domenica 12 aprile 2015

Vita spirituale e lettura della Bibbia





dal blog Traditio Liturgica 

La Resurrezione di Cristo, secondo la letteratura patristica, è l'anticipo dello stato futuro dell'uomo in cui non ci sarà alcuna decadenza e corruzione e la stessa morte sarà distrutta. In questa futura situazione, l'uomo parteciperà dello stato del Risorto, tra cui una comprensione profonda delle realtà spirituali, cosa che attualmente può fare solo parzialmente e nell'unico caso di certi santi.

L'uomo che vive spiritualmente, ossia con la mentalità di Cristo, non vede più le cose dal punto di vista unicamente umano ma è in grado di afferrare la ragione d'inspiegabili comportamenti di alcuni asceti o di comprendere certi passi oscuri dei loro scritti.

La famosa frase “attraverso il nulla giungi al Tutto” del mistico cattolico Giovanni della Croce, evidentemente influenzato da Dionigi l'Areopagita, è per un autentico uomo spirituale chiara come il sole.

Perciò egli sa dove sia il confine tra la sola mentalità umana e quella rivelata, tra la mentalità del mondo e quella divina ed evangelica.

La sacra Scrittura, diffusamente detta Bibbia, ha nei suoi libri molte realtà: racconti storici, precetti legali, a volte pure imprecazioni (vedi i famosi salmi imprecatori). Tra tutto questo ricco materiale c'è la Rivelazione di Dio, ossia più propriamente, la testimonianza di tale rivelazione.

Quando san Giovanni l'evangelista scrive la sua Apocalisse, per fare un esempio, egli patisce la Rivelazione, ossia ha un contatto con il divino. A causa di questo contatto egli scrive con linguaggio umano. La Rivelazione è il semplice essere faccia a faccia con la realtà divina. È da qui che, in seguito, si producono degli effetti che, nel caso di san Giovanni, sono stati la redazione del libro apocalittico. L'Apocalisse, dunque, testimonia questa Rivelazione divina avvenuta in san Giovanni.

Se l'Apocalisse in tutta la sua materialità fosse la semplice Rivelazione tout-court, finiremo per scambiare l'esperienza divina con un libro sacro quando, invece, il libro sacro (con i suoi elementi umani) è conseguenza della Rivelazione divina. Scambiare la Rivelazione per un libro sacro è quello che, in buona sostanza, succede nell'Islam in cui si crede che il Corano, con tutta la sua materialità ed elementi umani, sia disceso dal cielo esattamente come sta.

Fare questo scambio, è simile a chi ritenga che la visione dei microbi al microscopio sia la descrizione che ne fa il biologo. Questo è pure indice di un tragico abbaglio: la vita è scambiata con la descrizione della stessa, Dio è scambiato con l'idea di Dio il che, propriamente, si chiama "idolo". Il nostro mondo, infatti, è diffusamente idolatrico, pure in ambito cristiano.

La patristica greca esprime questi concetti dicendo che l'Increato (Dio) è totalmente diverso dal creato (l'uomo e il cosmo materiale e spirituale da Lui creato). Non si può, dunque, confondere il primo con il secondo. Di qui, tra l'altro, esiste una chiara e profonda differenza tra la realtà spirituale e quella psicologica (come abbiamo sottolineato nei due post precedenti, creando non poche perplessità e opposizioni in chi non riusciva a cogliere tale differenza perché evidentemente ne era totalmente estraneo).

Se, dunque, la sacra Scrittura deriva da questo contatto trascendente, consegue in tutta evidenza che per essere accostata è necessario sintonizzarvisi, per quanto possibile, in modo spirituale non in modo psicologico. Questa è l'unica cosa importante!

In senso semplicemente psicologico, ci sono infinite maniere di leggere la Bibbia tra cui letture contraddittorie, poiché il testo contiene affermazioni addirittura discordanti tra loro. L'unico modo per averne una lettura unitaria è quello spirituale e sapienziale. Detto in altri termini: se io non entro nell'atmosfera spirituale di uno scrittore, se non mi avvicino in qualche modo alle sue esperienze, rimarrò sempre esterno al suo testo e potrò dirne ciò che mi pare. Ora, la sacra Scrittura dal momento che testimonia la Rivelazione divina, ne è il “contenitore”, chiede al suo lettore una qualità spirituale, non una semplice preparazione filologica ed intellettuale. Non chiede tanto doti naturali ma doti soprannaturali, per dirla in altri termini.

Penso che mai, come oggi, si fa violenza al testo biblico. Ciò avviene non perché non abbiamo mezzi filologici e conoscenze storico-letterarie. Da questo punto di vista siamo infinitamente meglio di altre epoche. Ciò avviene perché oggi siamo molto più estranei ad una lettura spirituale della Bibbia, rispetto ad un tempo.

