Dal quotidiano "La Croce", l'invito alla CEI e ai Vescovi alla mobilitazione dei cristiani contro l'approvazione del pacchetto di leggi (matrimoni gay, uteri in affitto, gender nelle scuole, eutanasia) all'esame del Parlamento.
Al presidente della Cei, cardinale Bagnasco
Ai vescovi italiani
La ormai prossima Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, che si aprirà il 18 maggio ai cui lavori parteciperà anche Papa Francesco, cade in una fase storica decisiva per le sorti della società italiana. Con molta umiltà ci rivolgiamo ai vescovi del nostro paese perché questo giornale quotidianamente prova ad avvertire del pericolo incombente e chiede una mobilitazione delle coscienze e non solo, primi fra tutti dei cattolici italiani, affinché la devastazione non abbia luogo.
Come molti ma non tutti sanno, è in atto un’offensiva sul piano normativo nel Parlamento italiano, con un pacchetto di leggi che sono state presentate e alcune delle quali hanno già affrontato importanti voti in aula e in commissione. Prese singolarmente queste leggi sono pericolose in sé, lette nel loro insieme rappresentano la testimonianza di una visione antropologica che cerca di affermarsi per via normativa a punta a trasformare le persone in cose, frantumando l’istituto familiare, isolando l’individuo, esaltando la cultura dello scarto e rendendo i più deboli, a partire dai bambini e dalle donne, oggetti di compravendita.
Il pacchetto normativo è composto da cinque disegni di legge: divorzio breve, ddl Scalfarotto “antiomofobia”, ddl Cirinnà su unioni gay equiparate al matrimonio e legittimazione finanche dell’utero in affitto, ddl Fedeli sull’ideologia gender obbligatoria nelle scuole, ddl di iniziativa popolare dei radicali italiani sull’eutanasia. Alcune di queste norme sono state già votate da un’aula del Parlamento, altre hanno superato i primi scogli in commissioni, altre ancora sono a un passo dall’approvazione definitiva.
Cari vescovi italiani, le prese di posizione timide a ogni passaggio parlamentare da parte della Cei hanno lasciato intendere che la Chiesa di fatto non volesse impegnarsi in un richiamo esplicito su questi argomenti, producendo due effetti deleteri: l’azione parlamentare di chi si oppone a questi provvedimenti è rimasta isolata ed è apparsa sostanzialmente di facciata; sul fronte della comunicazione anche i programmi tradizionalmente più accorti del servizio pubblico radiotelevisivo hanno “fiutato l’aria” e si sono accodati ad una sorta di pensiero unico che domina ormai tutta la comunicazione mainstream. Persino al festival di Sanremo, tradizionale show di Raiuno appuntamento annuale delle famiglie italiane pagato dai soldi delle famiglie italiane, l’evento dell’anno è stato l’invito ad una icona della ideologia gender, del tutto priva di connotati artistici di rilievo. Persino il prudentissimo Bruno Vespa, a seguito del primo passaggio in commissione al Senato a favore del ddl Cirinnà, costruiva una trasmissione totalmente sbilanciata a favore di chi ritiene l’unione omosessuale equiparabile al matrimonio. Per non parlare di qualsiasi trasmissione di intrattenimento, del servizio pubblico come dei concorrenti privati. Sulla stampa quotidiana e periodica, stessa situazione. Con il risultato che quando Papa Francesco parla di gender e famiglia, quando invita gli intellettuali a “non disertare”, i media semplicemente lo silenziano.
Dal 7 maggio, data ultima di accettazione degli emendamenti al ddl Cirinnà, andrà in votazione una normativa che prevede l’equiparazione dell’unione gay al matrimonio e legittima il ricorso all’utero in affitto, una pratica barbara che punta sulla condizione di bisogno della donna e rende il bambino mero oggetto di compravendita. Per legge si proverà a trasformare il falso in vero, si legittimerà l’idea che i figli non nascono da una madre, non hanno bisogno di una madre, nascono da due papà. Uno dei senatori che in commissione Giustizia vota a favore di questo ddl e lo sostiene ha già svolto una pratica di utero in affitto all’estero, ha già acquistato lì il suo bambino con cui non ha alcun legame biologico, strappandolo al seno della madre in cambio di denaro. La nuova legge gli permetterà di dichiararlo figlio proprio all’anagrafe italiana attraverso l’istituto che viene chiamato della “stepchild adoption”. Lo si chiama in lingua inglese affinché nessuno capisca. Il ddl Cirinnà è costruito così, per trasformare il falso in vero, per ingannare.
