sabato 7 marzo 2015

Una donna di nome Chiara, che per amore arrivò a dare la vita





di Costanza Signorelli

Quale omaggio migliore alle donne, alla vigilia della giornata che ne celebra la festività, quale dono più gradito, che la testimonianza della vita meravigliosa di Chiara Corbella Petrillo. La sua immagine travolgente, già dipinta in modo magistrale nel libro Siamo nati e non moriremo mai più, ci raggiunge oggi attraverso un secondo scritto: Piccoli Passi Possibili (edizione Porziuncola). A farcene dono sono i suoi cari: il marito Enrico, papà Roberto e mamma Maria Anselma, la sorella Elisa, gli amici Cristiana e Simone, i medici Daniela e Angelo, Suor Stella. E poi il padre spirituale Fra Vito e l’amico Fra Francesco.

Sono loro i “testimoni”, sono loro che con generosità ci regalano i ricordi personali di Chiara, i momenti trascorsi con lei, le parole dette, gli sguardi scambiati, le risate fatte insieme, le sofferenze condivise. Tutto come a ricomporre quell’incredibile opera d’arte che è la sua vita, con l’umiltà di chi sa che solo Dio ne è l’Autore. I “testimoni” raccontano Chiara alle migliaia di persone che, in tutto il mondo, hanno sentito la sua storia e vogliono conoscerla di più. Vogliono trascorrere ancora un po’ di tempo con lei. Sentirla un’altra volta parlare.

Chi è dunque Chiara Corbella Petrillo? Chiara è una donna, una donna come noi. Ed è innanzitutto una donna-moglie. Una donna che quando il rapporto con il suo amato Enrico non girava proprio, quando -come dire- era ‘crisi nera’, ha fatto di questa dura prova la strada per arrivare alla radice profonda del suo rapporto d’amore. Come scrive Costanza Miriano nella prefazione: “Chiara, ti sei misurata con la paura di perdere Enrico, hai fatto i conti col tuo cuore, mentre lui faceva i conti con il suo, e avete entrambi capito che il vero rapporto centrale della nostra vita, quello che veramente ti cambia il cuore, ti fascia le ferite e ti cura, è il rapporto con il Signore”. Chiara è una donna che ci insegna che le difficoltà, piccole e grandi, non sono un buon motivo per scappare, ma un’ottima occasione per imparare ad amare veramente. Che consegnarsi completamente al Signore fa rifiorire l’amore, rendendolo totalizzante. Pochi mesi prima di morire, già malata terminale, Chiara dirà ad Enrico: “Sei tu la cosa che mi dispiace lasciare di più”. Suo marito, più di tutto e più di tutti, anche del figlio per la cui salvezza sarebbe poi morta.

Chiara è una donna-mamma. Chiara è una donna che dona il suo corpo per crescere e mettere al mondo una figlia che non può sopravvivere più di pochi minuti. Eppure lo sapeva Chiara, che Maria Grazia Letizia non ce l’avrebbe fatta a rimanere con loro. “Avevo visto – racconta lei stessa - attraverso l’ecografia, che la scatola cranica della nostra bambina non si era formata. Anche se lei si muoveva perfettamente, per lei non c’erano possibilità. Io non me la sentivo proprio di andare contro di lei, volevo sostenerla come potevo e non sostituirmi alla sua vita”. Maria Grazia Letizia rimane al mondo giusto il tempo di salutare i suoi cari e ricevere il battesimo. Questo giorno rimane per sempre nella memoria di Chiara come un giorno di festa perché “dove sta la tristezza di passare direttamente dalle nostre braccia a quelle del Signore?”. Poi succede una seconda volta, Chiara si dona una seconda volta, si abbandona una seconda volta. Perché dopo Maria Letizia arriva Davide Giovanni. Anche nel suo caso le condizioni di salute non lasciano via di scampo e il secondo figlio “nasce al Cielo” dopo circa trenta minuti dalla nascita.

