Estrema unzione, XIX sec., Museo del Sannio, Benevento |
Gesù, Gesù, Gesù
di Vito Abbruzzi
All’udienza generale di mercoledì 28 settembre scorso, Francesco, esaltando la misericordia del Signore in croce nei riguardi del buon ladrone, invitava i fedeli ivi presenti ad invocare per tre volte il nome di Gesù: “Gesù, Gesù, Gesù”.
Questa triplice invocazione mi ha immediatamente ricordato quella stessa presente nell’Ordo Commendationis animæ al momento del trapasso, in exspiratione: «Moriens, si potest, dicat: vel si non potest, assistens sive Sacerdos pro eo clara voce pronuntiet: Iesu, Iesu, Iesu» («il morente, se gli è possibile, pronunci: Gesù, Gesù, Gesù. Se ciò non gli è possibile, lo faccia per lui chi lo assiste o il sacerdote»).
È abbastanza significativo che si sia, seppure indirettamente ed involontariamente, evocata una pratica di pietà molto importante, solenne e sobria, quale quella della raccomandazione dell’anima dei moribondi.
Fa riflettere che questo Ordo sia oggi del tutto sconosciuto ai pastori della Chiesa, che un tempo lo avevano a portata di mano, perché riportato in appendice nei loro breviari: quei breviari romani finemente rilegati, di ridotte dimensioni ma ben leggibili: veri e propri vademecum del sacerdote cattolico. Oggi, almeno, c’è internet a conservarne la memoria (v. i siti Maranatha e Preces Latinae), altrimenti persa definitivamente.
La risacralizzazione del sacro passa anche attraverso il recupero di queste preghiere, che accompagnano e sostengono il fedele nell’ora suprema di passare da questo mondo all’altro, e non fuggendo da lui, abbandonandolo solo al proprio ineluttabile destino.
I sacerdoti riscoprano e facciano riscoprire ai loro fedeli l’importanza della raccomandazione dell’anima in procinto della morte, non adontandosi di essere scomodati nel cuore della notte per assistere i moribondi: in quel momento estremo dimostrano in toto l’essere ministri di Dio, ad onta delle proprie miserie.
Nessun commento:
Posta un commento