giovedì 23 aprile 2015

GENDER A LUCCA. Lettera aperta a monsignor Italo Castellani





Eminenza,

chi Le scrive è una fedele della parrocchia di Quiesa che recentemente Le ha inviato, per conoscenza, un suo scritto indirizzato al Sindaco di Lucca riguardo al riconoscimento da parte delle autorità civili delle unioni di fatto anche omosessuali.

Nella Sua cortese risposta a tale scritto Lei mi segnalava che in Vescovato si sarebbe tenuto un ciclo di incontri sulla teoria “gender”. Trattandosi di un tema di grande interesse, ho volentieri partecipato assieme a mio marito alla prima serata in programma il 17 aprile dal titolo Maschile e femminile in psicologia ed in neuroscienza.

I relatori invitati, i professori Pietro Petrini e Patrizia Mascari, sono sicuramente persone qualificate e accreditate e dalla Sua introduzione ho appreso che il ciclo è il frutto di un complesso lavoro da parte di un team da Lei diretto, che si è con passione dedicato allo studio ed alla organizzazione del corso per un intero anno.

Pur prendendo atto del meritevole ed encomiabile lavoro intellettuale e dello sforzo organizzativo  profuso dal team mi corre in coscienza  l’obbligo di esprimerLe una certa preoccupazione per le affermazioni e conclusioni tratte dai relatori in tale occasione.

Credo di aver capito, ma mi corregga subito nell’ipotesi contraria, che entrambi i relatori (sicuramente il docente Petrini) condividano quanto stabilito dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2000 e cioè che l’omosessualità debba essere qualificata come un “orientamento sessuale" naturale. Ancora: l’omosessualità non debba essere più qualificata come un “disturbo della sessualità”, bensì essere equiparata sotto il profilo comportamentale alla stessa eterosessualità:  entrambe infatti sarebbero comportamenti sessuali naturali  e pertanto  andrebbero accettate come “normali.”

Orbene, se questa è l’impostazione concettuale è inevitabile che ci sia un capovolgimento etico e giuridico dei quadri valoriali ad oggi esistenti. Se, infatti, si parte dell’assunto che la tendenza omosessuale è naturale al pari di quella eterosessuale, allora anche i comportamenti tra omosessuali debbono essere riconosciuti  naturali e degni di approvazione. Come si  riconoscono e si approvano le relazioni affettive tra uomo e donna e si riconosce dignità e tutela alla coppia eterosessuale, lo stesso deve valere giuridicamente per le  relazioni affettive tra omosessuali e per le  “c.d. coppie omosessuali”; come è naturale il desiderio di affettività che si apre alla vita nella coppia eterosessuale, così deve essere reputata naturale  la stessa capacità di amarsi e di amare anche nell’ambito della coppia omosessuale, alla quale non potrà, pertanto, negarsi il diritto ad avere dei figli.

E’ di tutta evidenza che il quadro sopra delineato è quello che abbiamo quotidianamente davanti ai nostri occhi e che si traduce nell’attacco più insidioso all’opera di Dio:la famiglia. Invero, l’errore in cui si cade e che determina l’attuale deriva etica è l’aver cancellato dall’orizzonte di riferimento dell’agire umano, la legge naturale.

A mio modesto avviso anche gli esimi relatori sono probabilmente incorsi in questo fraintendimento, altrimenti non sarebbe possibile sostenere l’equiparazione tra omosessualità ed eterosessualità, nonché la loro  riduzione a “meri orientamenti” naturali.

Invero, se si ha come riferimento la legge naturale la sessualità risulta ordinata alla procreazione, alla vita ed in questo trova il suo scopo, la sua ragion d’essere (al riguardo è interessante la lettura della pubblicazione Il diavolo di padre Raffaele Talmelli, esorcista diocesano e medico psichiatra, scritta con l’ausilio del giornalista Luciano Regolo ed. Mondadori 2014). Se, per scelta (e non per cause fisiche: menopausa, periodo infertile del ciclo femminile) l’attività sessuale di una persona non è orientata anche alla relazione procreativa, allora tale sessualità  risulta “disordinata”, in distonia con le leggi che governano il creato.

Ecco, quindi, che se si ragiona secondo l’ordine naturale delle cose tutto si ricompone in un ottica di Verità. La relazione eterosessuale, avendo per natura lo scopo della generazione, è “secondo natura”; al contrario, la relazione omosessuale, avendo il sesso non orientato allo scopo procreativo, risulta  ontologicamente disordinata e quindi “contro natura”.

Alla luce di questa impostazione il modello sociale di riferimento morale e giuridico - tenuto conto in quest’ultimo caso che il  legislatore si interessa della famiglia per garantire la sopravvivenza e la continuità della stessa comunità civile - non può che essere quello della relazione tra uomo e donna e non invece quello della relazione omosessuale.

