venerdì 3 febbraio 2012
S. Biagio e la benedizione della gola
di Carlo Lapucci
San Biagio fu vescovo di Sebaste, in Armenia, e martire nel IV secolo presumibilmente sotto l’imperatore Licinio (307-323) collega di Costantino. Nella sua città Sebaste, in quella che oggi è l’Anatolia, pare facesse il medico e quindi fu fatto vescovo. Rimane una figura misteriosa in quanto si trova per così dire in bilico tra la storia e la leggenda: la documentazione storica è labile, ma le testimonianze numerose; il leggendario invece è considerevole e bella la sua Passio, anche se tarda. Il suo culto è molto esteso in Oriente e anche in Occidente dove è documentato fino dai primi secoli: lo speco nel quale si ritirò San Benedetto nel V secolo era a Subiaco presso un luogo di preghiera dedicato a San Biagio. Moltissime sono le chiese dedicate a questo Santo: Roma ne aveva una trentina. In Toscana era particolarmente onorato a Pistoia, nella cui cattedrale si conservavano alcune reliquie del Santo e la sua festa veniva celebrata con solennità. A Montepulciano a San Biagio è dedicato il magnifico tempio, opera del San Gallo. Costruito sui ruderi d’una chiesa precedente si pensa che questa a sua volta sia sorta sopra i resti di un tempio pagano e questo insediamento di chiese dedicate a San Biagio sopra antichi luoghi di culto pagani è un dato frequente. Si può pensare quindi che per la sua popolarità il Santo sia stato uno di quelli preferiti dalla Chiesa per soppiantare culti pagani particolarmente pervicaci, forse il culto di Mitra e i mitrei.
Santo mite e misterioso
La data della sua festa, che forse fu il 2 di febbraio, scorse al giorno attuale 3 per cedere il posto alla festa della Purificazione di Maria. Nella commemorazione anticamente si è verificata poi una probabile sovrapposizione con il ricordo di un altro santo dello stesso nome: San Biagio di Cesarea, in Cappadocia, che faceva il guardiano di armenti (Blasius armentarius). Nel martirologio compare però solo Biagio di Sebaste, mentre non c’è quello di Cappadocia.
Non è da escludere che le due figure coincidano per il fatto che Biagio ebbe un culto molto vivo nel mondo della campagna e della pastorizia dove, sulla spinta di una leggenda, contese a Sant’Antonio il patrocinio degli animali e nulla di più facile che la figura si possa essere sdoppiata. Questo santo è comunque fortemente individuato e popolare come protettore degli animali ed è ancora conosciuto come protettore contro il mal di gola. Anche tale patrocinio è dovuto alla narrazione della sua Passio, nella quale si riferisce una prodigiosa guarigione di un bambino al quale si era confitta una spina di pesce nella gola.
Le candele e i pani
Rimane ancora nel giorno della sua festa l’uso della benedizione della gola, ovvero la benedizione di San Biagio contro le malattie di gola, inserita nel Rituale romano. Un tempo, specialmente in campagna, pochi vi avrebbero rinunciato perché si diceva che preservava nell’anno da tutte le malattie della gola. Dopo la messa il 3 febbraio il sacerdote in piedi sul presbiterio pone due candele incrociate sotto il meno a contatto della gola a ciascuno dei fedeli che, uno alla volta, passano davanti a lui e s’inginocchiano. A ognuno impartisce la benedizione con le parole: «Per intercessione di San Biagio, Vescovo e Martire, Dio ti liberi dal male della gola e da ogni altro male. Nel nome del Padre, del figlio e dello Spirito Santo. Così sia». In taluni luoghi le candele vengono baciate o si usano altre forme rituali.
