è il più piccolo di tutti i semi, ma diventa la più grande di tutte le piante così che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra.

 Il paragone con il grano di senape non mostra solo che le grandi realtà iniziano nel piccolo, secondo quel principio elementare che Pierre Teilhard de Chardin nel suo pensiero sull'evoluzione ha chiamato la legge delle origini invisibili; tale paragone pone anzi in evidenza il principio basilare all'opera in tutta la storia di Dio con l'umanità che gli appartiene e che Papa Benedetto XVI ha definito «predilezione per ciò che è piccolo». Nella smisurata vastità del cosmo e fra l'infinita quantità di pianeti e galassie Dio ha scelto la terra, questo piccolo grano di polvere, per la sua azione salvifica. Su questa piccola terra Dio ha scelto fra tutti i popoli potenti Israele, un popolo praticamente impotente sul piano politico, quale colonna portante della sua storia con noi uomini. In Israele Dio ha scelto il modesto luogo di Betlemme per avvicinarsi come uomo a noi uomini. A Betlemme Dio ha scelto una donna sconosciuta e poco importante, Maria, per potere entrare nel nostro mondo. Nel corso della storia della Chiesa Dio ha chiamato sempre semplici uomini che immergendosi personalmente nel Vangelo potessero rinnovare la Chiesa dal suo interno.

 Il granello di senape non è solo un paragone della speranza cristiana, ma evidenzia anche che il grande nasce dal piccolo non per mezzo di stravolgimenti rivoluzionari e neppure perché noi uomini ne assumiamo la regia ma perché ciò avviene in modo lento e graduale, seguendo una dinamica propria. Di fronte a esso l'atteggiamento cristiano può solo essere di amore e pazienza, che è il lungo respiro dell'amore. Il paragone con il granello di senape ci conduce anche al cuore del pensiero teologico di Papa Benedetto XVI che è l'amore: l'amore di Dio per noi uomini, inimmaginabile e pur tuttavia corrispondente al logos, e la corresponsione umana a questo amore divino che può realizzarsi solo nell'amore verso Dio e verso gli uomini.

 Alla luce dell'amore, nel paragone di Gesù del granello di senape l'accento non è posto unicamente sulla pianta che diviene grande, ma sul seme e quindi sulla speranza nella quieta crescita nella pazienza, proprio perché Dio stesso giudica e apprezza la pazienza quale sorella particolarmente sensibile dell'amore e per questo motivo fa continuamente sgorgare il grande dal piccolo. Il paragone è quindi destinato a risvegliare in noi uomini la gioia per il bello che è intimamente legata alla speranza e ci conduce nel mistero di Dio e della sua storia salvifica, come Benedetto XVI ha sottolineato durante il suo incontro con gli artisti: «La via della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento, l'Infinito nel finito, Dio nella storia dell'umanità».

 Al contrario noi uomini siamo sempre tentati di prendere il particolare per il tutto, di scambiare il finito per l'infinito e, di conseguenza, porre l'accento, nel paragone di Gesù, sulla crescita; vorremmo, con nervosa impazienza, avere molto velocemente un grande albero robusto e, se necessario, contribuirvi con le nostre mani, nel nostro sforzo di scorgere subito un risultato di tutto rispetto e nella pastorale rischiamo di confondere la cura di anime con la preoccupazione per il numero. Questa tentazione potrebbe derivare essenzialmente dal fatto che il pensiero teologico e la pastorale di Papa Benedetto XVI sono esposti in continuazione a gravi malintesi, dei quali possiamo ricordare brevemente quelli espressi con più frequenza. 

Una critica molto diffusa ritiene che il Papa non abbia a cuore la grande chiesa di popolo - le «masse» -; egli punterebbe maggiormente al piccolo gregge e se ne accontenterebbe. In questa critica è vero solo che il Papa è in realtà convinto che il vero rinnovamento della Chiesa non possa partire dalle masse, ma solo da piccoli movimenti, come è variamente testimoniato nella storia della Chiesa e come oggi è visibile per esempio nei nuovi movimenti ecclesiali che non sono stati progettati dalle istanze ufficiali della Chiesa e che proprio per questo possono essere considerati un dono dello Spirito Santo nella situazione della Chiesa postconciliare.