Può succedere, dunque, che quando la Scrittura descrive il caso di “serpenti mandati da Dio nel deserto agli Israeliti” (cfr. Num 21, 4-9), si senta predicare: “Non è Dio a mandare i serpenti, perché i serpenti esistono in ogni deserto. Qui si vuole solo dire che casualmente gli Israeliti si imbattono nei serpenti”. Leggere in questo modo accomodante e razionalistico, strappa alla Scrittura la convinzione che Dio muove ogni cosa e permette anche il male per un maggior bene. Sgancia il creato dal suo Creatore alimentando la già gran diffusa mentalità dell'autonomia del creato da Dio. Che lo faccia un agnostico non mi merviglia. Che lo faccia un prete mi scandalizza. Invece, noto, che i pochi fedeli che vanno alle messe feriali nelle quali si predica in questo modo, non reagiscono più: elettroencefalogramma piatto!

Purtroppo non c'è solo questo approccio razionalistico, esiste anche una vera e propria ideologia umanistica.

È di questi giorni la pubblicità ad un'opera di esegesi biblica scritta per mano di sole donne. L'editrice cattolica che la diffonde usa una recente frase papale:

“I Vangeli tradotti da quattro bibliste! Questa è una cosa importante. Le donne hanno un modo particolare di leggere la Scrittura. Un talento naturale dato da Dio”.

Ora, ad essere sinceri, ogni persona ha il “suo” talento particolare di leggere qualsiasi cosa, non solo la Scrittura. L'universo femminile può senz'altro avere una maggiore sensibilità. Ma una volta che s'inizia a vedere le cose in questo modo, si dovrà inevitabilmente seguire l'onda di tutta una corrente critico letteraria che pone l'accento su molti altri tipi di sensibilità oltre quella femminile, tipo quella omosessuale. E, da questo punto di vista, perché le donne possono commentare e gli omosessuali no? Se lo si nega, umanisticamente parlando, si fa una discriminazione!

È perfettamente coerente e logico porsi questa domanda se si rimane sul solo piano umano. Dal punto di vista strettamente letterario, la letteratura è informata da varie sensibilità, anche da quelle che noi non accetteremo per motivi religioso-morali e nella letteratura, in genere, si deve essere attenti a tutti gli apporti, maschile, femminile, omosessuale, politico, ecc. La letteratura non riguarda la moralità ma la pura registrazione del fatto umano in sé nella sua manifestazione letteraria.
La letteratura è pure attenta alle esperienze allucinatorie che poteva avere Rambeau con il suo compagno Verlaine, entrambi esponenti del cosiddetto decadentismo letterario.

Le premesse che ho fatto all'inizio del post, al contrario, ci indicano come la lettura umanistica lasca il tempo che trova e può addirittura essere fuorviante nel campo strettamente biblico.
Così, se, per certi aspetti, una donna può cogliere particolari che all'uomo possono sfuggire grazie alla sua naturale sensibilità, da un altro punto di vista più essenziale e profondo, sia all'uomo che alla donna può sfuggire il nocciolo fondamentale poiché la Scrittura chiede un approccio spirituale per essere capita, non un approccio unicamente naturale e umano.
Il fatto di essere uomo o donna (o di avere una qualsiasi naturale capacità o propensione) serve fino ad un certo punto e potrebbe pure essere d'impedimento. Da un certo punto in poi si deve adottare un altro modo di vedere le cose.

Ebbene la Chiesa è lì proprio per indicare che l'uomo deve andare oltre alle sue capacità naturali (nelle quali s'insidia la decadenza e il peccato, per dirla biblicamente) per iniziare ad afferrare la Scrittura in senso spirituale, ossia profondo. E, a quel livello, “non c'è più maschio né femmina ma tutti sono una sola cosa in Cristo” (Gal 3, 28), come dice san Paolo. Solo a livello spirituale si giunge dal molteplice all'unità. A livello psichico si finirà per frantumare l'unità e polverizzare i pochi frammenti rimasti.

Il rapporto "psichico"-spirituale è molto simile al rapporto "carne"-spirito in san Paolo poiché l'apostolo sapeva assai bene che il Cristianesimo era fatto per accendere ed espandere la prospettiva pneumatica, non per chiudere l'uomo nella priogione del suo psichismo.

Come si vede, anche nell'esempio dell'approccio alla Scrittura c'è l'equivoco di fondo con il quale si scambia lo psicologico con lo spirituale o, detto altrimenti, c'è il solito orientamento antropocentrico che affligge la religiosità occidentale. Questa religiosità per molti versi è come se fosse una mosca presa nella tela di un ragno dalla quale non riesce più a divincolarsi.

Questa visione antropocentrica, anche se ora appare in modo fin troppo evidente e sfacciato, non nasce nei nostri giorni ma ha tutta una sua lunga "tradizione" che ha rappresentato un piano inclinato sul quale, inesorabilmente, si è scivolati fino alle posizioni attuali...















Traditio Liturgica  11 aprile 2015



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