La redazione di UCCR
Ricordate quando la tolleranza laica scelse di chiudere le porte
dell’università “La Sapienza” di Roma a Benedetto
XVI, ateneo fondato da Papa Bonifacio VIII nel 1303? La censura di un
pensiero diverso dal proprio, che acquistò rilievo internazionale, arrivò nel
gennaio 2008.
Sei anni dopo, cioè oggi, esce il libro “Sapienza e libertà. Come e perché papa Ratzinger non
parlò all’Università di Roma“ (Donzelli editore 2014) scritto dal
giornalista Pier Luigi De Lauro con prefazione di Walter
Veltroni. Il volume contiene, oltre al testo dell’intervento che avrebbe dovuto
tenere Papa Ratzinger, anche interviste all’allora rettore Renato
Guarini, a padre Vincenzo D’Adamo, cappellano
dell’università, a Carlo Cosmelli, uno dei docenti di Fisica
che ne contestarono la presenza, e a Gianluca Senatore, allora
rappresentato degli studenti nel Consiglio accademico.
Come descrive il libro, era stato il rettore
Guarini ad invitare il Papa all’inaugurazione dell’anno accademico, nei mesi
precedenti aveva comunicato la sua decisione al Senato accademico, ben felice di
accoglierlo (così come avevano fatto Paolo VI nel 1964 sempre a “La Sapienza” e
Giovanni Paolo II a Roma Tre nel 2002). Ratzinger avrebbe dovuto svolgere
semplicemente un discorso al termine della cerimonia, non una
lectio magistralis come erroneamente fu riportato.
Ma l’intolleranza laica (o
laicista, meglio) scattò ugualmente (sarebbe lo stesso oggi con Papa
Francesco?), prima con un intervento di Marcello Cini
(militante di SEL, oggi deceduto) sul quotidiano di estrema sinistra “Il
Manifesto” in cui si denunciò l’ingerenza religiosa del Papa, poi con una
lettera firmata da 67 docenti della facoltà di Fisica,
rilanciata dal quotidiano di punta del laicismo intollerante, “La
Repubblica” (non a caso l’editorialista principale era, ed è, il
teologo Vito Mancuso). Benedetto XVI rinunciò immediatamente e si limitò ad
inviare il testo del suo intervento che venne letto dal prorettore.
A Ratzinger vennero contestate
due questioni, entrambe false: la prima il suo presunto
appoggio all’Intelligent Design, quando dal
1969 parlava chiaramente di conciliazione tra evoluzione, darwinismo e
fede cristiana. La seconda accusa fu un riferimento ad una citazione di
Feyerabend su Galilei fatta nel 1990, ma che il card. Ratzinger si
limitò a citare senza sostenerla, come confermò lo stesso Feyerabend e come è stato giustamente spiegato da Antonio
Carioti sul “Corriere della Sera”.
Nel libro lo studente Gianluca Senatore (oggi
ricercatore), intervistato, ha spiegato che fino ad allora non aveva mai
letto nulla degli scritti di Ratzinger e fu proprio quell’episodio ad
avvicinarlo alla sua produzione intellettuale. La sua conclusione è che se i
professori, soprattutto Cini, avessero fatto lo sforzo di non
fermarsi ai loro pregiudizi ma avessero letto il testo di
Ratzinger, vi avrebbero trovato molti spunti di approfondimento critico sulla
deriva della tecnologia (tesi condivise, oltretutto, da Cini stesso e da molti
docenti firmatari).
Ma il pregiudizio, purtroppo si sa, è il pane
quotidiano dell’anticlericalismo.
http://www.uccronline.it/ 2 aprile 2014
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