Agli occhi del Papa adempiono però alla loro missione ecclesiale solo se agiscono come lievito nella Chiesa, rendendo visibile che «vi è un'unica Chiesa per tutti, che non vi sono chiese di élite né chiese di elezione»: «La Chiesa non è un mercato nel quale ognuno si cerca il suo gruppuscolo, ma una famiglia nella quale non mi cerco i fratelli, ma li ricevo in dono da Dio». Con il paragone del grano di senape il Papa sottolinea che l'azione nella Chiesa dovrebbe avere come punto di riferimento il suo mistero e non esigere di trarne subito un grande albero. La Chiesa è al tempo stesso granello di senape e albero e il Papa lo sottolinea precisando che: «Forse noi dovremmo, la Chiesa dovrebbe trovarsi davanti a grandi prove (1 Tessalonicesi, 1, 6) per imparare di nuovo di cosa vive anche oggi, vive per la speranza del granello di senape e non per la forza dei suoi progetti e delle sue strutture».

Un'altra critica più profonda e spesso ripetuta sostiene che Papa Benedetto XVI abbia innestato una marcia indietro e voglia tornare a prima del concilio Vaticano II. Chi non si fida ciecamente di pochi mezzi di comunicazione, che non offrono informazioni serie ma solo intrattenimento, e presta attenzione autonomamente a che cosa il Papa fa e dice, può ben presto accertare che il Papa non vuole assolutamente tornare «indietro», come gli viene oggi da più parti rimproverato pubblicamente, vuoi per ignoranza vuoi per appartenenza a quei teologi, che pur avendo le conoscenze necessarie, tengono spesso discorsi populistici e sostengono intenzionalmente il contrario a livello pubblico, confondendo l'onestà scientifica con l'agitazione in politica ecclesiale. Papa Benedetto non vuole assolutamente tornare indietro, ma andare in profondità come il granello di senape che cresce solo dalla profondità della terra. Al Papa quindi non importano singole riforme, gli importa che il fondamento e il cuore della fede cristiana tornino a splendere. Aspira a una semplificazione della fede cristiana, come ha annunciato finora esemplarmente nelle sue tre encicliche.

 È compito urgente di oggi elaborare queste e altre critiche e pregiudizi, presentando la vera fisionomia del pensiero teologico e del magistero di Papa Benedetto XVI. Negli ultimi cinque anni ho cercato di affrontarlo meglio che ho potuto e nella misura in cui il mio quotidiano e minuzioso lavoro di vescovo me ne ha lasciato il tempo, persuaso che fa anche parte della responsabilità di un vescovo locale, aiutare i fedeli a orientarsi nella confusione degli attuali punti di vista e nel chiasso delle informazioni mediatiche, nella disinformazione mirata e nelle deformazioni manipolate. Con la pubblicazione del presente volume spero di poter fornire a una cerchia più ampia un aiuto all'orientamento e al discernimento degli spiriti.

Mi sono assunto questo compito non da ultimo nella convinzione che vi sono situazioni nella vita della Chiesa in cui il compito che Gesù ha affidato a Pietro durante l'Ultima Cena e che vale anche per il suo successore: «Conferma i tuoi fratelli» (Luca, 22,32), deve essere applicato anche all'inverso e precisamente che un vescovo locale senta come suo compito sostenere il successore di Pietro nel suo importante ufficio. A lui mi lega soprattutto l'irriducibile speranza che non vi è Pasqua senza Venerdì Santo, ma che a ogni Venerdì Santo segue Pasqua e che in questo consiste il più profondo fondamento della gioia cristiana. In questa gioiosa speranza siamo ben consigliati se nell'attuale Venerdì Santo della Chiesa rivolgiamo la nostra attenzione non solo ai sonori colpi della distruzione, ma soprattutto alla silenziosa venuta di vita nuova nella notte di Pasqua, che porta in sé lo sviluppo organico nascosto nel segreto del grano di senape. 

L'Osservatore Romano 15 aprile 2012

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