Di Stefano Fontana 17 OTT 2022
Venerdì scorso è iniziata la Scuola di Dottrina sociale della Chiesa dedicata a “Politiche per la vita 2.0” (alla quale è ancora possibile iscriversi). Tra le tante cose che richiedono di rivedere l’intera questione della tutela politica della vita, che è appunto il tema della Scuola, occorre riconoscere che c’è anche la nuova posizione assunta della Chiesa. Basta ricordare cosa diceva e faceva la Chiesa al tempo di Giovanni Paolo II e come invece si pone oggi per avere il senso del cambiamento avvenuto. Giovanni Paolo II aveva, tra l’altro, dedicato al tema una enciclica, la Evangelium vitae, di forte denuncia della cultura della morte e di altrettanto forte militanza sociale e politica per i cattolici. Francesco ne accenna qua e là e ogni tanto, all’interno di tematiche diverse a cui sembra dare la preferenza, come per esempio l’ambiente.
La Pontificia Accademia per la Vita lancia messaggi a dir poco ambigui sull’argomento vita, famiglia, procreazione. La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali organizza incontri sulla pianificazione familiare, si avvale di esperti del controllo delle nascite, adopera le parole dell’ONU di cui condivide gli obiettivi per il 2030. Irme Stetter-Karp, presidente del Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi e co-presidente del Cammino sinodale tedesco, ha chiesto che l’aborto sia “disponibile” in tutta la Germania. La Federazione della Gioventù Cattolica Tedesca ha criticato il fatto che gli aborti non siano oggi “totalmente accessibili” in Germania. Della legge 194 sull’aborto, molti prelati – ultimo il cardinale Ruini – dicono che bisogna applicarla per intero, così confermandone la validità, pur sapendo che una legge ingiusta non è resa giusta da alcune sue parti in sé positive. Quando la Corte suprema americana ha emanato la famosa sentenza sull’aborto, Francesco si è limitato a “prendere atto”: troppo poco. La questione Biden ha messo in evidenza che la Chiesa ha smesso di pretendere che un politico cattolico non sia abortista. Nella discussione americana sulla comunione o meno ai cattolici che promuovono l’aborto, i vescovi favorevoli sono stati tutti promossi nella carriera ecclesiastica e la posizione del Vaticano è emersa con chiarezza.
Se poi ci si spinge su altre tematiche legate al tema della vita, si notano continui cedimenti. Papa Francesco si è espresso a favore del riconoscimento delle coppie omosessuali. È in atto un grande attivismo per rivedere le norme di Paolo VI sulla contraccezione. Il mensile della diocesi di Milano ha promosso in pieno l’esercizio dell’omosessualità. A suo tempo, i vescovi italiani si erano detti favorevoli alla discussione in parlamento dei disegni di legge Zan e sul suicidio assistito.
Tutto questo ci dice che il programma e gli obiettivi della Scuola di Dottrina sociale della Chiesa su “Politiche per la vita 2.0” sono di grande urgenza e attualità.
Ma quali sono le cause di questa trasformazione? C’è un grande cambiamento in atto, dentro il quale si collocano ristrutturazioni più settoriali. Il grande cambiamento riguarda la riformulazione complessiva della teologia morale cattolica in cui sia i teologi di punta che l’attuale governo della Chiesa sembrano molto impegnati.
Tra i cambiamenti più settoriali, bisogna ricordare prima di tutto l’abbandono della dottrina delle azioni intrinsecamente cattive (intrinsece mala), formulata dalla Veritatis splendor di Giovanni Paolo II e confermata da Benedetto XVI con la sua dottrina dei “principi non negoziabili”. Oggi è completamente messa da parte. La svolta principale si è avuta con l’Esortazione Amoris laetitia secondo la quale l’adulterio non è più, come la Chiesa ha sempre sostenuto, qualcosa di sempre ingiusto, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni. Si tenga presente che le circostanze, in teologia morale, possono alleggerire la responsabilità dell’agente, ma non possono cambiare la natura dell’azione che, se è cattiva, rimane cattiva. Ora, invece, si ritiene che le circostanze siano eccezioni, ossia possano cambiare la norma, anche se questa riguarda azioni intrinsecamente cattive. Infatti, i divorziati risposati ora possono accedere alla comunione, dopo un periodo di discernimento, per esclusiva decisione della loro coscienza.
Questo comporta che il giudizio sull’azione oggettivamente presa non sia più possibile, senza prima considerare le circostanze, ossia la storia personale delle persone coinvolte, la situazione unica in cui esse si sono mosse. Mentre nella teologia morale classica, il significato morale di un’azione dipendeva dal suo oggetto materiale – cosa si fa – e non dall’intenzione, ora si ritiene che prevalga l’intenzione che viene esercitata sempre in precise e irripetibili circostanze che vanno valutate di per sé e non in relazione ad una norma generale. Nasce qui il famoso principio “chi sono io per giudicare?”. Non solo non si può giudicare il peccatore – cosa evidente – ma nemmeno il peccato. Per questo la Chiesa non condanna più, come faceva un tempo, situazioni oggettive di peccato pubblico, come per esempio l’adulterio, le unioni civili, l’aborto…: non lo fa più in modo indipendente dalle circostanze, sicché ogni azione è considerata come a se stante, priva di una forma etica.
Si comprende allora perché Francesco si sia limitato a “prendere atto” della sentenza della Corte suprema americana, anziché compiacersi del fatto. La Chiesa non può più dare indicazioni vincolanti sul piano sociale e politico, perché non si ritiene più in grado di valutare situazioni oggettive di pubblico peccato, da condannare indipendentemente dalle intenzioni di chi le fa. Essa deve limitarsi a formare le coscienze e poi saranno le singole persone a scegliere cosa fare. La politica fissa o non fissa delle fattispecie da sanzionare oppure da incoraggiare? … è compito della politica e non della Chiesa. In questo modo, però, si rompe il rapporto tra religione, morale e politica. O meglio, questo rapporto è totalmente demandato alla coscienza personale, ma questo è possibile per il protestantesimo e non per il cattolicesimo.
Si spiega così il preoccupante cambiamento di paradigma della Chiesa di oggi verso le tematiche della vita. Bisogna realisticamente tenerne conto e provvedere altrimenti.
Stefano Fontana
Nessun commento:
Posta un commento