Qualsiasi riconoscimento giuridico delle  unioni tra omosessuali determina inevitabilmente l’elevazione di tali comportamenti a modelli di riferimento per tutta la società civile. Tali riconoscimenti ingenerano una grave confusione nella società civile e determinano l’affievolimento della coscienza morale, l’incapacità a percepire l’innaturalità delle condotte omosessuali e  il loro intrinseco disvalore. In questo quadro di relazioni la società umana ne esce malata, chiusa in un individualismo narcisista e mortifero.

A fronte di questo ragionamento, condotto sotto un  profilo eminentemente laico, esiste poi il ragionamento illuminato dalla fede che si traduce nella dottrina cattolica. Il catechismo e la Sacra Scrittura sul punto sono chiarissimi: la tendenza omosessuale non è peccato, ma l’attività genitale omosessuale è moralmente inaccettabile. Le relazioni sessuali sono il segno della volontà di Dio  che con un atto di amore vuole la collaborazione nel creare una nuova vita umana  e questo è possibile solo nelle relazioni coniugali eterosessuali. Al riguardo la Chiesa per volontà di Dio è tenuta a mostrare la verità sull’uomo, a indicare la  retta via a tutti gli uomini di buona volontà,  affinché gli uomini scoprano la Verità che li renderà davvero liberi.

Sto invece prendendo atto che tanti credenti sul tema della omosessualità sono  confusi, hanno una visione distorta e personalizzata della  stessa   dottrina della Chiesa. Mi pare, altresì, che tale confusione venga alimentata anche dal fatto che alcuni prelati sembrano a disagio nel  richiamare alla verità del magistero i loro fedeli, forse  per non alienarsi le simpatie e la collaborazione e per non turbare l’ambiente parrocchiale. In questo modo però si rinuncia alla difesa della Verità e si diventa inevitabilmente complici della  confusione morale che attualmente dilaga.

Eminenza, mi rivolgo a Lei  perché è la nostra guida morale e spirituale per eccellenza. Se quanto ho scritto sul pensiero dei relatori dovesse corrisponde a  verità ed essere quindi da Lei condiviso, La esorto umilmente a valutare e vigilare con il team da Lei guidato sulla corrispondenza dei contenuti delle relazioni rispetto ai contenuti della dottrina cattolica affinché non si corra il pericolo di dover ascoltare interventi in distonia con il magistero della Chiesa e con quanto afferma il Santo Padre.

Da ultimo, ma non perché sia di minor importanza, Le vorrei anche metter in evidenza che non mi ha del tutto convinto l’equazione con cui il professor Pietrini ha introdotto la sua relazione. Nella sua prima “slide” il docente ha infatti assimilato la situazione in cui si trova l’omosessuale, all’aver una persona i capelli rossi o ad essere mancina. Il professore ha affermato che tali situazioni sono state da sempre stigmatizzate dalla cultura cattolica perché, essendo situazioni “diverse”, tale diversità andava associata al maligno.

Orbene, mi pare di ricordare che a tale proposito il relatore abbia altresì affermato che l’elemento che accomuna queste situazioni è la loro diversità rispetto ad una “condizione generale”: l’avere i capelli rossi rispetto ad un mondo dotato di capelli scuri o biondi; l’essere mancino rispetto ad un mondo prevalentemente di destrorsi; l’essere omosessuale rispetto all’essere eterosessuali proprio della maggioranza della persone. Il docente ha quindi affermato che tali diversità in quanto tali sono state valutate in senso negativo e che al contrario sono situazioni naturali, quindi, sul piano della dignità valoriale, equivalenti a quelle “non diverse/normali”.

Temo che detta impostazione, pur accattivante e ad effetto, sia intrinsecamente viziata da un errore di metodo. Vengono, infatti, poste sullo stesso piano situazioni tra di loro ontologicamente diverse: i capelli rossi, l’essere mancino sono situazioni secondo natura cioè pienamente ordinate secondo la  legge naturale: lo scopo, la funzione cui sono  preordinati il capello e la mano è pienamente raggiunto. Al contrario nell’omosessuale, la funzione (generare) a cui è preordinato l’organo genitale, è assente, è frustrata.

Se il postulato è errato (perché si trattano allo stesso modo situazioni diverse) ne discende che ne risulterà viziata anche la conclusione. Ed infatti, date quelle premesse logiche, il ragionamento conclusivo del docente è stato il seguente: la società è tenuta a prendere coscienza che esistono situazioni “diverse” (i capelli rossi, il mancino e l’omosessuale) ma esse stesse sono  naturali e pertanto devono essere accettate ed equiparate a quelle “normali”.

Eminenza, qui mi fermo,  quanto Le ho scritto vuole esser un modesto contributo alla riflessione che si sta svolgendo in questi giorni in tutta Italia. Spero di non averLa intrattenuta in ragionamenti peregrini. Lei mi ha ricordato nella sua lettera che nella Chiesa ogni fedele ha la responsabilità ben precisa di essere testimone del Vangelo e della Verità: spero di poter esser all’altezza di questo compito.

Con rinnovata stima e con un deferente arrivederci al prossimo appuntamento.




La nuova Bussola Quotidiana   23-04-2015 

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