lunedì 24 novembre 2025

Gli Araldi del Vangelo rompono il silenzio sul commissariamento




Pubblicato 23 novembre 2025


“Puniti senza dialogo, senza prove e senza difesa”.

Per 8 anni è calato il silenzio. Ora, finalmente, tutto viene alla luce. Nel nostro speciale esclusivo del Podcast Salve Maria! sveliamo ciò che per anni è stato taciuto sul commissariamento degli Araldi del Vangelo: decisioni senza prove, punizioni senza difesa, un muro di silenzio… fino ad oggi.
Il libro di cui tutti parlano — (ebook e cartaceo) oltre 700 pagine di foto, documenti e testimonianze impressionanti — rompe definitivamente l’omertà e racconta, passo dopo passo, ciò che davvero è accaduto.

Un’indagine rigorosa, con fatti comprovati e verificabili. Non solo informazioni: un servizio alla Verità. Abuso di potere. Illegalità. Ingiustizia. Persecuzione.

Quali sono stati i veri motivi dell’intervento del dicastero? Perché gli Araldi sono rimasti in silenzio così a lungo? E perché proprio adesso decidono di parlare?
In questa puntata speciale vi porteremo dietro le quinte del commissariamento, per comprendere finalmente il quadro completo e ascoltare la voce degli Araldi… dopo anni di attesa.

Puniti Senza Prove

Introduzione: Un Movimento fiorente sotto assedio


Gli Araldi del Vangelo, un’associazione cattolica internazionale di diritto pontificio, approvata da Papa Giovanni Paolo II nel 2001 e lodata pubblicamente da Papa Benedetto XVI, rappresentano una delle realtà ecclesiali più dinamiche del nuovo millennio. Caratterizzati da una rapida crescita globale e da un apostolato fondato sulla bellezza e la solennità per evangelizzare, si trovano da quasi un decennio al centro di un intervento vaticano senza precedenti. Questo report, basato sulla loro testimonianza diretta, analizza la cronologia e la natura di un’azione che essi definiscono non come un aiuto fraterno, ma come una persecuzione ingiustificata, orchestrata da un dicastero della Santa Sede.

Nati come associazione privata di fedeli laici, gli Araldi del Vangelo hanno visto sorgere dal loro carisma due società di vita apostolica giuridicamente indipendenti: Virgo Flos Carmeli, per i sacerdoti, e Regina Virginum, per le consacrate. Entrambe hanno ricevuto l’approvazione pontificia definitiva da Papa Benedetto XVI nel 2009. Sebbene unite da un unico fondatore e da una comune spiritualità, queste tre entità sono autonome, con propri statuti e organi di governo, una distinzione giuridica cruciale per comprendere le anomalie del processo a cui sono state sottoposte.

Il concetto centrale di questa vicenda è il “commissariamento”, un intervento straordinario con cui la Santa Sede assume il governo di un’istituzione religiosa. Sebbene concepito come uno strumento di aiuto, gli Araldi sostengono che nel loro caso sia stato trasformato in un’arma, viziata da abusi di potere, irregolarità procedurali e motivata da un’ostilità preconcetta. L’analisi che segue intende esplorare le origini di tale ostilità, introducendo la figura chiave che, secondo il dossier, ha guidato l’offensiva contro di loro.

1. L’Architetto delle Accuse: Una Vendetta Personale e Ideologica


Per comprendere la natura di un’azione istituzionale così severa, è strategico identificare le motivazioni che l’hanno innescata. Secondo la testimonianza degli Araldi, le radici del conflitto non risiedono in problemi reali all’interno della loro associazione, ma nell’animosità di una figura specifica di alto rango, la cui ostilità personale si sarebbe trasformata in una persecuzione istituzionalizzata.

Il principale antagonista identificato nel dossier è il Cardinale João Braz de Aviz, Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Gli Araldi muovono un’accusa diretta e circostanziata, sostenendo che il Cardinale nutrirebbe nei loro confronti un “odio viscerale” e un'”antipatia micidiale”, sentimenti che avrebbero preceduto e guidato ogni sua azione ufficiale.

Le presunte cause di questa ostilità sono ricondotte a due fattori principali:

Divergenza Ideologica: La linea del Cardinale, legata alla Teologia della Liberazione, si porrebbe in netto contrasto con l’impronta dottrinale di Giovanni Paolo II, che gli Araldi seguono fedelmente. Questa divergenza ideologica avrebbe creato un terreno fertile per l’incomprensione e l’avversione.

