Pubblichiamo in esclusiva l'interessante riflessione di don Enrico Bini -presbitero della diocesi di Prato- sul pensiero di Martin Lutero
Canonico Enrico Bini
Da modesto discepolo di mons. Brunero Gherardini, uno dei
maggiori esperti italiani sul pensiero di Martin Lutero, sono rimasto molto
perplesso dai giudizi comparsi sulla stampa circa la personalità
dell'agostiniano tedesco.
La storiografia cattolica nel corso del Novecento ha maturato
una valutazione più serena e meno oltraggiosa dell'opera luterana. Una maggiore
conoscenza delle fonti storiche ha permesso di conoscere le luci e le ombre di
Lutero, anzi certi storici cattolici come E. Lortz e R. Garcia Villoslada hanno
scritto degli splendidi studi sugli esiti della riforma protestante, nel XVI
secolo. Le finalità della teologia luterana inserite in un pensiero teologico
non sistematico, ma ricco di spunti non è per niente facile da riassumere e non
accetta facili semplificazioni.
Per esempio, quando si parla della finalità riformatrice di
Lutero si dimentica che non si tratta di una conversione dei costumi morali
personali o ecclesiali. Per il monaco agostiniano occorreva una riforma della dottrina, che egli
ritenne di aver individuato nella famosa esperienza della torre di Wittemberg,
con la giustificazione mediante la sola fede, che contiene l'unica ed esatta
interpretazione dell'evangelo di Gesù Cristo. L'intuizione luterana fu di
natura squisitamente spirituale, e credo si possa affermare venne intesa dal
monaco come una necessità per la chiesa. La decisione per la riforma, secondo
una nota espressione di Karl Barth, fu vissuta nel quadro di una missione
profetico- escatologica della quale Lutero si sentì come investito, tanto che i
suoi ammiratori contemporanei lo videro come un Elia redivivo.
Nessuno, in questi giorni, ha ricordato che mentre Lutero
diffondeva le sue 95 tesi, da pochi mesi si era concluso il concilio
Lateranense V, che intendeva riformare la curia romana, i religiosi e con un
documento sulla predicazione della sacra scrittura nella chiesa. Ma questo non
poteva bastare alla strada nuova tracciata e intuita da Lutero. Lo stesso concilio
di Trento non ebbe alcuna remora ad usare il termine riforma, che è una delle
espressioni più ricorrenti nei suoi documenti, ma sempre nel senso di una
modifica delle strutture della chiesa, ma non del deposito dottrinale.
La seconda affermazione circa l'aver messo in mano del popolo
la sacra scrittura esige una chiarificazione. La splendida traduzione luterana
in lingua tedesca della bibbia venne intesa come possibilità per il libero
esame del fedele, oltre all'interpretazione ecclesiale. Questo ha comportato la
precoce dissoluzione del movimento protestante in molteplici comunità, in
competizione anche armata tra di loro, soprattutto nei secoli XVII e XVIII.
La chiesa cattolica non temeva la scrittura al popolo, ma la
sua privata interpretazione, ossia fuori dal perimetro indicato in maniera
chiara dalla Dei Verbum, della tradizione e del magistero. Se la chiesa ha
messo in guardia i fedeli, non l'ha fatto per timore della scrittura, ma al
contrario perché ne riconosceva la testimonianza sigillata dalle dottrine
dell'ispirazione e della inerranza. Se noi esaminiamo l'esatto intendimento del
concilio di Trento, circa il valore della scrittura per la chiesa, si vede
indicato in tre verbi: accogliere, venerare e conservare la Parola di Dio,
invitando a evitare il disprezzo e l'irriverenza verso il sacro testo (sess. IV
del 1546). Le parole del tridentino risuonano profetiche, pensando alle
infinite interpretazioni a cui si è sottoposto l'annuncio biblico, nel pensiero
protestante.
Questi due esempi ci devono far capire che Martin Lutero, non
si presta a facili celebrazioni, che non passino per una conoscenza oggettiva
del suo pensiero e dei condizionamenti storico-politici che lo determinarono,
ma senza confusioni e troppo facili concordismi, che forse non sarebbero
graditi neppure allo stesso riformatore di Wittemberg. Insomma, la personalità
del monaco agostiniano sarà sempre un segno di contraddizione per molti in
Israele, e qui risiede la ragione anche del suo fascino.
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