giovedì 19 settembre 2019

Zen e preghiera cristiana, parallelo impossibile







Aldo Maria Valli, 19-09-2019

Anche se i battezzati sono i due terzi della popolazione di 47 milioni di abitanti, la Spagna è sempre meno cattolica, tanto che meno di un quarto di chi ha ricevuto il battesimo partecipa alla Messa domenicale, mentre quasi il trenta per cento dei cittadini si dichiara non credente.

Ma il fenomeno più marcato è forse il dilagare, anche tra coloro che si dicono credenti, di pratiche di meditazione Zen legate al buddhismo e al new age, al punto che i vescovi iberici hanno sentito il bisogno di mettere in guardia i fedeli con un documento.

“Il desiderio di trovare la pace interiore ha favorito la diffusione della meditazione ispirata al buddismo Zen in molti ambienti della nostra società”, ma “la riduzione della preghiera alla meditazione e l’assenza di un tu come termine trasformano questo tipo di pratica in un monologo che inizia e finisce nel soggetto stesso”.

Scrivono così i vescovi nel documento “Mi alma tiene sed de Dios, del Dios vivo”. Orientaciones doctrinales sobre la oración cristiana (“La mia anima ha sete di Dio, per il Dio vivente”. Orientamenti dottrinali sulla preghiera cristiana), nel quale avvertono che la meditazione Zen, basata sull’osservazione di se stessi al fine di ottenere benessere psicofisico, “difficilmente può essere compatibile con la preghiera cristiana, in cui la cosa più importante è il divino che si è rivelato in Cristo”.

Approvato dai vescovi membri della Commissione episcopale per la dottrina della fede, il testo, dedicato alle linee guida dottrinali sulla preghiera cristiana, vuole “mostrare la natura e la ricchezza della preghiera e dell’esperienza spirituale radicata nella Rivelazione e nella Tradizione cristiana”, ricordandone gli aspetti essenziali e offrendo ai fedeli criteri che aiutano a distinguerli da quelli di altre tradizioni religiose oggi molto diffuse.

Nel contesto attuale, segnato da attivismo, competitività e consumismo, facilmente si genera vuoto interiore, stress, angoscia, frustrazione. È così che “non pochi sentono un urgente desiderio di silenzio, serenità e pace interiore”. Siamo quindi in presenza della “rinascita di una spiritualità che viene presentata in risposta alla crescente domanda di benessere emotivo, equilibrio personale, godimento della vita e serenità”. Ma questa spiritualità, intesa come coltivazione della propria interiorità, spesso non conduce a Dio.

“Molte persone, pur essendo cresciute in un ambiente cristiano, ricorrono a tecniche e metodi di meditazione e preghiera che hanno la loro origine in tradizioni religiose estranee al cristianesimo”. Una situazione che determina uno spostamento del centro: da Dio all’uomo.

Il relativismo che caratterizza la mentalità del nostro mondo, spiegano i vescovi, riguarda anche le religioni. Diffusa è quindi l’idea che nessuna religione possa presentarsi con una pretesa di verità, ma “questa mentalità svuota la fede cristiana dei suoi contenuti e ha conseguenze dirette su alcuni aspetti fondamentali della vita della Chiesa. Si pensi al pericolo che ciò comporta per l’attività missionaria, che diventerebbe inutile se Cristo non fosse il rivelatore del Padre e l’unico e universale Salvatore”.

“Inoltre, è importante notare la sostituzione avvenuta nella nostra cultura dell’idea cristiana di salvezza con il desiderio di felicità immanente, un benessere di carattere materiale o il progresso dell’umanità. In questo modo, la speranza di beni futuri viene sostituita da un ottimismo utopico, che confida che l’uomo possa raggiungere la felicità attraverso lo sviluppo scientifico o tecnologico. Quando si sperimenta che la prosperità materiale non garantisce tale felicità, viene cercata in un soggettivismo il cui obiettivo è di stare bene con se stessi” ed esclude l’orizzonte dell’eternità.

A proposito, in particolare, della meditazione Zen, i vescovi avvertono che il suo obiettivo è lo stato di quiete e pace che si ottiene accettando eventi e circostanze così come vengono, rinunciando a qualsiasi impegno per cambiare il mondo e la realtà. Ma una certa serenità interiore non può essere confusa con la pace che solo Dio può dare.

“Inoltre, lo Zen spesso elimina la differenza tra il proprio io e ciò che sta fuori, tra il sacro e il profano, tra il divino e il creato. Un’energia diffusa anima tutta la realtà visibile e invisibile che a volte acquisisce la fisionomia panteistica”. In questo modo il volto personale di Dio non è più riconoscibile e qualsiasi tipo di preghiera è inutile.

Osservando che “a volte la meditazione Zen è praticata da gruppi cristiani e organizzazioni ecclesiali”, al punto che si parla addirittura di un “presunto Zen cristiano”, i vescovi spagnoli spiegano che ciò non sarebbe preoccupante se comportasse soltanto l’utilizzo di alcune tecniche che predispongono il corpo e lo spirito al silenzio necessario per la preghiera. Il problema è che in molti casi si va oltre. Di qui la necessità di ricordare: “Non è possibile una preghiera propriamente cristiana che assuma globalmente un metodo che non ha origine o si discosta dal contenuto della fede”. Allo stesso modo, “certi approcci che interpretano alcuni temi centrali della fede cristiana a partire dai modelli di pensiero del buddismo Zen non possono essere accettati acriticamente, stabilendo, ad esempio, parallelismi tra il percorso dello Zen e di Gesù”.

“La fede cristiana si basa sul fatto che Dio si è rivelato in suo Figlio Gesù Cristo, che è la sua Parola eterna, come Trinità amorevole”. Pertanto le forme di spiritualità in cui la fede trinitaria è ignorata “non sono compatibili con la fede cristiana”.

La preghiera, così come ce l’ha insegnata Gesù, è espressione della sua relazione filiale con il Padre. Diretta a Dio, non è mai riducibile a un esercizio di introspezione che termina in se stesso. Gesù non è venuto nel mondo per fare la sua propria volontà, ma per adempiere la volontà del Padre che lo ha mandato. Nella preghiera del Signore il centro non è costituito dai suoi desideri o dal raggiungimento della felicità terrena al di fuori di Dio, ma dalla comunione con il Padre. “Il criterio di autenticità della preghiera cristiana è la fiducia filiale in Dio, accettare la sua volontà, senza mai dubitare di Lui e mettendosi al servizio del suo piano di salvezza”.

A.M.V.






















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