Chiara è una donna che ci insegna che non esiste il diritto ad avere un figlio e nemmeno il diritto ad avere un figlio sano. Ma di più ancora. Chiara scrive nel suo diario: “Davide ha abbattuto il nostro diritto a desiderare un figlio che fosse per noi, perché lui era solo per Dio”. Davide, senza gambe e con diverse malformazioni viscerali, per Chiara è perfetto così, perché “è nato pronto per incontrare il Padre e Dio aveva bisogno di lui così”. Chiara è una donna che ci insegna che non esistono vite di serie A e vite di serie B, ma le vite che oggi il mondo scarta senza scrupoli perché “sbagliate” e “inutili”, sono proprio quelle vite ad essere veramente perfette agli occhi di Dio.

Chiara è una donna che ci insegna che amare è accogliere, che amare è donarsi. Una donna che ci mostra con la sua carne e con il suo sangue ciò che dice San Francesco d’Assisi “il contrario dell’amore non è l’odio, ma il possesso”. Una donna che per amore di suo figlio dona la sua stessa vita. E, infatti, durante la gravidanza di Francesco, il terzo figlio, quello sano, Chiara scopre di avere un tumore. Ma Chiara non vuole sentir ragioni, Francesco deve nascere. Rimanda le cure a dopo il parto, quando ormai sarà troppo tardi. E scrive: “Per la maggior parte dei medici Francesco è un feto di sette mesi e quella da salvare sono io. Ma io non ho alcuna intenzione di mettere a rischio la vita di Francesco per delle statistiche per nulla certe. (…) Mi sento come una leonessa che sta cercando di difendere il suo piccolo. Sento un’aggressività mai provata, come se fossi pronta a tutto per difenderlo ”.

Chiara è una donna-guerriero, una donna che con il suo sorriso luminoso, sino all’ultimo respiro, fa inorridire il tumore. Un carcinoma alla lingua particolarmente raro e aggressivo, che sottopone il suo corpo a sofferenze indicibili. Un tumore che, alla fine, vince il suo corpo, ma che non ha mai vinto il suo cuore. Racconta Padre Vito: “L’immagine della foto di Chiara con la benda sull’occhio e quella del crocifisso sono la stessa cosa. (…) Questa foto per noi è la più bella perché nonostante la metastasi all’occhio c’è un sorriso vero: ti dice che Dio è più grande di una metastasi all’occhio di una ragazza di 28 anni. Se anche ti capitasse la disgrazia più grande che tu temi, Dio è più grande di quella disgrazia (…)Perché Cristo è crocifisso ma vive!” Chiara è una donna che ha una metastasi all’occhio ma è felice!

Chiara è una donna che dopo aver perso due figli e aver scoperto la sua malattia incurabile scrive: “Quello che Dio vuole per noi è molto più bello di tutto ciò che potremmo chiedere noi con la nostra immaginazione”.

Chiara è una donna che ci insegna che il dolore è la croce. Che insieme alla croce il Signore dona la Grazia di poterla sopportare. E che dalla croce ad un certo punto si scende e finalmente ci si abbandona tra le braccia infinite dello Sposo. Come racconta Enrico: “ (…) noi avevamo un crocifisso con quella frase scritta sopra: “Collocazione provvisoria”. L’avevamo messo davanti all’armadio, di fronte al letto. Tutte le mattine lo guardavamo e ci ricordavamo che la croce dura da mezzogiorno alle tre del pomeriggio. Basta. Chiara era sulla croce però noi eravamo lì sotto e non era per niente facile. Però oggi Chiara è felice, la sua croce l’ha passata, le tre del pomeriggio si sono fatte… E noi siamo felicissimi che lei abbia fatto centro nella vita”.

Chiara è una donna che ci insegna che i Santi non sono delle immaginette da contemplare, ma sono uomini e donne da seguire. Da imitare. Ognuno nella realtà e nella quotidianità che ha da vivere. Per fare della propria vita un’opera d’arte. Proprio come ha fatto Chiara.




La nuova Bussola Quotidiana 07-03-2015


Nessun commento:

Posta un commento