Conflitto Personale: Un episodio specifico, avvenuto a Ponta Grossa, in Brasile, avrebbe scatenato la sua rabbia. Sebbene i dettagli non siano approfonditi nella fonte, l’evento è indicato come il catalizzatore di un risentimento personale che si sarebbe tradotto in minacce esplicite. Diverse testimonianze, raccolte prima ancora dell’inizio della visita apostolica, riportano frasi attribuite al Cardinale, tra cui la più emblematica: “Io vi distruggerò”.

Questa animosità personale, secondo il dossier, si è trasformata in un’azione istituzionale nel 2010, quando il Cardinale Braz de Aviz ha assunto la guida del dicastero. Da quella posizione di potere, avrebbe preparato il terreno per l’intervento ufficiale, passando dal movente personale a una cronologia di eventi che avrebbero portato al commissariamento.

2. Cronologia di un Processo Anomalo


Secondo la testimonianza degli Araldi del Vangelo, l’intero processo di indagine e commissariamento è stato caratterizzato da gravi irregolarità procedurali e da una palese parzialità. Quello che sulla carta doveva essere uno strumento di aiuto per correggere eventuali criticità si sarebbe trasformato, nei fatti, in un’arma di persecuzione, basata su un piano preesistente e attuata ignorando le evidenze raccolte.

2.1. La Tempesta Mediatica e il Pretesto Occasionale


Il primo atto del dramma si è svolto sui social media e sulla stampa. Un gruppo ristretto di circa 30-40 “membri disaffezionati” si è coalizzato online per raccogliere e diffondere accuse contro gli Araldi, trovando, secondo la loro versione, una sponda diretta nel Cardinale Braz de Aviz.

Il vaticanista Andrea Tornielli è accusato di aver giocato un ruolo chiave in questa operazione. Avrebbe orchestrato una tempesta mediatica diffondendo in modo sensazionalistico dei video privati, trafugati illegalmente, che mostravano il fondatore degli Araldi in preghiere di liberazione. Questa campagna, condotta senza mai contattare gli Araldi per un contraddittorio, è definita una violazione della deontologia professionale e dei principi cristiani di carità. Sebbene questi video siano stati usati come pretesto pubblico per un’azione che, come dimostrano i protocolli, era già in cantiere dal 2014, il dossier rivela un dettaglio cruciale: le denunce erano già state protocollate presso il dicastero in quella data, suggerendo l’esistenza di un piano preesistente in attesa solo di un’occasione propizia per essere attivato.

2.2. La Visita Apostolica: Un’Indagine Ignorata


Tra il 2017 e il 2019 si è svolta una Visita Apostolica, un’indagine approfondita condotta da due vescovi nominati dal Vaticano. Secondo gli Araldi, i visitatori sono giunti con forti pregiudizi, ma dopo aver ispezionato tutte le loro case nel mondo e parlato con quasi tutti i membri, la loro percezione è cambiata. La conclusione della loro indagine è stata netta: “non avevano trovato nessuno scheletro nell’armadio”.

Il punto più importante, affermato con certezza nella fonte, è che la relazione finale dei visitatori apostolici non conteneva la richiesta di un commissariamento, poiché non lo ritenevano necessario. Questa conclusione sarebbe stata confermata agli Araldi da vescovi brasiliani in contatto diretto con i visitatori. Ciononostante, il decreto che ha dato inizio alla visita era caratterizzato da un’assoluta genericità, menzionando “situazioni problematiche” e “gravi carenze” in ogni aspetto della vita dell’associazione. In questo modo, ogni singolo membro veniva di fatto trattato come un sospetto, senza che venisse contestato alcun fatto specifico o provato.

2.3. Il Commissariamento: Una Punizione Senza Reato


Nonostante l’esito della visita, che non aveva riscontrato motivi per un intervento così drastico, nel settembre 2019 il dicastero ha decretato il commissariamento degli Araldi del Vangelo. Il decreto, secondo la testimonianza, era un mero “Control+C, Control+V” di quello della visita, riproponendo le stesse identiche e generiche motivazioni.

La mancanza di accuse concrete era così palese che il commissario nominato, un cardinale anziano, ha ammesso in una riunione (la cui registrazione è conservata dagli Araldi) che le accuse erano “tutto generico” e che nemmeno lui sapeva cosa dovesse cercare o investigare. A questa anomalia sostanziale si sono aggiunte gravi irregolarità giuridiche: 

Incompetenza e Unificazione Forzata: 

Il decreto ha unito sotto un unico commissariamento tre entità giuridicamente autonome (l’associazione di fedeli laici e le due società di vita apostolica), affidandole al Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, che è competente per le due società ma non per l’associazione di fedeli, la quale dovrebbe dipendere dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Un’invasione di campo, secondo il dossier, che vizia l’intero atto.

