venerdì 6 settembre 2024

La vita presente è un combattimento





6 settembre 2024

Don Dolindo Ruotolo dal commento al libro del Deuteronomio

Si è persa, nella nuova generazione, la consapevolezza della Chiesa Trionfante (i Santi), Purgante (i defunti in Purgatorio) e Militante (dei Milites Christi che siamo noi).
 
Ricordo che all'inizio della Messa il sacerdote offre in sacrificio a Dio "la vittima immacolata", ossia Gesù Cristo, "per i miei innumerevoli peccati, offese e negligenze, nonché a vantaggio dei presenti e di tutti i fedeli cristiani, vivi e defunti, affinché possa giovare a me e a loro a conseguire l'eterna salvezza". / Suscipe, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus, hanc immaculatam hostiam, quam ego indignus famulus tuus offero tibi, Deo meo vivo et vero, pro innumerabilibus peccatis, et offensionibus, et negligentiis meis, et pro omnibus circumstantibus, sed et pro omnibus fidelibus Christianis vivis atque defunctis: ut mihi, et illis proficiat ad salutem in vitam aeternam. Amen.
 
Prega poi affinché siamo fatti partecipi, attraverso il mistero del pane e del vino, della divinità di Gesù Cristo, che degnò assumere in Sé anche la natura umana, a tal punto nobilitata. 

La vita presente è un combattimento

"Il culmine della fede è l'oscurità completa, il culmine della speranza si ha quando si sente tutto il peso delle cose umane, il culmine dell'amore è l'apprezzamento di Dio nelle tempeste dell'anima, il culmine della carità è l'amore del prossimo quanto più esso ci ripugna."

Nel campo della vita soprannaturale, finché viviamo in terra, noi ci troviamo quasi nel campo dei paradossi. La vita presente è una prova, è una giostra, è un combattimento. Dio ci si rivela nella fede, e nel tempo stesso ci si nasconde. Egli è felicità infinita e quasi ci si mostra afflizione; sfida la nostra fede mostrandosi sulla Croce nudo e sfigurato. Quando veramente noi comunichiamo con Lui, ci si cela e ci agghiaccia con le aridità; quando veramente Lo amiamo, ci mette più alla prova per rendere più puro il nostro amore. Siamo come aviatori che non si sollevano senza vedersi sull'abisso, e che non volano senza vincere il peso dell'apparecchio. L'anima che è trasportata dalle consolazioni non vola, è semplicemente come una piuma presa dal vento e portata in tutte le direzioni. Vola chi sente il proprio peso ed è valoroso chi s'innalza nella tempesta.

Il culmine della fede è l'oscurità completa, il culmine della speranza si ha quando si sente tutto il peso delle cose umane, il culmine dell'amore è l'apprezzamento di Dio nelle tempeste dell'anima, il culmine della carità è l'amore del prossimo quanto più esso ci ripugna. Non c'è un'elemosina più smagliante di luce soprannaturale quanto quella che si fa col cuore impietrito, con la tentazione dell'avarizia, col risentimento che lotta in noi contro la voce di Dio, di Dio solo che, essendo dolcissimo, ha pure un'eco cavernosa, paurosa, sfigurata, ripugnante nel prossimo nostro.

Alla fede, alla speranza, all'amore, alla carità, non si giunge per vie fiorite, ma per aspri sentieri, perché sono ascese dell'anima; non si passa che per tunnel fuligginosi; non si giunge che attraverso la tempesta. Dopo sì, dopo c'è la gioia, anche su questa terra; dopo la fede è certezza, la speranza è riposo, l'amore è vita, la carità è dolcezza, la preghiera è puro e semplice sguardo di contemplazione in Dio, il mondo è come atomo al di sotto di noi, le passioni sono nubi procellose dalle quali siamo usciti col nostro volo trionfante, e stanno sotto di noi, né c'impauriscono più i guizzi sanguigni delle folgori, perché siamo al di sopra della tempesta.






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