Il nostro appello ai vescovi italiani è per una mobilitazione della Chiesa italiana, una mobilitazione reale parrocchia per parrocchia, affinché questo inganno ai danni del popolo italiano non sia perpetrato. Le persone non sono cose, i figli non si pagano, gli uteri non si affittano. Le persone, a partire dai più deboli, dai bambini e dalle donne, si amano e si rispettano. Come si rispetta la verità delle cose. La politica non inganni il popolo.
I vescovi italiani avvertano l’urgenza della sfida e portino in piazza con coraggio credenti e non credenti, in nome della verità e della difesa dei soggetti più deboli, contro i falsi miti di progresso. Quando si andò in piazza per fermare i “Dico”, con efficacia, si fermò una legge certamente sbagliata, ma infinitamente meno grave di quelle che sono in via di discussione e approvazione oggi in Parlamento. Il ddl Cirinnà è di fatto il matrimonio omosessuale, con in più la legittimazione dell’utero in affitto. Le parole sempre più nette del Papa sull’ideologia gender, ripetute con chiarezza dai vescovi italiani, ci impongono di essere conseguenti: il ddl Cirinnà è il coronamento dell’ideologia gender, è la motivazione per la quale viene propagandata l’ideologia gender. Si vuole annullare la differenza tra maschile e femminile, per affermare la liceità dell’omogenitorialità e del matrimonio omosessuale. Una volta che quei comportamenti saranno leciti, l’ideologia gender avrà trionfato: come la si potrà fermare nelle scuole, se la legge certifica che ciò che è falso è vero, cioè che i bambini possono essere figli di due papà e di due mamme?
L’approvazione del ddl Cirinnà in prima lettura al Senato, quella decisiva perché i numeri alla Camera per i proponenti sono molto più agevoli, è prevista entro l’estate. La mobilitazione di piazza e la chiamata dei vescovi italiani è urgente. Il Paese ne ha bisogno ora. Senza timidezze e ambiguità, con la chiarezza che nei momenti straordinari è necessaria.
"La Croce"18/04/2015
La ormai prossima Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, che si aprirà il 18 maggio ai cui lavori parteciperà anche Papa Francesco, cade in una fase storica decisiva per le sorti della società italiana. Con molta umiltà ci rivolgiamo ai vescovi del nostro paese perché questo giornale quotidianamente prova ad avvertire del pericolo incombente e chiede una mobilitazione delle coscienze e non solo, primi fra tutti dei cattolici italiani, affinché la devastazione non abbia luogo.
Come molti ma non tutti sanno, è in atto un’offensiva sul piano normativo nel Parlamento italiano, con un pacchetto di leggi che sono state presentate e alcune delle quali hanno già affrontato importanti voti in aula e in commissione. Prese singolarmente queste leggi sono pericolose in sé, lette nel loro insieme rappresentano la testimonianza di una visione antropologica che cerca di affermarsi per via normativa a punta a trasformare le persone in cose, frantumando l’istituto familiare, isolando l’individuo, esaltando la cultura dello scarto e rendendo i più deboli, a partire dai bambini e dalle donne, oggetti di compravendita.
Il pacchetto normativo è composto da cinque disegni di legge: divorzio breve, ddl Scalfarotto “antiomofobia”, ddl Cirinnà su unioni gay equiparate al matrimonio e legittimazione finanche dell’utero in affitto, ddl Fedeli sull’ideologia gender obbligatoria nelle scuole, ddl di iniziativa popolare dei radicali italiani sull’eutanasia. Alcune di queste norme sono state già votate da un’aula del Parlamento, altre hanno superato i primi scogli in commissioni, altre ancora sono a un passo dall’approvazione definitiva.
