mercoledì 22 aprile 2015

Martin Lutero e la crisi della ragione






di Ermanno Pavesi

Quando si parla di Martin Lutero (1483-1546) si pensa soprattutto alla Riforma protestante, cioè al movimento religioso che ha portato alla separazione di una parte consistente della Cristianità dalla Chiesa di Roma e alla costituzione della confessione protestante. Alla Riforma viene attribuito un ruolo importante nella formazione della civiltà moderna, indipendentemente dal giudizio che si può dare della modernità, ma è difficile immaginarsi come controversie su indulgenze, papato e inferno, che normalmente vengono indicate come cause della Riforma, per quanto importanti per la fede, abbiano potuto avere tali ripercussioni e modificare il corso della civiltà europea, questioni che Lutero stesso considera peraltro come “sciocchezze”.

Secondo il Riformatore il peccato originale avrebbe compromesso totalmente le capacità naturali dell’uomo, come la ragione e la volontà, rendendo illusorio il libero arbitrio: la ragione sarebbe […] cieca, sorda, stolta, empia e sacrilega di fronte a tutte le parole e le opere di Dio” [1]  ed è descritta addirittura come “la più grande prostituta al servizio del diavolo” [2]. La volontà, poi, sarebbe tutt’altro che libera: […] è chiaro che tutta la volontà naturale è iniqua e malvagia” [3] e “Ragione e volontà lottano contro Dio, e sono cavalcate e guidate dal diavolo” [4]. L’uomo sarebbe quindi dominato da istinti e passioni, soprattutto dalla concupiscenza.

Queste tesi provocarono molte reazioni e il più noto umanista contemporaneo del Nord Europa, Erasmo da Rotterdam (1466/9-1536), pur riconoscendo la validità di alcuni argomenti di Lutero, ha scritto un saggio a difesa del libero arbitrio [5]. Lutero ha confutato le tesi di Erasmo con una voluminosa opera, il De servo arbitrio, ma alla fine del libro gli riconosce il merito „di avere, solo fra tutti, affrontato la vera questione, il punto cruciale cioè, senza importunarmi con altri problemi fuori luogo, come il papato, il purgatorio, le indulgenze e cose simili – sciocchezze più che vere questioni – con cui finora quasi tutti mi hanno dato invano la caccia, Tu, e soltanto tu, hai visto il cardine dei vari problemi e hai affrontato la questione cruciale” [6].

Per esemplificare la tesi che la volontà umana non sarebbe libera ma schiava, Lutero si serve di una metafora: „La volontà umana è stata pertanto posta nel mezzo, come una bestia da soma. Se la cavalca Dio, vuole e va dove Dio vuole, come dice il libro dei salmi. ‘Io ero verso di te come una bestia. Ma pure io resto del continuo con te’ [Salmo 73,72 segg.]. Se invece la cavalca Satana, vuole e va dove Satana vuole. E non è nella sua facoltà scegliere o cercarsi uno dei due cavalieri, bensì sono i cavalieri a combattersi l’un l’altro per ottenerla e possederla” [7].

Dominato dalla concupiscenza, di per sé l’uomo perseguirebbe solo il soddisfacimento dei propri istinti e dei propri interessi, e, neanche volendo, potrebbe conoscere ciò che è bene e cercare di perseguirlo. Anzi, chi cerca di vivere virtuosamente sarebbe solo presuntuoso e arrogante, per questo “le più nobili virtù tra i pagani, quanto c’è di meglio tra i filosofi e quanto di più elevato tra gli uomini può certamente essere chiamato e apparire onesto e buono al cospetto del mondo, ma al cospetto di Dio è in realtà carne e schiavo del regno di Satana, vale a dire empio, sacrilego e a tutti gli effetti malvagio” [8].

Il papa emerito Benedetto XVI ha identificato una delle cause della crisi della civiltà europea nel processo di deellenizzazione che ha rotto la sintesi di fede e ragione operata dal cristianesimo, l’incontro tra tradizione biblica e pensiero greco, che, “anche con il patrimonio di Roma, ha creato l’Europa e rimane il fondamento di ciò che con ragione, si può chiamare Europa” [9].  Benedetto XVI descrive alcune fasi del processo di deellenizzazione che “emerge dapprima in connessione con i postulati della Riforma del XVI secolo” [10]. Alla ragione viene negata la capacità di conoscere gli aspetti più profondi della realtà e delle cose, e viene ridotta a mero strumento per esaminarne gli aspetti funzionali e per dominarla.

