Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 7 giu.
Oggi viviamo una sorta di carestia spirituale che e' stata favorita anche da "una visione unilaterale del Concilio Vaticano II".
Papa Ratzinger lo ha denunciato nella sua omelia di questa sera ricordando che "il Sacro ha una funzione educativa, e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni". In proposito, il Pontefice ha proposto un esempio facilmente comprensibile: "se in nome di una fede secolarizzata e non piu' bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini , il profilo spirituale di Roma risulterebbe 'appiattito', e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita".
Analogamente, ha detto il Papa, "una mamma e a un papa' che, in nome di una fede desacralizzata, privassero i loro figli di ogni ritualita' religiosa in realta' finirebbero per lasciare campo libero ai tanti surrogati presenti nella societa' dei consumi, ad altri riti e altri segni, che piu' facilmente potrebbero diventare idoli".
"Dio, nostro Padre - ha spiegato - non ha fatto cosi' con l'umanita': ha mandato il suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per dare il compimento anche al sacro".
E i riti occorre certo "preservarli da visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato", ma bisogna soprattutto vigilare perche' non perdano il loro carattere sacro, cioe' di ponte verso Dio, assorbendo nei fatti quella visione, "influenzata da una certa mentalita' secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso", che riduce la religione ad un fatto sociologico.
In proposito, il Papa teologo ha stigmatizzato l'abbandono che c'e' stato della pratica dell'adorazione eucaristica. "Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II ha penalizzato - ha osservato il Pontefice - questa dimensione, restringendo in pratica l'Eucaristia al momento celebrativo". E se "in effetti, e' stato molto importante riconoscere la centralita' della celebrazione, essa va ricollocata nel giusto equilibrio" perche' altrimenti, "come spesso avviene, "per sottolineare un aspetto si finisce per sacrificarne un altro". Ed in effetti "l'accentuazione posta sulla celebrazione e' andata a scapito dell'adorazione, come atto di fede e di preghiera". Uno "sbilanciamento" che ha avuto "ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli". Nella pratica religiosa, ha rilevato Papa Benedetto, "concentrando tutto il rapporto con Gesu' Eucaristia nel solo momento della santa messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziali. E cosi' si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesu' in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina,
tra le nostre case, come 'cuore pulsante' della citta', del paese, del territorio con le sue varie
espressioni e attivita'". E' sbagliato, cioe', "contrapporre la celebrazione e l'adorazione, come se fossero in concorrenza l’una con l'altra", perche' "solo se e' preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione, l'azione liturgica puo' esprimere il suo pieno significato e valore" che e' prima di tutto una preghiera rivolta "al Signore Gesu', realmente presente nel Sacramento dell'altare".
Per il Papa, infatti, "l'incontro con Gesu' nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunita' e' in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l'assemblea si e' sciolta, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre".
"Se manca questa dimensione, anche la stessa comunione sacramentale - ha concluso - puo' diventare, da parte nostra, un gesto superficiale".
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