di AntonioSocci
La Chiesa vuole essere “più povera di beni terreni e più ricca di virtù evangeliche, non ha bisogno di protezioni, di garanzie e di sicurezze”. Ce lo ripete in ogni modo e anche ieri lo ha ridetto monsignor Galantino, “inventato” da Bergoglio come nuovo Segretario generale della Cei per commissariare e punire il cardinal Bagnasco (“reo” di non aver appoggiato il prelato argentino in Conclave). Dunque - se le parole hanno un senso - la Chiesa non gradisce più i fondi dell’otto per mille. In un’altra circostanza Galantino aveva tuonato: “Ma cosa volete che se ne faccia oggi il nostro mondo di una Chiesa impegnata a difendere le proprie posizioni (qualche volta dei veri e propri privilegi)”.
Si sa che era il mondo laico di sinistra a definire “privilegi” della Chiesa l’otto per mille, l’esenzione dall’Ici e la scuola libera (che fra l’altro fa risparmiare un sacco di soldi allo Stato). Ora, a nome della Cei, lo fa anche Galantino, che brama di essere applaudito da quell’opinione pubblica “scalfariana”. A questo punto perché dargli il dispiacere di inondare la Chiesa italiana di milioni di euro? Bisognerà accontentarlo, sia pure a malincuore per i problemi che ne verranno a tanti bravi sacerdoti i quali svolgono, eroicamente, una missione bella e grande (e per tante opere di carità che potranno chiudere lasciando allo Stato l’incombenza di dover soccorrere chi ha bisogno). È giusto esaudire l’ardente desiderio di povertà di Galantino e compagni che detestano i “privilegi” e i soldi alla Chiesa. Anche se certi proclami sarebbero più credibili se - oltre alle parole - il Segretario della Cei fosse coerente e proponesse proprio la cancellazione dell’otto per mille. Se non devolveremo l’otto per mille quei fondi se li terrà lo Stato e magari si eviterà qualche tassa (come diceva Ezio Greggio: “L’otto per mille? No, no. Lotto per me stesso ed è già molto dura”). La Cei una volta diventata povera dovrà tagliare. Anche la sua Tv2000 (struttura che ha i suoi costi), il quotidiano “Avvenire” e l’agenzia Sir (427 fra giornalisti, tecnici e amministrativi).
Chi comanda
Però questo Galantino non deve averlo capito, perché, a proposito dei media, nei giorni scorsi ha convocato i diversi direttori informandoli che lui stesso farà «un piano editoriale» per rendere tutti questi media come un sol uomo, sotto la sua guida sapiente. Vuole comandare lui. Su tutti. Del resto Galantino ha appena chiamato alla direzione di Tv2000 quel Paolo Ruffini che è stato direttore delle reti televisive che più hanno fatto soffrire i cattolici. Era lui, per fare un solo esempio, il direttore di Rai 3 che realizzò con Fazio e Saviano «Vieni via con me», programma contro cui - per la sua unilateralità - polemizzarono a lungo “Avvenire” e i cattolici. Con la scelta di Ruffini, Galantino chiama l’applauso del mondo laico e del pensiero dominante. Cosa che va di pari passo con la sua ricerca smaniosa di microfoni e telecamere.
È voluto andare perfino a Ballarò dove la sua loquace vanità faceva venire in mente la battuta di Sacha Guitry: “Ci sono persone che parlano, parlano…finché non trovano qualcosa da dire”. Il suo problema è la ricerca dell’applauso ad ogni costo. Siccome l’applauso del mondo arriva solo quando si dicono cose conformi alla cultura egemone, ecco che si rende necessario il “riportino” ideologico. Galantino lo fa spesso. Anche ieri. Nella smania di attaccare quei cattolici militanti che invece lui dovrebbe difendere e rappresentare, con l’intervista al “Regno”, anticipata da alcuni giornali, ha messo ancora una volta in soffitta la battaglia sui “principi non negoziabili” che pure sono magistero ufficiale della Chiesa. E ha bocciato “certe adunate” del tempo di Wojtyla, Ruini e Ratzinger.
