martedì 7 maggio 2019

E Maria? Se ora maggio diventa il mese del Ramadan





Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, auguri nel nome di un Dio generico chiamato "clemente e misericordioso" e persino l'adozione del calendario islamico. Ci sono diocesi in cui esplode la moda degli auguri ai musulmani per il Ramadan. Messaggi di vescovi in una ambigua "comunione" che offusca la salvezza di Gesù e abbraccia preghiere relativistiche e sincretiche. Mandando in soffitta le esortazioni al Rosario e a Maria, la sola cui il mese di maggio è dedicato.




di Andrea Zambrano, 07/05/2019

Ogni anno che passa, la sottomissione nei confronti dell’Islam acquisisce un grado di compiacenza in più. Gli auguri di molti cattolici di “buon Ramadan” (buon per che cosa? Quale dovrebbe essere l’obiettivo?) non bastavano più. Così adesso, per dimostrare ancora più empatia con i musulmani si scimmiotta persino la loro lingua e si inizia a citare i versi del Corano.

Un po’ come quando fino a qualche tempo fa c’era la moda delle canzoni latinoamericane
ed era tutto un bailamos di qua e un pasito di là tra un Enrique Iglesias e un Alvaro Soler, la Chiesa italiana ha preso su anche il linguaggio dei figli di Allah. E non solo quello.

Tanto da confermare
– se mai ce ne fosse bisogno – che ormai siamo in pieno cattomanesimo, perfetta crasi di un cattolicesimo che si fa ottomano, che per smania di dialogo e fretta di fondersi, non sa più distinguere le differenze – sostanziali e tremende – tra la religione di Maometto e la fede cristiana.

A Sassari ad esempio per manifestare la vicinanza
si è per giunta modificato il calendario. Certo, l’avvento di Gesù Cristo nel mondo è pur sempre una data da cui conteggiare tutto, ma nel messaggio inviato dal vescovo a tutte le comunità islamiche della sua diocesi, ci si è sentiti in dovere di ricordare anche che questo è l’anno 1440 dall’Egira di Maometto. D’altra parte, non c’è da stupirsi: il calendario gregoriano è entrato in vigore solo nel ‘500 e anche se quello giuliano iniziava comunque dalla nascita di Cristo, adesso dovremo abituarci a condividere la natività anche con l’esodo del profeta. Questione di sensibilità.

Come quelle messe in campo fin dall’inizio del messaggio pubblicato sul sito della diocesi
: “as-salam ‘alaykum”, dice nel saluto. Il fatto è che tutta la lettera di sua eccellenza è un inchinarsi così tanto ai fedeli islamici da non distinguere più il vescovo dal muezzin. “Mi unisco a ciascuno di Voi nel ringraziamento a Dio, Clemente e Misericordioso”, dice nel ripetere il doppio appellativo con il quale il musulmano apostrofa Allah.

Stesso approccio quello scelto dall’Ordine dei frati minori
che sul suo portale accantona il Vangelo per citare passi del Corano: “La preoccupazione per i poveri – dicono i francescani -, i bisognosi e i migranti sono, naturalmente, fondamentali per l’Islam, come si dice con molta enfasi nel Corano: Non è giusto girare la faccia verso est o ovest; ma è giustizia credere in Dio, nell’Ultimo Giorno, nel Libro e nei Messaggeri; spendere i propri beni per amore Suo, per i tuoi parenti, gli orfani, i bisognosi, il viandante, per coloro che chiedono e per il riscatto degli schiavi… (al-Baqara 2.177).

Corano che viene definito “Santo”
e citato anche a proposito della concordia tra le religioni: “Ognuno ha una direzione verso la quale rivolgere il viso. Gareggiate nel bene. Dovunque tu sia, Dio sarà con te dappertutto. Davvero Dio è Potente su tutte le cose”. (al-Baqara 2.148)

L’entusiasmo esotico-linguistico prosegue
fino alla fine del documento quando nell’augurare un “benedetto Ramadan” (Benedetto da quale Dio?) non si esita a ripeterlo in arabo per accrescere la complicità empatica: Ramadan Mubarak! Ramadan Kareem.




C’è poi chi, anche senza citare espressamente il Corano
, men che meno il Vangelo, augura un vago sentimento di pace a tutti i musulmani che fanno il Ramadan. E’ il vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, monsignor Ambrogio Spreafico che conclude così il suo messaggio: “Una preghiera vera e sincera non può che liberare energie di pace e di amore nel mondo”. Anche qui, torna la stessa domanda: una preghiera diretta a chi? Energie di che cosa?

Questa comunione d’intenti prosegue
anche dopo il digiuno del Ramadan, la rottura, chiamata Iftar. E’ a quel momento che la Diocesi di Torino guarda per l’accoglienza degli ospiti. La rottura del digiuno si apre con un momento di preghiera. E’ quanto organizzano il Gruppo Abele con la Coreis, Comunità religiose islamiche italiane, l’associazione Fratellanza Italia Marocco (Afaq) e le parrocchie torinesi San Bernardino, Gesù Buon Pastore e Santa Maria Goretti. Ma nella preghiera quale Dio verrà pregato? Esistono già dei rituali comuni a entrambe le religioni che contemplino le due opzioni?

Frasi arabeggianti, citazioni del Corano, appelli ad una fede diversa nella forma
, ma uguale nei contenuti. La Chiesa cattolica si sta spostando sempre più verso forme sincretiche che denotano anche in questo caso l'atteggiamento relativistico nei confronti della verità.

Eppure maggio, che sembra ormai diventato il mese per eccellenza del Ramadan
nello zelo di certi pastori, è ancora il mese mariano per eccellenza. Da più parti, nelle case e ai crocicchi delle strade, si organizzano Rosari al crepuscolo. Che spazio c’è per questa fede oggi? In quanti, tra i vescovi così smaniosi di allargare ponti con i musulmani responsabili ancora oggi assieme ai cinesi della più colossale carneficina e persecuzione di cristiani nel mondo, hanno dedicato uno spazio anche piccolo nel loro magistero mensile per ricordare ai fedeli l’importanza del Rosario? La sua promessa di salvezza a chi lo reciterà devotamente?

Si sta ormai realizzando quanto voleva impedire la dichiarazione 
Dominus Jesus di Joseph Ratzinger. La Chiesa considera le religioni del mondo con sincero rispetto “ma nel contempo esclude radicalmente quella mentalità indifferentista improntata a un relativismo religioso che porta a ritenere che una religione vale l'altra” perché “se è vero che i seguaci delle altre religioni possono ricevere la grazia divina, è pure certo che oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che, nella Chiesa, hanno la pienezza dei mezzi salvifici”.

E ancora: “La parità, che è presupposto del dialogo, si riferisce alla pari dignità personale delle parti, non ai contenuti dottrinali né tanto meno a Gesù Cristo, che è Dio stesso fatto Uomo, in confronto con i fondatori delle altre religioni”.

Verrebbe da chiedere a tutti questi organizzatori
che spazio è rimasto alla venuta di Gesù Cristo salvatore, unico strumento per la salvezza di tutta l'umanità voluto da Dio.

lanuovabq.it



















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