Volendo porre l’attenzione sull’importanza enorme della dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, un documento del 2000 scritto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e troppo spesso dimenticato o volutamente ignorato da larghissima parte del clero e dei fedeli, è utile preporre alcune osservazioni contenute nell’introduzione di questo prezioso contributo. Occorre infatti rendersi sempre conto di quanto il relativismo sia penetrato, ahinoi, anche all’interno della Chiesa Cattolica e ne minacci la stessa sopravvivenza, operando in contrasto alla missione divina affidatole da Cristo. Consapevoli tuttavia che nostro Signore non mancherà mai di assistere la sua Sposa, apriamo gli occhi, sveliamo il qualunquismo e il buonismo che inquinano la vera fede e impegniamoci per far conoscere più largamente possibile gli insegnamenti corretti del Magistero! Ammiriamo la chiarezza delle seguenti parole, che non temono di condannare gli errori tanto diffusi ai nostri tempi.
(Dominus Iesus, 4)
4 settembre 2014
Il perenne annuncio missionario della Chiesa viene oggi messo in pericolo da teorie di tipo relativistico, che intendono giustificare il pluralismo religioso, non solo de facto ma anche de iure (o di principio). Di conseguenza, si ritengono superate verità come, ad esempio, il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo, la natura della fede cristiana rispetto alla credenza nelle altre religioni, il carattere ispirato dei libri della Sacra Scrittura, l’unità personale tra il Verbo eterno e Gesù di Nazaret, l’unità dell’economia del Verbo incarnato e dello Spirito santo, l’unicità e l’universalità salvifica del mistero di Gesù Cristo, la mediazione salvifica universale della Chiesa, l’inseparabilità, pur nella distinzione, tra il regno di Dio, regno di Cristo e la Chiesa, la sussistenza nella Chiesa cattolica dell’unica Chiesa di Cristo.
Le radici di queste affermazioni sono da ricercarsi in alcuni presupposti, di natura sia filosofica, sia teologica, che ostacolano l’intelligenza e l’accoglienza della verità rivelata. Se ne possono segnalare alcuni: la convinzione della inafferrabilità e inesprimibilità della verità divina, nemmeno da parte della rivelazione cristiana; l’atteggiamento relativistico nei confronti della verità, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per altri; la contrapposizione radicale che si pone tra mentalità logica occidentale e mentalità simbolica orientale; il soggettivismo di chi, considerando la ragione come unica fonte di conoscenza, diventa «incapace di sollevare lo sguardo verso l’alto per osare di raggiungere la verità dell’essere»[Fides et ratio, 5]; la difficoltà a comprendere e ad accogliere la presenza di eventi definitivi ed escatologici nella storia; lo svuotamento metafisico dell’evento dell’incarnazione storica del Logos eterno, ridotto a mero apparire di Dio nella storia; l’eclettismo di chi, nella ricerca teologica, assume idee derivate da differenti contesti filosofici e religiosi, senza badare né alla loro coerenza e connessione sistematica, né alla loro compatibilità con la verità cristiana; la tendenza, infine, a leggere e interpretare la Sacra Scrittura fuori dalla Tradizione e dal Magistero della Chiesa.
In base a tali presupposti, che si presentano con sfumature diverse, talvolta come affermazioni e talvolta come ipotesi, vengono elaborate alcune proposte teologiche, in cui la rivelazione cristiana e il mistero di Gesù Cristo e della Chiesa perdono il loro carattere di verità assoluta e di universalità salvifica, o almeno si getta su di essi un’ombra di dubbio e di insicurezza.
(Dominus Iesus, 4)
4 settembre 2014
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