Secondo gli ultimi dati resi noti dalla Conferenza episcopale statunitense (raccolti dal Center for Applied Research in the Apostolate della Georgetown University), nel 2015 saranno quasi 600, per la precisione 595, le ordinazioni sacerdotali nel Paese. L’anno scorso erano state 477. Si tratta di un aumento di circa il 25% in un solo anno. E’ uno dei più robusti segnali di ripresa vocazionale dopo una crisi pluridecennale iniziata poco dopo la chiusura del Concilio, in concomitanza con l'esplosione del 68. Qualche numero: le ordinazioni erano state 994 nel 1965, 771 nel 1975, 533 nel 1985, 511 nel 1995 e 454 in 2005.
Che la caduta si fosse arrestata era chiaro già da alcuni anni, ora, appunto, sembra manifestarsi una chiara e vibrante inversione di tendenza.
L’età media degli ordinandi resta alta, anche se non altissima, 34 anni. Un quarto di loro è nato fuori dagli Usa, in Paesi come Nigeria, Polonia, Vietnam, Colombia, Messico e Filippine.
Per la maggioranza si tratta di cattolici di nascita, il 7% sono convertiti. L’84% ha dichiarato di avere genitori entrambi cattolici.
Un dato significativo è che il 70%, prima di entrare in Seminario era solito pregare il Rosario o partecipare all’adorazione eucaristica.
Per interpretare correttamente questi dati serviranno tempo e analisi adeguate. Certamente si può notare come gli ordinandi del 2015 sono entrati in Seminario mediamente sei anni fa, nel pieno del pontificato di Benedetto XVI. A Joseph Ratzinger si deve anche un’azione incisiva nel ricambio della classe episcopale statunitense – iniziata già sotto Giovanni Paolo II – con l’ausilio, non è un mistero, di consulenti come il cardinale Raymond Leo Burke, nel suo ruolo ricoperto in anni cruciali all’interno della Congregazione per i vescovi.
Oggi la Conferenza episcopale degli Stati Uniti è tra quelle che portano più limpidamente – nelle prese di posizione pubbliche, nelle scelte pastorali, nella difesa del Magistero, nello slancio missionario – l’impronta wojtyliana e ratzingeriana insieme. E questo ha permesso, tra l’altro, di superare una crisi che ad alcuni sembrava quasi fatale, ovvero quella legata agli innumerevoli scandali per abusi sessuali commessi da esponenti dal clero, che hanno messo in ginocchio tantissime diocesi e hanno dato il via a una campagna di discredito senza precedenti del sacerdozio cattolico.
da The Catholic Herald (in inglese)
IL TIMONE 11 aprile 2015
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