Padre Nivakoff, vice-priore dei benedettini di Norcia, spiega che i monaci sono rimasti in paese malgrado il sisma e indica l’unica via di salvezza: la fede in Gesù Cristo
Da ieri pomeriggio dei pesanti teli di plastica proteggono dalle intemperie i frantumi della Basilica di San Benedetto, a Norcia, crollata a seguito del terremoto del 30 ottobre. Il rivestimento è stato ultimato dai vigili del fuoco sotto gli sguardi di alcuni monaci benedettini.
La loro presenza in città è silenziosa ma significativa. Radicati sul territorio in conformità con la Regola del loro fondatore, i monaci hanno prestato aiuto materiale e conforto spirituale alla popolazione di Norcia fin dal sisma del 24 agosto e dopo le ultime violente scosse.
Non più nel monastero danneggiato bensì in casette di legno più sicure, continuano a raccogliersi per le preghiere quotidiane e a celebrare la Messa nella forma straordinaria del Rito Romano, ossia in latino. La solennità e la ritualità dei loro gesti è l’immagine del baluardo di fede, speranza e carità che essi, veri e propri combattenti spirituali, rappresentano in un contesto segnato negativamente dal flagello naturale. ZENIT ne ha parlato con il vice-priore, lo statunitense padre Benedetto Nivakoff.
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Padre, qual è la situazione in queste ultime ore?
Qui a Norcia inizia a far freddo e il clima è molto umido. Le scosse continuano, alcune più forti ed altre meno, ne sentiamo quasi una ogni ora.
Come sta reagendo la popolazione?
È piuttosto scoraggiata. La gran parte dei cittadini di Norcia è stata evacuata, con un’azione forzata da parte delle autorità, verso la zona del Lago Trasimeno. Chi è rimasto è chi non abita in centro storico. La loro maggiore preoccupazione è quella di far tornare Norcia a rivivere come prima del terremoto.
Voi dove vi trovate attualmente di preciso?
Noi avevamo due monasteri, uno nel centro storico ed uno in campagna. Entrambi sono crollati. Però dopo il sisma del 24 agosto abbiamo costruito delle casette in legno nei pressi del monastero fuori città, che chiamiamo San Benedetto in Monte. Dunque ci troviamo in queste strutture che, essendo in legno, sono molto più sicure.
La vostra comunità è formata da monaci provenienti da tutto il mondo. La volontà è quella di restare a Norcia?
Certamente. I monaci prendono il voto di stabilità. Quando succede una tragedia del genere, più che mai un monaco si sente radicato nel territorio. Subito dopo il terremoto del 30 ottobre i sacerdoti che erano nel monastero sono usciti di corsa per dare i sacramenti alle persone che stavano male e per aiutare i vigili del fuoco a fornire aiuto materiale. E intanto i monaci non sacerdoti rimanevano nel monastero a pregare.
Come sono cambiati i vostri impegni quotidiani a seguito dei terremoti?
Abbiamo anticipato un po’ il mattutino per essere più svelti. Prima ci alzavamo alle 3.45, adesso alle 3.30.
Quanto è importante la preghiera per voi, specie in questa fase di difficoltà?
(Sospira). È essenziale. Tragedie di questo tipo non si comprendono se non avendo presente Dio nella nostra vita. Soltanto guardando a Lui e alla lunga storia dalla Creazione in poi si può capire il senso di un simile evento.
C’è una preghiera che più di altre si addice a questa situazione?
Durante le Messe, dal 24 agosto in poi, stiamo recitando una preghiera che chiede la protezione del popolo, il perdono dei nostri peccati e la protezione dal diavolo.
Evocativa è l’immagine di religiosi e laici in ginocchio, poco dopo il terremoto, a pregare dinanzi alla basilica di San Benedetto distrutta…
Quell’immagine ricorda che inginocchiarsi è un atto di sottomissione: Dio è il creatore e noi siamo le creature. In quel momento abbiamo rivolto a Lui una supplica in favore di tutti coloro che stavano soffrendo a causa del terremoto.
Quella del monaco è una vita di combattimento: concetto che si esprime in modo molto forte in questo momento?
Sì, il combattimento è spirituale. La schiena del monaco deve rimanere dritta, il monaco ha il dovere di resistere ai cosiddetti otto vizi. Ricordo che i monaci sono andati nel deserto proprio al fine di essere tentati. Un vigile del fuoco quando vede le fiamme vi si lancia contro. Ebbene, il monaco fa lo stesso: si mette alla prova andando incontro alla tentazione, per essere purificato mantenendo fiducia nell’aiuto di Dio.
Voi benedettini vivete il lavoro quasi come un’estensione della preghiera. Con questo proposito a Norcia producete la Birra Nursia. Dopo il terremoto, in che condizione si trova il birrificio?
Misteriosamente il birrificio non ha subito danni, malgrado l’edificio in cui si trova sia totalmente inagibile. Questo significa che inevitabilmente ci sarà una pausa nella produzione per uno o due mesi, cioè il tempo necessario per rendere accessibile la zona rossa dove si trova, dopo di che riprenderemo gradualmente a produrre birra.
L’imprenditore Brunello Cucinelli si è impegnato a contribuire economicamente alla ricostruzione della Basilica. Come avete accolto il suo impegno? Lo avete incontrato di persona in questi giorni?
Sì, lo abbiamo incontrato spesso e ci ha assicurato il suo appoggio e la sua vicinanza. Soprattutto lui desidera che questo monastero possa tornare a vivere. Lui è un uomo di fede e di preghiera, vede in San Benedetto una guida anche nei momenti più bui della storia.
Ci sono state polemiche a causa delle dichiarazioni via radio di un sacerdote che ha agitato il nesso tra catastrofi naturali e castighi divini, dovuti nella fattispecie all’approvazione in Italia delle unioni civili. Che idea si è fatto della vicenda?
Non l’ho seguita molto. Ma che Dio intervenga nella storia, nel bene o nel male, è parte della nostra fede. Altrimenti sarebbe un Dio che si disinteressa di noi. È vero, talvolta manda anche circostanze difficili, che servono però a purificarci. La questione è più delicata quando abbiamo la presunzione di stabilire che una tragedia “ics” è causata da un peccato “ypsilon”. Non è escluso, però sono circostanze molto misteriose, che capiremo soltanto dopo la morte. In momenti come questi è opportuno ponderare e affidarci alla preghiera.
Qualcuno, dopo il terremoto del 24 agosto che ha causato tanti morti, si è chiesto dove fosse Dio…
Io vedrei come un miracolo il fatto che, nonostante le forti scosse del 26 e del 30 ottobre, non ci siano state altre vittime. Questo è il mistero della provvidenza: dopo il terremoto di Amatrice, molte persone hanno abbandonato la nostra zona o hanno preso precauzioni. Se questo non fosse avvenuto, oggi saremmo tutti sotto le macerie.
La statua di San Benedetto, al centro della piazza davanti alla Basilica, è rimasta in piedi. Che valore assume la figura di questo santo nell’Europa di oggi, di cui è patrono?
Quella statua rimasta in piedi offre un’analogia. San Benedetto chiede a noi monaci di rimanere fissi in un territorio per convertire. In un’epoca come la nostra, di grandi spostamenti fisici e ideologici, di mode passeggere che agitano l’Europa e non solo, è importante il messaggio di San Benedetto a rimanere radicati nella fede in Gesù Cristo. Questa è l’unica strada di salvezza.
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