venerdì 17 gennaio 2020

IL CORTO CIRCUITO. Celibato, negare la dottrina confermandola





ECCLESIA
17-01-2020

Nella Chiesa si è ormai diffusa l’idea che questo pontificato voglia cambiare molte cose dottrinali ribadendo però la dottrina. Siamo davanti ad una nuova evidente prova che nella Chiesa ci sono oggi due linguaggi teologici incompatibili.





Stefano Fontana 

Dopo le anticipazioni del libro sulla questione del celibato sacerdotale i giochi si fanno duri e il livello della tensione è molto alto. La posta in gioco e gli stessi protagonisti sono di vertice. I commentatori scavano in varie direzioni per capire cosa sta capitando nella Chiesa. Alle loro riflessioni vorrei aggiungere una mia osservazione non tanto sul contenuto (il celibato) quanto sul metodo. Siamo davanti ad una nuova evidente prova che nella Chiesa ci sono oggi due linguaggi teologici incompatibili. Sul piano del pensiero il terremoto in atto ormai da tempo si spiega così.

Papa Francesco ha più volte affermato che per lui la ricchezza del celibato è un dato certo e non si tocca. Perché, allora, esce un nuovo libro di Benedetto XVI e del cardinale Sarah a difesa strenua del celibato ecclesiastico? Esso non è in pericolo, il pontefice regnante afferma di considerarlo una ricchezza per la Chiesa. I suoi difensori hanno facile gioco nel sostenere che papa Francesco non dice niente di nuovo rispetto ai suoi predecessori, anche lui conferma la validità del celibato. Il che significa che il libro è da considerarsi pretestuoso e infondato. Però moltissimi hanno salutato il libro come una liberazione, segno che il timore che nella Chiesa si volesse cambiare qualcosa di importante sul celibato è molto diffuso. Ma perché mai questa impressione è così diffusa se papa Francesco ha affermato che il celibato è una ricchezza, confermando così la verità di sempre? Coloro che temono un cambiamento della norma su questo tema erano forse distratti quando papa Francesco esprimeva la sua conferma del celibato? Come si vede c’è un qualche circolo vizioso ed è questo che bisogna chiarire.

Nella Chiesa si è ormai diffusa l’idea che questo pontificato voglia cambiare molte cose dottrinali ribadendo però la dottrina. Molti pensano che sia solo una tattica, altri, andando più in profondità, pensano che sia un modo di pensare, teologicamente alimentato. Per questo motivo quando il papa afferma che il celibato è una ricchezza, per molti non significa che non ci saranno cambiamenti sul celibato e non si sentono rassicurati. Se il celibato è una ricchezza, perché il papa ha permesso che nei documenti del sinodo dell’Amazzonia si dicessero molte cose in contrasto con ciò? Perché ha permesso che fior di cardinali rivendicassero una universalizzazione di una eventuale approvazione dei preti sposati in area amazzonica? Perché ha iniziato un processo di discussione se non aveva la minima intenzione di cambiare le cose sul celibato? Simili osservazioni inducono molti a pensare che i cambiamenti verranno, nonostante il papa abbia detto che il celibato è una ricchezza e come tale non si tocca, e che questi cambiamenti si estenderanno a tutta la Chiesa.

Del resto, questi timori sul futuro del celibato nonostante le rassicurazioni del papa non avrebbero senso se non fossero indotti da altri casi precedenti, al punto da poter parlare di un nuovo modo di procedere da parte dell’autorità ecclesiastica. Il prototipo di questo modo di fare è stata Amoris laetitia. Anche in quel caso si è ribadito che quanto insegnato da Giovanni Paolo II è una ricchezza, non si è annunciata formalmente nessuna nuova dottrina, ma si è iniziato un processo che ha di fatto cambiato la dottrina, nel mentre questa veniva confermata. Antonio Livi aveva fatto osservare che questo modo di pensare e procedere è di stampo hegeliano: la tesi non viene annullata, ma mantenuta nella sintesi, la quale tuttavia nasce dalla sua negazione. Lo spunto interpretativo è interessante, ma manca una piccola aggiunta significativa. La sintesi non sarà una nuova dottrina ma una nuova prassi implicante, ma non esprimente, una nuova dottrina. In questo modo diventa possibile che ci sia una dottrina e molte prassi diverse tra loro e con la stessa dottrina, ossia una dottrina e molte sue eccezioni che di fatto educano ad una nuova dottrina, che a questo punto potremmo chiamare implicita.

Un passaggio importante in questo tipo di percorso è che la situazione esistenziale, che dovrebbe essere letta alla luce della dottrina, invece diventa punto di partenza per la rilettura della dottrina, dapprima come attenuante e poi come eccezione. Se il celibato è una ricchezza per la Chiesa in quanto tale, perché non lo è anche per la Chiesa in Amazzonia? La situazione in Amazzonia è chiamata in causa per attenuare la dottrina, ma poi diventa una eccezione e molti temono che, una volta generalizzata, diventi una nuova dottrina, se non formulata almeno vissuta. Lo stesso è accaduto per i divorziati risposati dopo Amoris laetitia: dapprima la loro situazione doveva spiegare l’attenuazione della norma derivante appunto dalle attenuanti legate alla specifica storia di vita degli interessati, ma poi la situazione da attenuante è diventata eccezione e, in molte parti della Chiesa, ormai è diventata norma di fatto.

Questo modo di fare procura gravi danni alla Chiesa. Il papa dovrebbe confermare la dottrina, ed egli anche lo fa, ma queste sua conferme non rassicurano, perché del rapporto tra dottrina e prassi egli sembra avere una concezione nuova e diversa. Sicché ormai molti fedeli temono l’apertura di processi non confortati a monte dalla dottrina, sebbene questa risulti formalmente confermata, e intravedono il pericolo di una dottrina confermata e negata nello stesso tempo, seppure su piani diversi. I due diversi approcci sembrano entrati ormai in conflitto ai vertici della Chiesa.















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