Galantinate
Poi ha rincarato la dose mettendo in guardia dai valori che “diventano ideologia” (senza spiegare che significa). Ha evocato a sproposito l’episodio di Pietro che sguaina la spada in difesa del Maestro e ha aggiunto una considerazione sconcertante: “Devo confessare che mi lasciano perplesso gli atteggiamenti di violenza anche verbale con i quali si difendono i valori”. Violenza? Dalla sintesi che ne ha fatto “Avvenire” non si capisce a cosa si riferisca e a occhio e croce pare l’ennesima “galantinata”. Pur essendo nel contesto della sua polemica contro i principi non negoziabili, sembra inverosimile che possa riferirsi ai cattolici, perché non esistono gruppi cattolici che pratichino la violenza. Anzi, in genere subiscono l’intolleranza altrui e Galantino si guarda bene dal protestare per questo. Del resto non dice nemmeno una parola sui tentativi in corso da sinistra di proibire la libertà di espressione sulle nozze gay con una legge liberticida.
Di recente Galantino ha proclamato che nella Chiesa si deve voltare pagina e si deve parlare “senza tabù di preti sposati, eucaristia ai divorziati e di omosessualità”. Poi ha voluto strafare e se n’è uscito con questa desolante dichiarazione: “In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza”. A parte la spensierata liquidazione di anni di magistero della Chiesa, ha profondamente ferito quella sprezzante considerazione sui “visi inespressivi” di coloro che recitano il rosario per le donne e i bambini (Galantino si è mai guardato allo specchio? Si sente un Rodolfo Valentino?). Con quelle parole il Segretario della Cei ha immotivatamente ferito il grande “popolo della vita” suscitato dal magistero di Giovanni Paolo II e dall’esempio di santi come Madre Teresa di Calcutta.
C’è stata un’ondata di indignazione. Non solo perché non si è mai visto un vescovo che sbeffeggia dei cattolici che pregano, non solo perché a quelle preghiere - in Italia iniziate da una personalità come don Oreste Benzi - talora partecipano gli stessi vescovi. Ma anche perché a volte a organizzare questi momenti di preghiera sono donne che hanno vissuto sulla loro pelle il dramma dell’aborto. Qualcuna di loro ha risposto a Galantino con parole commoventi. Ma il vescovo di Cassano Jonico - ormai abbonato alle gaffe - non ha ritenuto di scusarsi. Anzi, la settimana scorsa ha lanciato nella sua diocesi un’altra sua pensata: «Vogliamo chiedere scusa ai non credenti perché tante volte il modo in cui viviamo la nostra esperienza religiosa ignora completamente le sensibilità dei non credenti, per cui facciamo e diciamo cose che molto spesso non li raggiungono, anzi li infastidiscono».
Più bravo di Gesù…
Con ciò Galantino intendeva mostrarsi più bravo di Gesù stesso che non risulta si sia scusato con il mondo per essere venuto a svegliarlo, per essere venuto a «disturbare» i peccatori. Anzi lo ha rivendicato: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada!» (Matteo 10,34). In effetti Gesù di disturbo ne deve aver creato parecchio se si sono così infuriati da farlo fuori in modo bestiale. Poi nei secoli altri hanno continuato a uccidere martiri, fino ad oggi. Ma al “combattimento” cristiano Galantino non è interessato, né ai martiri cristiani. Con tutto il gran parlare del nostro mondo clericale, mai una volta che - in queste settimane - si sia sentito citare pubblicamente il caso di Meriam, la giovane madre incinta che è detenuta in catene in Sudan ed è stata condannata a 100 frustate e all’impiccagione perché è cristiana e perché ha sposato un cristiano. Per queste cose Galantino non s’indigna. Però testimonianze immense come quelle di Meriam o di Asia Bibi resteranno nell’eternità. Mentre le sue “galantinate” alle dodici del mattino hanno già incartato l’insalata ai mercati generali. Come diceva Chesterton, “non abbiamo bisogno di una Chiesa che si muova col mondo. Abbiamo bisogno di una Chiesa che muova il mondo”.
© LIBERO QUOTIDIANO
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