
Di Stefano Fontana, 3 Giu 2025
Nel suo recente discorso ai pellegrini per il Giubileo della Famiglia, dei nonni e degli anziani, il Santo Padre Leone XIV, ha detto: “«Per questo, col cuore pieno di riconoscenza e speranza, a voi sposi dico: il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo” e ha citato la Humanae vitae.
“Il matrimonio non è un ideale”, ma quando in Amoris laetitia si parla delle cosiddette situazioni “irregolari”, come le convivenze senza matrimonio o dopo un divorzio, le si considera come una situazione di inadeguatezza rispetto allì’ideale propostoci da Cristo. Il matrimonio come ideale era la chiave di lettura di tutta l’Esortazione apostolica. Ora, questo intervento del Papa è oggettivamente correttivo di Amoris laetitia.
Pubblichiamo il capitolo riguardante questo argomento tratto dal libro di Stefano Fontana, Esortazione o rivoluzione? Tutti i problemi di Amoris laetitia, Fede & Cultura, Verona 2019, pp. 35-40 [lo trovi qui].
Le norme divine come “ideali” e il peccato come inadeguatezza
di Stefano Fontana
Quando in AL si parla delle cosiddette situazioni “irregolari”, come per esempio le convivenze senza matrimonio o un nuovo matrimonio dopo un divorzio, le si considera sempre come una situazione di inadeguatezza rispetto alla pienezza di quanto propostoci da Cristo. Non come qualcosa di contrario ma come qualcosa di inadeguato, soprattutto a causa della fragilità umana o delle circostanze della vita. Qualcosa di inadeguato non è un male da condannare o da evitare, ma è qualcosa di positivo, seppure non completamente, da far crescere e migliorare. Sicché il passaggio non è da male a bene, da peccato a salvezza, da prigionia ad esodo, ma da minore a maggiore adeguatezza. Tutti siamo già sulla buona strada solo che qualcuno è più indietro e qualche altro è più avanti. Viene applicato, in altre parole, uno schema interpretativo esistenzialistico secondo il quale ci sono semplicemente passaggi da uno stato esistenziale ad un altro all’interno di un cammino con alle spalle una condizione trascendentale di salvezza anonima.

Ad esempio, al numero 6 si legge: “Quindi mi soffermerò su un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore ci propone”. Per AL il peccato è questo: non una risposta sbagliata ma una risposta non pienamente corrispondente, ma proprio per questo in qualche misura anche corrispondente. Infatti, a proposito della Samaritana, il testo di AL dice: “… e poi sola con Gesù che non la condanna e la invita ad una vita più dignitosa (cfr. Gv 8,1-11)”. Se l’invito di Gesù alla Samaritana non è a pentirsi dal peccato ma ad una vita più dignitosa significa che l’adulterio non è un peccato ma è qualcosa che possiede una propria dignità, anche se parziale e da migliorare. Che la persona non si riduca al suo peccato è vero, che il peccato non coinvolga ontologicamente la persona, contraddicendo la sua dignità, è falso, specialmente per il peccato mortale.
Nel numero 78, a proposito dei conviventi, degli sposati solo civilmente e dei divorziati risposati, si dice: «Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cfr. Gv. 1,9; Gaudium et spes, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto, invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano. […] Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio, laddove questo sia possibile». Questo lungo passo è di notevole importanza e dovremo esaminarlo ancora in seguito. Per il momento facciamolo solo dal punto di vista del peccato come inadeguatezza. Intanto notiamo che la convivenza, la convivenza in base al solo matrimonio civile e lo stato di divorziati risposati – tutte situazioni oggettive che la Chiesa ha sempre considerato peccato invitando gli interessati al pentimento e all’accostamento al sacramento della confessione – qui vengono definiti come una partecipazione alla vita della Chiesa fatta in modo imperfetto. Come già osservato, imperfetto non vuol dire negativo o sbagliato, vuol dire meno perfetto della perfezione assoluta, ma comunque dotato di un qualche grado di perfezione. Ora, non si può dire che l’esercizio della sessualità fuori del matrimonio o l’adulterio siano modalità buone, seppure in modo imperfetto, di relazione. Il testo, poi, auspica la Grazia della conversione su queste coppie. Ma la conversione non è il passaggio da un minor bene ad un maggior bene: in questo caso la coppia sarebbe già sulla strada giusta e non avrebbe bisogno di convertirsi. La conversione è dalle tenebre alla luce e non è un atto psicologico o esistenziale ma ontologico: dalla morte alla vita, dal non essere all’essere.
