di Nicodemo Grabber (03/06/2014)
Nel febbraio di quest’anno il noto giornalista cattolico Antonio Socci ha pubblicato sul quotidiano “Libero” una inchiesta in quattro puntate dal titolo Due Papi in San Pietro. I perché di un evento mai visto in duemila anni. In questo scritto Socci poneva a tema la questione inedita e tutt’altro che irrilevante della copresenza di due Papi, del così detto Papato emerito, della natura della rinuncia di Benedetto XVI, etc…
Alle domande di Socci il mondo giornalistico, della cultura ed ecclesiale rispose sostanzialmente con il silenzio, ad eccezione di Vatican Insider, protagonista di una dura polemica contro Socci. Polemica che Andrea Tornielli volle risolvere a vantaggio della propria tesi ricorrendo allo stesso Benedetto XVI, raggiunto da una lista di domante scritte dallo stesso Tornielli. Le risposte che Tornielli dice aver ricevuto dal Papa emerito, non solo non spensero la polemica ma anzi generarono ulteriori dubbi.
Non vogliamo qui ripercorrere le tappe del dibattito, le chiarificazioni fornite dal Segretario del Papa emerito e Prefetto della Casa Pontificia, la questione dell’arma araldica “da Papa emerito” proposta a Benedetto XVI dal card. Montezemolo e dal Papa emerito rifiutata per mantenere il proprio stemma precedente (quello da Papa con chiavi di san Pietro, pallio e mitria papale), etc.
Non vogliamo neppure sottolineare troppo il ruolo significativo e non sempre nascosto che Benedetto XVI svolge tuttora: partecipa in abiti papali a pubbliche cerimonie come la benedizione del monumento a San Michele Arcangelo o la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, rivede, apportando correzioni, alcuni documenti magisteriali di papa Francesco (sarebbe interessante conoscerle queste correzioni/integrazioni per valutare la dialettica esistente tra i due Papi), etc…
Il 28 maggio usciva sul “Corriere della Sera” l’articolo Ecco perché abbiamo davvero due Papi a firma di Vittorio Messori dove il principe dei giornalisti cattolici, pur con diversità di stile e senza le preoccupazioni ecclesiologiche di Socci, sviluppava di fatto una analisi incentrata sul riconoscimento della copresenza di due Papi. Il giorno seguente su Libero interveniva nuovamente Socci con Ora perfino il “Corriere” e Messori scoprono che ci sono due Papi.
Con lo stile sereno e alieno da toni forti suo proprio, Messori, in verità, tocca nervi scoperti e suggerisce ipotesi dalla portata ecclesiologica inquietante.
Appoggiandosi su uno studio del canonista Stefano Violi, Messori analizza il testo della dichiarazione di rinuncia pronunciata da Benedetto XVI rilevando che papa Benedetto avrebbe rinunciato non al munus petrinus ma solo al ministerium, ovvero all’esercizio di quell’ufficio. Di più, Benedetto XVI non avrebbe neppure rinunciato interamente all’executio del ministero petrino ma unicamente all’esercizio del governo, riservandosi l’esercizio spirituale del ministerium stesso. Benedetto XVI non avrebbe, cioè, rinunciato al compito di Successore di Pietro ma unicamente alla esecuzione concreta dello stesso.
Avremmo così Benedetto XVI ancora pienamente investito del munus petrinus, nel pieno possesso del ministerium spirituale del Vicario di Cristo ma non più della potestà di governo universale che sarebbe, invece, in capo a papa Francesco.
Non sfuggirà a nessuno l’arditezza di una simile tesi e le conseguenze ad essa implicate. Una tra tutte: se il munus petrinus fosse ancora in capo a Benedetto XVI (perché non vi avrebbe mai rinunciato restando, così, tuttora Papa), si dovrebbe ipotizzare, contro il dogma e la costituzione stessa della Chiesa, una titolarità dello stesso o di uguale munus in capo a Francesco (munus petrinus condiviso o sdoppiato). Oppure dire che Papa (titolare del munus petrinus) è ancora Benedetto XVI mentre Francesco sarebbe l’esercente della sola potestà di governo universale. Tutte ipotesi gravemente problematiche, per non dire inaccettabili.
Non è nostra intenzione portare nuovi contributi polemici al già vasto archivio di articoli, saggi, interviste, dichiarazioni sul tema. Neppure svolgere una analisi dello studio condotto da Stefano Violi e da Messori rilanciato. Ci limitiamo a segnalare un dato di fatto e un nostro timore. Il dato di fatto è che due dei maggiori giornalisti cattolici d’Italia hanno sollevato il problema su due quotidiani a diffusione nazionale e che, ormai, il tema è dibattuto a livello internazionale tra teologi, canonisti, preti e semplici fedeli con grande confusione e disorientamento di molti. È come se Socci e Messori avessero dichiarato al mondo che il re è nudo; che fare ora?
La preoccupazione maggiore, invece, è che questa situazione di fatto con due Papi entrambi nel recinto di San Pietro, uno regnante e uno emerito di cui è confuso e fonte di confusione lo status ecclesiologico, divenga occasione per un tentativo di (auto)demolizione del Papato secondo uno schema pensato da Rahner già nel 1974. Nelle pagine iniziali di Vorfragen zu einem okumenischen Amtsverstandnis il gesuita Karl Rahner ipotizzava di sciogliere il munus petrinus dalle dirette responsabilità di governo in capo ad una sola persona – il Papa –per affidarne l’esercizio a due o più persone.
È innegabile che l’ipotesi ecclesiologica di Rahner, mutatis mutandis, è quella che meglio si presterebbe a giustificare teologicamente una condizione del Papato come quella tratteggiata da Violi-Messori se questa fosse realmente la situazione creatasi con la rinuncia di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco. Purtroppo, però, sarebbe una soluzione ecclesiologica contraria alla volontà positiva di Cristo, alla costituzione essenziale della Chiesa, al dogma cattolico. Sarebbe la morte del Papato!
Il sasso è stato ormai lanciato, la confusione è grande e non si vede come se ne possa uscire. Solo il Vicario di Cristo può fare chiarezza. Preghiamo perché il Signore provveda presto alla Sua Chiesa!
© conciliovaticanosecondo.it
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