"Questi matrimoni che non vogliono i figli, che vogliono rimanere senza fecondità. Questa cultura del benessere di dieci anni fa ci ha convinto: ‘E’ meglio non avere i figli! E’ meglio! Così tu puoi andare a conoscere il mondo, in vacanza, puoi avere una villa in campagna, tu stai tranquillo’… Ma è meglio forse – più comodo – avere un cagnolino, due gatti, e l’amore va ai due gatti e al cagnolino. E’ vero o no questo? Lo avete visto voi? E alla fine questo matrimonio arriva alla vecchiaia in solitudine, con l’amarezza della cattiva solitudine." (Papa Francesco)
di Rino Cammilleri
Personalmente, non amo granché gli animali. Questo non vuol dire che li odio, però. Diciamo che non me ne frega niente. Sono nato e cresciuto in campagna, tra i contadini degli anni Cinquanta che vivevano in mezzo a bestie di tutte le taglie, da lavoro, da carne e latte, da cortile e domestiche. Tutte però avevano la loro utilità, anche queste ultime: col cane si andava a caccia, il gatto teneva lontani i topi. Il contadino di una volta ci stava a stretto contatto, con gli animali, ma per necessità. Non ho mai visto un contadino sbaciucchiare una bestiola, né giocarci, né – figuriamoci - dormirci insieme. Li rispettava e ne aveva cura, certo, perché ne aveva bisogno. Ma il loro compito era, come il suo, lavorare. Punto. Se aveste chiesto a un contadino se amava gli animali vi avrebbe guardato come un personaggio bizzarro e magari avrebbe chiesto: «Scusi, può ripetere la domanda?».
Diversa è la storia in città, dove tutti gli animali sono «da compagnia». Ce ne sono di esotici, è vero, e anche pappagallini in gabbia o pesci nell’acquario. Ma i più gettonati sono i cani e i gatti. È con questi ultimi che, nella quasi totalità dei casi, si instaura un rapporto di «amore». Ora, poiché – stando alle statistiche - nelle case italiane ci sono più cani & gatti che bambini, Papa Francesco, alla messa in Santa Marta, ha parlato proprio di questo a una quindicina di coppie (etero, ovviamente) che festeggiavano il venticinquesimo, il cinquantesimo e qualcuna addirittura il sessantesimo anniversario di matrimonio. Riferendosi, con non tanto velato rimprovero, a quelli che, scientemente, preferiscono i pets ai figli, ha detto, tra l’altro, che questi «forse trovano sia meglio, più comodo, avere un cagnolino e due gatti, e l’amore va ai due gatti e al cagnolino».
In effetti, non si può negare che a cani&gatti basta mangiare ed essere portati a evacuare ai giardinetti, mentre i figli richiedono maggiori cure, maggiori spese, spese che spesso si protraggono per decenni. I figli, tra l’altro, sono come l’uovo di pasqua, che non sai mai cosa ci trovi dentro. Infatti, possono venir su problematici o malati, possono non ricambiare l’affetto, mentre questo non accade con le bestiole. Queste, basta addestrarle e poi ubbidiscono: zitto, a cuccia, fermo, dài un bacino a papà (con i cani vien meglio, perché i gatti, si sa, sono più indipendenti). E poi, la pet-therapy è ottima se sei depresso. Certo, anche loro si ammalano e bisogna sterilizzarli, ma è un impegno da poco se paragonato a quello richiesto dai figli, che comincia addirittura nove mesi prima che nascano (e poi il parto va fatto in ospedale, fonte di ansia, mentre le bestiole le compri già pronte). I pets non abbisognano di colloqui coi maestri e i professori, non devi spendere per prime comunioni, non devi stare attento a chi frequentano, non devi inserire password criptate nel computer, non devi svenarti in asili nido, pediatri, vestiti, libri, iscrizioni a musica-sport-danza, ricariche telefoniche. Non devi continuare a mantenerli se disoccupati. Insomma, rispetto ai figli, gli animaletti sono un affare. È vero, muoiono prima, ma puoi sempre comprarne altri. Cani&gatti «danno», i figli «chiedono».
Il vantaggio competitivo, tuttavia, va a farsi benedire nella terza parte della vita, quando sei vecchio e quasi sicuramente malato. Qui non c’è gatto che tenga, e il cane può andar bene, al massimo, se diventi cieco. Qui, senza figli, sono dolori. Se puoi permettertelo, vai a finire in un ospizio a quattro stelle, dove puoi giocare a carte o a dama coi coetanei e guardare la tivù in stanza (a basso volume, perché attraverso le pareti si sente: se sei diventato mezzo sordo, inforchi l’apparecchio). Purtroppo, nessuno ti viene a trovare, perché non hai figli né, per forza di cose, nipoti. Il cane e il gatto che allietavano la tua esistenza sono morti da un pezzo, e non si sa se all’ospizio te ne fanno tenere altri. Ma se non sei benestante sono guai, perché a te dovranno provvedere le istituzioni. Italiane. Con i Nas che solo se allertati vengono a controllare che non ti leghino al letto o peggio. Sei ancora in grado di startene a casa tua? Bene. Ma chi va a pagarti le bollette, a fare la fila in banca, a vedere che non ti freghino, a protestare alle poste o per una improvvisa cartella di Equitalia? Be’, qui l’elenco degli svantaggi di non avere prole, ma tutt’al più badanti (le quali, anche loro, sono come l’uovo di pasqua) sarebbe lungo e invito il lettore ad aggiungere, come esercizio, ciò che manca.
Non mi addentro nel discorso «se non ci sono i giovani chi paga le pensioni?» perché è stato già troppe volte esaustivamente affrontato e qui intendiamo limitarci a cani&gatti. Commentando le parole del Papa, il veterinario del «Giornale», Oscar Grazioli, ha così, rispettosamente, concluso: «Santità, ma per chi non ha il dono della fede, l’affetto di un animale può colmare molti vuoti, senza l’angoscia di un mondo che lacera le vite di genitori e figli. Forse anche per chi ha la fede». I contadini (siciliani, nel mio caso) degli anni Cinquanta avevano di fronte una realtà molto più angosciante: una devastante sconfitta bellica e la fame. Tuttavia, i figli li facevano, e pure tanti. Poi partivano con la valigia di cartone legata con lo spago. Anche quelli che, oggi, affollano i barconi di Lampedusa lasciano una realtà ancora più angosciante, nella quale, però, non hanno smesso di procreare. Già, perché i figli sono investimento e speranza nel futuro, quel che da sempre ha fatto andare avanti l’umanità.
Uno che ai figli preferisce i cani e i gatti perché ha l’angoscia esistenziale è solo un illuso disinformato: crede che la salute e la giovinezza gli dureranno in eterno. È uno che vive nel presente e non vuole responsabilità. Insomma, è il perfetto frutto della società edonistica contemporanea e per forza non vuole figli: è un bimbetto lui. Per l’«affetto» gli bastano «un cagnolino e due gatti», che riempiono di vita la casa e non impegnano. I figli, invece, costano. Soldi e pazienza. La politica, composta di personaggi che ci rappresentano perfettamente, ha preso atto e, infatti, non solo non sostiene la famiglia tradizionale, ma aggiunge benzina allo sfascio. E si è attrezzata per i «diritti» degli animali. Fateci caso: anche i partiti «di destra» stanno pompando l’animalismo. Eh, dato l’andazzo, in Italia sono voti.
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