La benedizione avviene in alcuni luoghi usando due candele benedette nel giorno precedente, festa della Candelora, mentre comunemente quelle usate per la benedizione della gola vengono benedette il giorno stesso con un formulario speciale del Rituale: Benedizione delle candele nella festa di San Biagio Vescovo e Martire. Come spesso succede questa usanza può apparire ai nostri occhi un po’ singolare, ma nasconde una terribile realtà. Ricordo che da piccoli nonne e zie ci portavano tutti, i renitenti a scapaccioni, a prendere questa benedizione. Con la neve e il ghiaccio ci si doveva alzare presto, ma la risposta era sempre la stessa: che tutti i bambini dovevano essere benedetti per San Biagio. Forse anche gli adulti non sapevano ormai perché, ma era rimasto, conscio o inconscio, il ricordo di una malattia della gola, spesso mortale, che prendeva soprattutto i bambini: la difterite, il krup, nelle varie forme. Fino ai primi dell’Ottocento fu confusa con altre malattie della gola. Era detta con un termine generico, ora obsoleto, squinzania, che indicava diverse affezioni morbose della gola: dalla semplice infiammazione della faringe a quella che veniva chiamata soffocazione, anche velo perché la gola cominciava a velarsi, e placche, perché sul palato si formavano placche le quali, moltiplicandosi, portavano all’impossibilità di respirare. Quando si presentava il mal di gola in un bambino, cosa assai frequente in inverno (intorno alla festa del Santo), la famiglia tremava fino alla sua guarigione, perché si sapeva come poteva finire. Si comprende bene come la disperazione nei secoli spingesse a cercare protezione da una malattia inesorabile che colpiva soprattutto gli esseri più deboli e amati della famiglia.
Altro uso del giorno di San Biagio è la distribuzione in chiesa di piccoli pani benedetti. Si dice anche che sia stato il Santo a indicare un semplice rimedio per cacciare le spine di pesce che restano nella gola, consistente nell’inghiottire una mollica di pane, e i pani benedetti vorrebbero ricordare proprio questo. Una postilla devota alla leggenda vuole che il Santo, oltre alla benedizione, dette a mangiare al ragazzo anche una mollica di pane. In realtà anche qui siamo in bilico tra la devozione e la superstizione: la distribuzione del pane nelle chiese veniva fatta anche per altre feste (Giovedì santo), come uso devoto, ma originariamente anche come aiuto a chi non aveva da mangiare: siamo nel pieno inverno, il periodo che in tempi di penuria poteva essere per molti di fame.
La storia e la leggenda
Inutile tentare di districare i dati storici dalla leggenda di San Biagio: probabilmente il suo martirio avvenne nell’anno 316 e quindi è stato tra le ultime vittime delle persecuzioni, che Licinio, nel tentativo di sopraffare Costantino, continuò in Oriente, anche dopo l’editto del 313 che vi aveva posto fine, per trarre dalla propria parte i pagani.
Biagio, quando cominciò la persecuzione, si ritirò su un monte abitando dentro una caverna, ma venne scoperto e arrestato. Sottoposto a numerose torture, cadde decapitato. La Passio dice che il Santo fu torturato con pettini di ferro: in realtà non si sa cosa fossero questi strumenti, ma nella tradizione sono divenuti i pettini usati dai cardatori di lana, elementi divenuti un suo attributo comparendo costantemente nell’iconografia. In questa compare nei suoi paramenti da vescovo, reggendo un pettine, ovvero con le due candele incrociate. È anche raffigurato sotto la tortura mentre, legato a una colonna, o a una forca, gli vengono dilaniate le carni con i pettini.
San Biagio non è invocato nelle Litanie dei Santi, però si trova nel numero dei Santi Ausiliatori, il che significa che è stato tra i santi più venerati e popolari per ben oltre un millennio e la sua storia si trova nella Leggenda aurea. È patrono di almeno 24 importanti centri in Italia, città, tra le quali Ragusa, Ostuni, Ruvo, Fiuggi. Considerevole poi è il numero delle sue protezioni e questo insieme di cose pare abbia messo in imbarazzo i riformatori del nuovo Calendario Liturgico, tanto che ne hanno lasciata la memoria, pur essendo inesorabili nei casi come questo, in cui manca un’affidabile documentazione storica. Le sue numerose protezioni pare siano dovute alla presenza di elementi forti della sua figura, che contavano molto nel passato. La malattia della gola era una delle più frequenti e tormentose. Una volta riconosciuto, questo patrocinio facilmente si è esteso a tutto quanto aveva relazione con l’apparato respiratorio, capitolo considerevole della salute e delle attività.
La protezione degli animali è un altro motivo che nasce da una storia di grande suggestione derivante dalla vita del Santo, visitato nel suo speco da una moltitudine di animali diversi, cosa che fu poi causa della sua fine. Nel Nord era molto più diffusa tale devozione ma ancora da noi si trovano immagini di un santo attorniato dagli animali, soprattutto selvatici, che molti credono Sant’Antonio, fino a scriverlo nelle didascalie di raffigurazioni artistiche come le ceramiche. In realtà si tratta di una immagine di San Biagio al quale si usa ugualmente raccomandare gli animali. Lo si riconosce perché, essendo una figura imponente di barbuto e antico santone, ha in mano un pettine, o un bastone, che ricorda il pastorale, ma nessun attributo di Sant’Antonio Abate: il fuoco, il porcello, il tau. In tale veste Biagio non ha la mitria, che gli compete come suo attributo, ma vesti dimesse che lo assimilano all’altro Biagio armentarius.