Cari vescovi italiani, le prese di posizione timide a ogni passaggio parlamentare da parte della Cei hanno lasciato intendere che la Chiesa di fatto non volesse impegnarsi in un richiamo esplicito su questi argomenti, producendo due effetti deleteri: l’azione parlamentare di chi si oppone a questi provvedimenti è rimasta isolata ed è apparsa sostanzialmente di facciata; sul fronte della comunicazione anche i programmi tradizionalmente più accorti del servizio pubblico radiotelevisivo hanno “fiutato l’aria” e si sono accodati ad una sorta di pensiero unico che domina ormai tutta la comunicazione mainstream. Persino al festival di Sanremo, tradizionale show di Raiuno appuntamento annuale delle famiglie italiane pagato dai soldi delle famiglie italiane, l’evento dell’anno è stato l’invito ad una icona della ideologia gender, del tutto priva di connotati artistici di rilievo. Persino il prudentissimo Bruno Vespa, a seguito del primo passaggio in commissione al Senato a favore del ddl Cirinnà, costruiva una trasmissione totalmente sbilanciata a favore di chi ritiene l’unione omosessuale equiparabile al matrimonio. Per non parlare di qualsiasi trasmissione di intrattenimento, del servizio pubblico come dei concorrenti privati. Sulla stampa quotidiana e periodica, stessa situazione. Con il risultato che quando Papa Francesco parla di gender e famiglia, quando invita gli intellettuali a “non disertare”, i media semplicemente lo silenziano.
Dal 7 maggio, data ultima di accettazione degli emendamenti al ddl Cirinnà, andrà in votazione una normativa che prevede l’equiparazione dell’unione gay al matrimonio e legittima il ricorso all’utero in affitto, una pratica barbara che punta sulla condizione di bisogno della donna e rende il bambino mero oggetto di compravendita. Per legge si proverà a trasformare il falso in vero, si legittimerà l’idea che i figli non nascono da una madre, non hanno bisogno di una madre, nascono da due papà. Uno dei senatori che in commissione Giustizia vota a favore di questo ddl e lo sostiene ha già svolto una pratica di utero in affitto all’estero, ha già acquistato lì il suo bambino con cui non ha alcun legame biologico, strappandolo al seno della madre in cambio di denaro. La nuova legge gli permetterà di dichiararlo figlio proprio all’anagrafe italiana attraverso l’istituto che viene chiamato della “stepchild adoption”. Lo si chiama in lingua inglese affinché nessuno capisca. Il ddl Cirinnà è costruito così, per trasformare il falso in vero, per ingannare.
Il nostro appello ai vescovi italiani è per una mobilitazione della Chiesa italiana, una mobilitazione reale parrocchia per parrocchia, affinché questo inganno ai danni del popolo italiano non sia perpetrato. Le persone non sono cose, i figli non si pagano, gli uteri non si affittano. Le persone, a partire dai più deboli, dai bambini e dalle donne, si amano e si rispettano. Come si rispetta la verità delle cose. La politica non inganni il popolo.
I vescovi italiani avvertano l’urgenza della sfida e portino in piazza con coraggio credenti e non credenti, in nome della verità e della difesa dei soggetti più deboli, contro i falsi miti di progresso. Quando si andò in piazza per fermare i “Dico”, con efficacia, si fermò una legge certamente sbagliata, ma infinitamente meno grave di quelle che sono in via di discussione e approvazione oggi in Parlamento. Il ddl Cirinnà è di fatto il matrimonio omosessuale, con in più la legittimazione dell’utero in affitto. Le parole sempre più nette del Papa sull’ideologia gender, ripetute con chiarezza dai vescovi italiani, ci impongono di essere conseguenti: il ddl Cirinnà è il coronamento dell’ideologia gender, è la motivazione per la quale viene propagandata l’ideologia gender. Si vuole annullare la differenza tra maschile e femminile, per affermare la liceità dell’omogenitorialità e del matrimonio omosessuale. Una volta che quei comportamenti saranno leciti, l’ideologia gender avrà trionfato: come la si potrà fermare nelle scuole, se la legge certifica che ciò che è falso è vero, cioè che i bambini possono essere figli di due papà e di due mamme?
L’approvazione del ddl Cirinnà in prima lettura al Senato, quella decisiva perché i numeri alla Camera per i proponenti sono molto più agevoli, è prevista entro l’estate. La mobilitazione di piazza e la chiamata dei vescovi italiani è urgente. Il Paese ne ha bisogno ora. Senza timidezze e ambiguità, con la chiarezza che nei momenti straordinari è necessaria.
"La Croce"18/04/2015
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