Errore Formale Strategico:

Nel decreto, l’associazione è stata erroneamente definita “pubblica clericale” invece che “privata”. Un errore che, secondo gli Araldi, non è una svista, ma una mossa strategica. Lo status “pubblico”, infatti, implica che i beni dell’associazione appartengano alla Chiesa, aprendo la strada a un potenziale esproprio del patrimonio donato dai fedeli nel corso di decenni.

Queste anomalie procedurali hanno preparato il terreno per gli atti più dolorosi del commissariamento, le prove concrete che, secondo il dossier, trasformano una disputa procedurale in un dramma umano.

3. Abusi di Potere: Tre Casi Studio di Ingiustizia

Al di là delle irregolarità giuridiche, gli Araldi denunciano atti specifici commessi dal dicastero che hanno causato danni profondi e diretti a centinaia di persone. Questi episodi, secondo la loro testimonianza, non rappresentano semplici errori, ma dimostrano una mala fede e un accanimento sproporzionato, volto a colpire il cuore della loro comunità.

3.1. Il Decreto contro i Minori: Un Atto Spietato che Scavalca le Famiglie


Per anni, gli Araldi hanno ospitato nelle loro case adolescenti e pre-adolescenti, offrendo loro una formazione integrale in un ambiente protetto, spesso sottraendoli a situazioni di rischio sociale. A metà dell’anno scolastico, un decreto “fulmine a ciel sereno”, imposto dal Cardinale Braz de Aviz, ha ordinato a tutti i minori di tornare immediatamente dalle loro famiglie, sulla base di non meglio specificate “gravi accuse”.

La reazione delle famiglie è stata unanime e contraria: nessun genitore ha appoggiato il decreto. Al contrario, oltre 2.500 famiglie hanno inviato lettere di protesta al dicastero, chiedendo spiegazioni e la revoca del provvedimento. Non hanno mai ricevuto risposta. Questo atto è stato percepito come un’offesa diretta ai genitori, trattati come irresponsabili o complici di presunti abusi inesistenti. L’ingerenza è stata tale da scavalcare la “patria potestà”, un principio fondamentale del diritto naturale e civile. Giuristi brasiliani di spicco, inclusi i redattori della Costituzione, si sono espressi pubblicamente contro l’illegalità di tale ingerenza.

Per evitare una sconfitta legale certa presso la Segnatura Apostolica, il tribunale supremo della Chiesa, il dicastero ha ottenuto un'”approvazione in forma specifica” dal Papa. Questo atto ha di fatto bloccato il processo giudiziario quando era ormai chiaro che gli Araldi lo avrebbero vinto. Le conseguenze umane sono state devastanti: bambini in lacrime, costretti a lasciare un ambiente che amavano, e un conseguente linciaggio mediatico che ha etichettato ingiustamente tutti gli Araldi come sospetti abusatori.

Il dossier evidenzia infine una palese contraddizione logica che, secondo gli Araldi, smaschera la malafede del provvedimento. Se le accuse fossero state davvero così “gravi” da giustificare un’azione così drastica, perché lo stesso decreto permetteva ai minori di rimanere nelle case degli Araldi fino alla fine dell’anno scolastico? Un’attesa incomprensibile di fronte a un presunto pericolo imminente, che rafforza il sospetto che le “gravi accuse” fossero solo un pretesto.

3.2. Le Ordinazioni Bloccate: Un Sacerdozio Negato per Ordine Verbale


Dall’inizio del commissariamento, a oltre 30 diaconi, pronti a ricevere l’ordinazione sacerdotale dopo anni di studi, è stato negato il sacramento. La gravità della situazione risiede nel metodo: questo blocco non deriva da un decreto scritto e motivato, ma da un divieto puramente orale. Il Cardinale Braz de Aviz avrebbe detto al commissario: “Lei non può ordinare nessuno senza il mio permesso e io gli dirò di no”. Un atto che, secondo il diritto canonico, costituisce un grave abuso di autorità.