Fin dagli inizi il cristianesimo aveva combattuto concezioni astrologiche che avevano un ruolo dominante nelle religioni antiche, secondo le quali il destino dell’uomo è ”scritto nelle stelle”. Per il cristianesimo, invece, l’uomo è persona, dotato di ragione e di volontà, anche se indebolite dal peccato originale, e quindi responsabile dei propri pensieri e delle proprie azioni, e non uno strumento totalmente in balìa di forze esterne. Anche l’antropologia cristiana riconosce che l’uomo è soggetto a influenze delle quali talvolta non si rende pienamente conto, ma a parte situazioni estreme, come nel caso di gravi malattie psichiche, è sempre responsabile delle sue azioni. La visione di Lutero, invece, è radicale: l’uomo è guidato da forze indipendenti dalla sua volontà.

L’antropologia di Lutero ha influenzato considerevolmente importanti filosofi, da I. Kant (1724- 1804) a G.W.F. Hegel (1770-1831), e quindi la cultura moderna. Eliminata la dimensione personale dell’uomo, la cultura moderna ha cercato di ridefinirlo cercando di individuare le forze che lo determinerebbero. Il filosofo tedesco Romano Guardini (1885-1968) scriveva: “L’uomo quale è concepito dai tempi moderni non esiste. I rinnovati tentativi di richiuderlo in categorie alle quali egli non appartiene: meccaniche, biologiche, psicologiche, sociologiche, sono tutte variazioni della volontà fondamentale di fare di lui un essere che sia ‚natura‘” [11]. Lutero pone i presupposti per il riduzionismo di molte antropologie moderne: l’uomo totalmente schiavo della concupiscenza diventa, per esempio, l’uomo della psicoanalisi dominato dalla libido, che dall’inconscio ne condiziona l’attività cosciente.

Se la ragione non è in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è ingiusto, cade anche la concezione di diritto naturale. Come Benedetto XVI ha ricordato nel suo discorso al parlamento tedesco: “Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto” [12]. Nella concezione moderna il diritto positivo non può più ispirarsi al diritto naturale e a principi immutabili, ma viene lasciato all’arbitrio di uno o di molti, a seconda della forma di governo.

La svalutazione delle capacità della ragione porta anche al relativismo: non sarebbe possibile con l’uso di ragione avvicinarsi alla verità delle cose, ogni giudizio personale rimarrebbe solo a livello di mera opinione, né dimostrabile né confutabile.

Probabilmente non è casuale che Benedetto XVI durante le visite nella sua patria, ma anche nella patria della Riforma, abbia richiamato la questione del rapporto tra fede e ragione in due importanti discorsi, e quindi dei “postulati della Riforma”, consapevole che solo il risanamento della rottura del XVI secolo può consentire all’Europa di ritrovare la propria anima più autentica: “La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei Greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa” [13].


* Segretario generale della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici



[1] M. Lutero, Il servo arbitrio, cit., p. 268.
[2]  La ragione "ist die höchste Hur, die der Teufel hat". (WA 51, 126)
[3] Berthold Wald, Person und Handlung bei Martin Luther, Gustav-Siewerth-Akademie, Wilheim Bierbronnen 1993, p. 37, la citazione è tratta dalla tesi 89 della Disputatio contra scolasticam theologiam  del 1517.
[4] Theobald Beer, Der fröhliche Wechsel und Streit. Grundzüge der Theologie Martin Luthers, Johannes Verlag, Einsiedeln 1980, p. 252 e si riferisce a Lutero, Weimarer Ausgabe, vol. 40, I, 294, 6-9.  
[5] Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero, Libero arbitrio. Servo arbitrio (passi scelti), 4° ed. Claudiana, Torino 2009.
[6] Ibid., p. 416.
[7] M. Lutero: Il servo arbitrio, cit., p. 125.
[8] Ibid., p. 333.
[9] Benedetto XVI, Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni. Incontro con i rappresentanti della scienza, Aula Magna dell’Università di Regensburg,  Martedì, 12 settembre 2006.
[10] Ibid.
[11] Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, trad. it., in Idem, La fine dell’epoca moderna. Il potere, Morcelliana, Brescia 2007, pp. 7-109 (p. 80).
[12] Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al Reichstag di Berlino, 22.9.2011.
[13] Ibid.







www.vanthuanobservatory.org,  17-04-2015


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