giovedì 21 marzo 2013

Bisanzio a Roma. Niente di nuovo sotto il sole



greco



di Sandro Magister

Il canto del Vangelo in greco e secondo il rito bizantino, nella messa d’inizio del pontificato di Francesco, non è stata un’innovazione ma il prolungarsi di una tradizione consolidata nei secoli.
Se tale tradizione sarà rispettata, anche nella messa “in coena Domini” che papa Jorge Mario Bergoglio celebrerà il prossimo Giovedì Santo l’Epistola e il Vangelo saranno cantati in greco.
Piuttosto, ciò che può sorprendere è che nel corso del Novecento è accaduto per due volte che un papa presiedesse in Vaticano una messa celebrata integralmente secondo il rito bizantino.
La prima volta fu nel 1908, il 12 febbraio, nel quindicesimo centenario della morte di san Giovanni Crisostomo.

La liturgia fu celebrata dal patriarca greco melchita di Antiochia Cirillo VIII Geha, con il coro e i ministri del pontificio collegio greco di Roma. Pio X la presiedette in qualità di “capo supremo di tutti i riti”.
La seconda volta fu nel 1925, il 15 novembre, nel sedicesimo centenario del concilio ecumenico di Nicea.
La liturgia fu celebrata in San Pietro dal metropolita greco cattolico romeno Basilio Suciu, chiamato a sostituire il patriarca greco melchita di Antiochia Dimitrios Cadi, morto improvvisamente pochi giorni prima. Davanti all’altare della confessione furono collocati dei leggii con delle icone, a modo di iconostasi.
Pio XI, come già in precedenza Pio X, presiedeva da un trono-cattedra collocato a sinistra di chi guardava l’altare. Era rivestito con i propri paramenti, in capo aveva la tiara, e impartiva le benedizioni in lingua greca lungo la celebrazione della divina liturgia.

Si può leggere una descrizione dettagliata di questa presenza della liturgia bizantina nei riti papali, dalle origini a oggi, su “l’Osservatore Romano” del 20 marzo, a firma di padre Manuel Nin, benedettino di rito orientale, rettore del pontificio collegio greco di Roma.



Postato in General il 20 marzo, 2013

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