Maria Guarini
Vi sto sommergendo - ma io stessa rischio di esserne sommersa - di notizie che, mio malgrado, non ci danno il tempo di soffermarci, approfondire e assimilare i contenuti, di grande interesse, che ci si propongono.
Seleziono al massimo la cronaca che però, di fatto, diventa incalzante come non mai e foriera di difficoltà sempre ulteriori per chi ama la tradizione. Urgono altre soluzioni. Urge coesione massima. Urgono sacerdoti e vescovi che ci supportino e ci guidino. Che il Signore ci ascolti per intercessione potente della Sua e nostra Madre...
Apprendo che il Cardinale Giuseppe Betori ha negato a Padre Serafino Lanzetta la possibilità di celebrare pubblicamente la Santa Messa usus antiquior a Firenze, dove, il 25 settembre prossimo venturo, sarà presentato il suo libro «Il Vaticano II, un Concilio pastorale. Ermeneutica delle dottrine conciliari» [vedi programma], da noi già annunciato [qui e qui]. Gli organizzatori, infatti, per iniziativa dell’Associazione Comunione Tradizionale, intendevano far precedere l’evento dalla Santa Messa celebrata da padre Serafino.
Ma l’Arcivescovo di Firenze non ha accolto la richiesta con la motivazione [qui] che
«il contesto in cui si dovrebbe svolgere la Santa Messa nella forma straordinaria del Rito Romano […] è con tutta evidenza atteso a proporre un’iniziativa, più volte ripetuta in questa città, tesa a svilire il significato della portata dottrinale del Concilio Vaticano II, come si evidenzia dal titolo del libro di p. Serafino Lanzetta che si vuole presentare. Tale iniziativa, inoltre, dovrebbe poter registrare una presenza ufficiale a Firenze di p. Serafino Lanzetta, che i suoi Superiori, legittimamente costituiti dal Sommo Pontefice, hanno ritenuto di far risiedere altrove e dai quali non mi è giunta comunicazione di aver concesso un regolare permesso.
In questo contesto, il permesso per una celebrazione liturgica pubblica ad esso collegata costituirebbe un concreto sostegno dell’autorità religiosa fiorentina a posizioni che, come Pastore cattolico, non posso assolutamente condividere.
Ovviamente, qualora il p. Lanzetta giungesse in Firenze, non ci sarebbe alcuna difficoltà da parte mia a che egli celebri nella forma liturgica che gli è concessa dal Summorum Pontificum nel luogo che sceglierà e per il quale avrà avuto il permesso da chi ne ha la responsabilità per mio mandato, purché la celebrazione avvenga in forma privata».
Sostanzialmente viene negato a fedeli cattolici il diritto di assistere al Santo Sacrificio antiquior in occasione della presentazione di un libro cattolico, da parte di un teologo cattolico di provata serietà, unicamente perché la circostanza sarebbe «tesa a svilire il significato della portata dottrinale del Concilio Vaticano II, come si evidenzia dal titolo del libro». Ma se la dottrina ingabbia, come tuona spesso il papa dalla sua nuova Domus, questo vale solo in una direzione? E dunque come la mettiamo con una pastorale che si vuole de iure non dogmatica, ma di fatto innesca un inedito super-dogma non più discutibile?
Ora, mentre non si vede in che termini la celebrazione di un Rito, che di per sé non può acquistare la coloritura di qualunque manifestazione pubblica alla quale fosse abbinato, «costituirebbe un concreto sostegno dell’autorità religiosa fiorentina a posizioni che, come Pastore cattolico, non posso assolutamente condividere», il testo ora da presentare a Firenze dovrebbe sfuggire a possibili strumentalizzazioni di qualunque genere. Esso infatti è obbiettivamente un lavoro scientifico di assoluto rispetto, sia per la metodologia seguita che per la profondità di pensiero sostenuta da solide basi di riferimenti a fonti anche inedite. Non dimentichiamo che è stato presentato come lavoro di abilitazione alla libera docenza, conseguita presso la Facoltà Teologica di Lugano, sotto la direzione del Prof. Dr. Manfred Hauke.
Piuttosto mi chiedo se padre Serafino abbia richiesto ed eventualmente ottenuto la facoltà di riprendere la celebrazione della Santa Messa antiquior dopo il noto provvedimento, detto di "sospensione", ma di fatto un divieto sine die; il che non lo renderebbe soggetto al permesso del vescovo in ragione del Summorum. che è stato emanato proprio per sdoganare il Rito, aggirando il fin troppo frequente "non vult" dei vescovi.
Quella del vescovo, dunque, appare una delle ormai consuete decisioni dalla motivazione centrata più sull'autorità - divenuta autoritarismo - piuttosto che su una norma certa. Se manca la certezza del diritto, si cade nell'anomia che sfocia nell'arbitrio.
Colgo l'occasione per manifestare a padre Lanzetta tutta la mia solidarietà e vicinanza morale e spirituale e anche il mio dispiacere per il contesto e le implicazioni che lo vedono coinvolto, credo non del tutto sua sponte.
Chiesa e postconcilio 20 set 14
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