martedì 18 ottobre 2022

Gli abortisti correggono il loro slogan: non dite più “My body, my choice” - "Il mio corpo, la mia scelta”






di John Horvat

La prossima volta che sentirete gridare “my body, my choice" (ndt, il mio corpo, la mia scelta), sarà bene ricordare gentilmente agli attivisti dell’aborto che non dovrebbero più dire "la mia scelta" perché così si offendono le donne.

Gli attivisti più informati, ad esempio, usano ora un più enfatico e goffo "il mio corpo, la mia decisione". Infatti, i manifestanti liberal, tra cui le deputate Pramila Jayapal (Wash.), Ilhan Omar (Minnesota) e Ayanna Pressley (Massachusetts), hanno cantato "il mio corpo, la mia decisione" mentre camminavano verso il Senato per chiedere "diritti" all'aborto l'11 maggio scorso.

Ora è ufficiale. Il sito di sinistra The New Republic riporta che Planned Parenthood1 e le femministe radicali stanno eliminando l'uso della parola "scelta" dal loro lessico. La mossa è sorprendente, poiché "scelta" è stata a lungo l'arma preferita nell'arsenale di parole delle femministe. Trasmette l'idea confusa di "libertà" casuale che piace a molte persone. Ma ora il problema è proprio questo. È troppo casuale.

Nel clima della rivoluzione woke di eccitazione delle sensibilità, tutto serve a innescare una crisi2. La sinistra woke sta cancellando la parola "scelta" perché non è abbastanza radicale da riflettere i tempi post-Dobbs, la sentenza della Corte Suprema che ha soppresso la precedente sentenza abortista Roe vs. Wade.

Essere “pro scelta” non è abbastanza radicale per la rivoluzione sociale

I radicali sostengono che "pro-choice" (“pro-scelta) suona troppo educato per inquadrare l'intera conversazione sull'aborto. In una conversazione informale, "scelta" significa scegliere tra due alternative uguali, come il cioccolato o la vaniglia. Essa insinua che le donne stanno prendendo decisioni insignificanti senza riflettere deliberatamente, banalizzando così sia la questione in sé stessa che le donne in generale.

"Scelta" è parola anche troppo individualista. Per molto tempo le femministe hanno sostenuto che l'aborto è una scelta individuale "tra la donna e il suo medico". I nuovi attivisti pro-aborto radicali ora sostengono che la "scelta" cancella il più ampio contesto sociale e strutturale che circonda il movimento.

Una persona individuale non fa la rivoluzione. L'aborto non può essere ridotto a un fatto personale. Per non diventare irrilevante, l’aborto deve far parte di una più ampia lotta progressista che coinvolga tutta la società.

Infatti, la "scelta" individuale non è sufficientemente progressista perché non tiene conto delle questioni razziali, di equità e di genere che si intersecano con la lotta per l'aborto. L'attuale fase della rivoluzione sessuale richiede un approccio più ampio per sopravvivere.

La parola “scelta” copre una moltitudine di inganni

Un motivo convincente per abbandonare l'etichetta "pro-choice" è che non corrisponde alla realtà politica attuale. Invece di chiarire la situazione, la parola “choice”, "scelta", serve a mascherare, oscurare o distorcere la situazione delle "donne povere", diffondendo un’idea di soddisfazione personale sull'accesso all’aborto che va contro la causa stessa dell'aborto.

La parola "scelta" insinua che ogni donna può abortire quando e dove vuole. Tuttavia, gli attivisti favorevoli alla morte notano giustamente che gli sforzi del movimento pro-vita hanno fortemente limitato l'accesso all'aborto. Fortunatamente, vasti settori della nazione, e ora interi Stati, sono beneficiati dall’assenza di abortifici. Così, in un post sul blog di Planned Parenthood Action si osserva che il termine "scelta" non rappresenta "la realtà vissuta delle persone" che devono affrontare barriere che per loro, ovviamente, sono "spesso aggravate da politiche razziste e classiste".

Altri attivisti dell’aborto lamentano che il termine "pro-choice" serva da copertura per coloro che non vogliono dire apertamente di essere a favore all'aborto. Nascondendosi dietro questa espressione, la persona "pro-choice" insinua che, anche se a volte necessario, l'aborto non è in realtà qualcosa di buono. Si crea un clima di vergogna e silenzio che stigmatizza chi ha abortito.

Harry Cheadle del New Republic denuncia la capacità dei cinici leader aziendali e dei ricconi liberal di cooptare parole come "scelta" per far credere di essere sufficientemente woke. "Si tratta di un espediente, un patetico contentino alla sinistra da parte delle aziende e di altre potenti istituzioni", sostiene. Essi "presumono che adoperare parole e frasi progressiste di moda possa compensare tutte le ingiustizie e la miseria che causano".

Secondo tale narrazione marxista di lotta di classe, queste élite imprenditoriali liberal stanno usando la rivoluzione contro sé stessa. Si appropriano abilmente e cinicamente di parole come "scelta" per dare un segnale di virtù e favorire la classe dirigente. In questo caso, è meglio eliminare la parola "scelta" perché è irrimediabilmente compromessa.

La rivoluzione sessuale mostra il suo vero volto

L'eliminazione della parola "scelta" segna una nuova fase nella battaglia pro-vita in America. La parte favorevole all'aborto ha cercato a lungo di riconfezionare il suo messaggio nefasto per apparire più mainstream, più piacevole e normale.

L'adozione della parola "scelta" ha inquadrato il dibattito come una questione di libertà della donna, non come l'uccisione di una vita innocente. Tuttavia, invece di mobilitare gli attivisti radicali, il termine ha creato una classe di sostenitori morbidi che vedevano l'aborto come una semplice opzione, non una causa critica. Quindi, il termine deve essere scartato perché non mira più a far progredire la rivoluzione sessuale.

Il movimento a favore dell'aborto suggerisce ora un termine sostitutivo duro: pro-aborto. Niente più mascheramenti. Davanti a una situazione come quella creata dalla sentenza Dobbs, niente più giochi di prestigio. Si tratta ora di "far uscire allo scoperto" i sostenitori moderati dell’aborto e costringerli a guardare in faccia la brutale realtà, facendo loro pronunciare senza mezzi termini la parola “aborto” prima evitata. Così, il blog Planned Parenthood Action raccomanda usare "pro-aborto, pro-diritti all'aborto, pro-accesso all'aborto o pro-equità dell'aborto; aborto non è una parola sporca".

L'abbandono della scelta fa pensare che il dibattito non ha mai riguardato la scelta. La natura dittatoriale della sinistra impone a tutti il suo programma. Non tollera l'opposizione. Esige il rispetto delle regole e ora mostra il suo volto duro.

Dopo la decisione Dobbs, questo imperativo di imporre l'aborto alla nazione a qualsiasi costo ha accelerato la sua velocità. Diventa chiaro che agli americani non deve essere data alcuna scelta.



NoteOrganizzazione che si batte in favore della legislazione abortista…anche contrastando la libertà all'obiezione di coscienza (fonte wikipedia).
La voce (woke) è entrata nei dizionari della lingua inglese nel 2017 attraverso il movimento attivista statunitense Black Lives Matter. (…) Per “wokeness”, si intende il "non abbassare la guardia" (fonte wikipedia).



Tfp.org, 29 settembre 2022. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.

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