Ancora più preoccupante è però la conclusione del passo, quando si dice che nel caso in cui la relazione abbia raggiunto una certa stabilità può essere punto di partenza per un percorso verso il matrimonio. In una relazione anche irregolare, e perciò contraria alla legge divina e in sé non ordinabile a Dio, i due certamente compiono reciprocamente anche azioni buone, di aiuto e di cura, ma siccome la relazione è oggettivamente un male, tali loro buone azioni si dissipano e non li aiutano veramente nella vicinanza a se stessi, a Dio e ai fratelli. Quindi anche se la relazione è stabile non cessa di essere sbagliata – una situazione di peccato secondo la terminologia di un tempo – e su di essa è impossibile fondare un percorso verso il matrimonio. Piuttosto il contrario, il percorso verso il matrimonio comincia veramente quando i due si pentono della convivenza, comincia dal rifiuto, dalla negazione, dall’allontanamento da quella relazione e non da essa. Il concetto di “stabilità” qui usato sembra essere solo sociologico. Per “coppia stabile” si intende una coppia che è insieme da un tempo congruo e che si è assunta nel frattempo degli impegni, ma se quella coppia vive una relazione falsa, non conforme alla legge morale e divina, essa è umanamente e cristianamente profondamente instabile, anche se sociologicamente stabile. Non bisogna confondere il piano dei fenomeni con quello della sostanza. Se si assume un approccio solo esistenzialistico e non metafisico, si inseguono i fenomeni e ci si fa dettare da essi le leggi. La stabilità fenomenica di una relazione ontologicamente falsa, anziché essere un dato positivo, è negativo, in quanto ne conferma e approfondisce l’instabilità ontologica, e da essa non bisogna partire per farla crescere ma allontanarsene.
Nel numero 292 si dice che «I Padri sinodali hanno affermato che la Chiesa non manca di valorizzare gli elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più al suo insegnamento sul matrimonio». Anche qui si vede il concetto dell’inadeguatezza che ha sostituito quello di male e di peccato e la visione delle relazioni irregolari come matrimoni in embrione.
Ma il punto senz’altro più dirompente circa la concezione del peccato è quello espresso nel paragrafo 303: la coscienza “può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo”. Qui non solo si torna a dire che la legge di Cristo è un ideale e che una situazione di peccato è una fase inadeguata di quell’ideale e quindi comunque positiva, in più si afferma che Dio stesso in quel momento sta chiedendo quello, ossia permanere in una situazione irregolare e quindi di male e peccato può essere quello che Dio sta chiedendo. Il peccato diventa una vocazione.
Il cardinale Caffarra ha scritto “… l’indissolubilità, più in generale il matrimonio inteso cristianamente, non è un ideale, una sorte di meta da raggiungere e verso cui tendere. Vorrei vedere la reazione di una sposa a cui il marito dicesse: “guarda che la fedeltà a te è per me un ideale verso cui cerco di tendere, ma che non posseggo ancora”. Presentare il matrimonio cristiano come un ideale rischia di far pensare che per i battezzati possa esistere una forma di coniugio che non è ancora sacramento”; “Ma la legge morale non è nemmeno un ideale verso cui tendere: non esiste un matrimonio ideale, ma solo un matrimonio vero o falso, cioè nullo”. Quando si presentano le situazioni irregolari come tappe positive verso il matrimonio, si afferma che è possibile vivere come marito e moglie senza esserlo e che, per i battezzati, “possa esistere una forma di coniugio che non è ancora sacramento”. Come notava il cardinale Velasio De Paolis: “Ciò che non è ammissibile per la legge morale divina è proprio che due persone che non sono coniugi vivano come tali … Sarebbe la distruzione totale del rapporto matrimoniale e della famiglia e cadrebbe tutta la legge morale sulla sessualità”.
In questa nuova visione della norma divina come ideale e del peccato come inadeguatezza rispetto a questo ideale, AL rivede anche la dottrina dei “Semi del Verbo” (n. 76), formulata da Giustino nel secondo secolo e da Clemente di Alessandria nel terzo. AL intende i semi del Verbo come semi di vero e di bene che esistono anche nel male e nel peccato, per cui dal male e dal peccato in quanto tali si può partire per valorizzare i semi di positività che in essi si danno. Giustino e Clemente avrebbero molto da stralunare gli occhi davanti a questa interpretazione di una tra le più importanti delle loro dottrine. Da questo punto di vista anche l’utero in affitto è una via positiva da sviluppare verso la procreazione naturale tra un uomo e una donna, anche una relazione omosessuale è in potenza un matrimonio eterosessuale e l’esercizio della sessualità prima del matrimonio o fuori del matrimonio è un utile elemento da potenziare verso una vera e propria castità coniugale.
(Foto: Di Cassidy Rowell, Unsplashed)
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