Questo trattamento è descritto come un'”esclusiva” inedita riservata agli Araldi, in netto contrasto con altri movimenti e congregazioni commissariate, ai quali è sempre stato permesso di continuare a ordinare sacerdoti. L’impatto umano di questa decisione è profondo:
Danno alla Reputazione: I diaconi vengono implicitamente etichettati come indegni, senza alcuna accusa formale.
Dolore delle Famiglie: Molti diaconi hanno genitori anziani o malati, il cui ultimo desiderio è vedere i figli sacerdoti.
Danno alla Chiesa: La Chiesa universale viene privata di decine di nuovi sacerdoti pronti a servire.

3.3. Due Pesi, Due Misure: L’Integrità Morale degli Inquisitori


Il dossier evidenzia una stridente contraddizione tra il rigore applicato agli Araldi, che non hanno alcuna condanna a loro carico, e la tolleranza mostrata verso altre congregazioni con centinaia di sacerdoti condannati in via definitiva per abusi, che non vengono nemmeno sottoposte a una visita apostolica.

L’ipocrisia, secondo la testimonianza, emerge anche dall’integrità morale di chi è stato chiamato a giudicarli. Diversi assistenti del commissario si sono dovuti dimettere per gravi scandali morali. Il caso più eclatante riguarda un religioso le cui fotografie in atteggiamenti contrari alla morale cattolica sono diventate di dominio pubblico. Nonostante lo scandalo e le dimissioni dal suo incarico presso gli Araldi, egli continua a ricoprire il ruolo di commissario pontificio in un altro monastero.

Questi esempi sono utilizzati per illustrare un sistema che agisce con “due pesi e due misure”. Un sistema, denunciano gli Araldi, dove la presunzione di colpevolezza per i non giudicati è più pesante della colpa accertata di altri. Di fronte a questo “muro di ghiaccio” e a un’ingiustizia così manifesta, gli Araldi hanno deciso di rompere il silenzio.

4. La Battaglia per la Verità: Perché Parliamo Ora

La decisione di pubblicare un libro-dossier non è un atto di ribellione contro la Chiesa, ma un’estrema risorsa per difendere la verità e la giustizia. Dopo otto anni in cui ogni tentativo di dialogo è stato sistematicamente respinto, gli Araldi sentono il dovere di rendere pubblica la loro versione dei fatti, giustificando la loro scelta su basi teologiche e canoniche.

Non è un attacco alla Chiesa:
Essendo essi stessi “membra vive della Chiesa”, il loro obiettivo non è danneggiare l’istituzione, ma denunciare le ingiustizie commesse dall’elemento umano al suo interno, per il bene della Chiesa stessa.
L’obbligo della correzione fraterna: Citano l’insegnamento di Gesù Cristo, che indica come ultima risorsa, dopo aver fallito gli appelli privati e con testimoni, quella di “dirlo a tutta la Chiesa”.
La difesa della buona fama: Richiamano l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, secondo cui è un dovere difendere la propria reputazione non per vanità, ma per poter continuare a compiere il bene. Una fama calunniata impedisce l’apostolato.

La frustrazione nasce dal continuo e unilaterale rifiuto del dialogo da parte del dicastero. Mentre i loro accusatori sono stati ricevuti regolarmente, né gli Araldi né il loro stesso commissario hanno ottenuto un incontro dal 2017. L’obiettivo finale di questa azione pubblica è quindi quello di ottenere un dialogo onesto e imparziale, per ristabilire la verità e porre fine a un commissariamento che, dopo l’archiviazione di tutte le cause civili a loro carico, non ha più alcuna giustificazione fattuale.

Conclusione: Un Appello alla Giustizia e una Speranza nella Fede


Il dossier degli Araldi del Vangelo dipinge il quadro di un processo anomalo, che essi definiscono persecutorio. La loro testimonianza descrive un intervento basato su accuse generiche e mai provate, apparentemente guidato da un’ostilità personale, che ha deliberatamente ignorato l’esito di una visita apostolica e ha perpetrato abusi di potere con gravi e dolorose conseguenze umane, colpendo bambini, famiglie e giovani vocazioni.

Di fronte a questa situazione, le loro richieste fondamentali sono due: verità e giustizia. Queste non possono che passare attraverso l’apertura di un dialogo imparziale, finora sempre negato.

Nonostante la durezza della prova, il loro stato d’animo finale non è di rabbia o angoscia, ma di serena fiducia. Essi credono fermamente che la verità alla fine prevarrà e che la giustizia divina, sebbene possa tardare agli occhi degli uomini, non mancherà. La loro speranza è riposta interamente nella protezione della Madonna e nell’intercessione del loro fondatore, la cui fama di santità, sostengono, emerge rafforzata e purificata proprio da questa persecuzione.





Nessun commento:

Posta un commento