La perdita delle bestie, soprattutto vaccine, è una grave sciagura per i contadini, mentre a quel tempo i pastori temevano molto le stragi fatte dai lupi nei greggi, e una leggenda vuole proprio che Biagio ne ammansisse uno.
Anche l’uso degli arnesi di ferro è stato un forte richiamo per le protezioni. Nel mondo rurale gli arnesi da taglio facevano un tempo molte vittime tra i contadini ignoranti e poco accorti. La stessa cosa accadeva tra gli artigiani tanto che altri santi, come San Bartolomeo, che fu scorticato e porta come attributo un coltello, è stato eletto protettore di conciapelli, macellai, pellicciai, sarti, e addirittura l’Arcangelo Michele, per brandire la spada, fu scelto dai salumieri. Il bisogno di tutela da questi incidenti, che potevano ridurre un uomo a una vita miseria e tribolata, ha chiamato il Santo a proteggere molti di coloro, che per lavoro dovevano maneggiare arnesi pericolosi di ferro.
Un elemento appare una sovrapposizione, o una giustapposizione con la festa della Candelora che cade il giorno prima: la candela per l’uso della benedizione. La tradizione narra come la donna, che per sua intercessione aveva riavuto il porcello rubatole dal lupo, portò a Biagio imprigionato qualcosa da mangiare, ed ebbe dal Santo il ringraziamento insieme alla promessa: «Ogni anno offri in una chiesa edificata in mio nome un pane e una candela e te ne verrà bene e salute». Questo si trova scritto nella Leggenda aurea e potrebbe spiegare sia l’uso delle candele nella benedizione, sia quello dei pani.
San Biagio nella grotta
Quando l’imperatore romano scatenò la persecuzione dei cristiani nell’Armenia, molti fedeli consigliarono il vescovo Biagio a fuggire e nascondersi, per cui il Santo si ritirò sulle pendici selvagge di un alto monte e visse in una spelonca come un eremita cibandosi del poco che trovava e dormendo in un giaciglio di erba e foglie secche. Ora avvenne che gli animali selvatici presero ad andare a quella spelonca e a fermarsi intorno a Biagio: cervi, caprioli, asini selvatici, ma anche belve feroci e serpenti che rimanevano quieti in pace e non si allontanavano finché il Santo non aveva dato loro la benedizione. Col tempo sempre più i cacciatori si trovarono costretti a tornare dalla foresta a mani vuote, non avendo visto neppure un animale, poiché tutte le bestie erano convenute alla grotta di Biagio: gli uccelli gli portavano di che mangiare e lui, che era medico, curava le bestie ferite e malate. Qualcuno alla fine scoprì la ressa degli animali intorno alla grotta dell’eremita e andò a riferirlo all’imperatore che divenne furibondo e mandò una delle sue legioni a prendere il vescovo. Dispersi gli animali, entrati nella caverna, i soldati arrestarono Biagio e lo condussero davanti al tiranno, che lo condannò a morte.
Il fanciullo con la spina di pesce
Mentre Biagio veniva condotto alla città per presentarsi al cospetto dell’imperatore furono più i miracoli compiuti dei passi da lui fatti. Rapidamente si sparse la voce in quella terra che passava il Vescovo prigioniero e molti accorrevano a salutarlo, altri per essere guariti, altri consolati. Per tutti il Santo aveva una parola, un sorriso, una carezza e non pochi si trovarono sanati senza aver chiesto nulla, solo perché qualcuno aveva letto nel loro cuore.
Accorse anche una donna piangente, tenendo tra le braccia il figlio morente chiedendo che Biagio lo guarisse: mentre mangiava una lisca di pesce gli si era confitta nella gola e nulla era valso a toglierla e il ragazzo era alla fine. Il vescovo pose le mani sopra il corpo esanime rapidamente la vita ritornò e tossendo il ragazzo sputò la spina e fu sanato. Disse allora Biagio che tutti quelli che l’avessero invocato nelle tribolazioni della malattia avrebbe avuto il suo aiuto.
San Biagio, la vedova e il lupo
Una povera vedova si era allevata un porcello con il quale sperava di vincere la fame, ma un lupo glielo prese portandoselo nel bosco. La donna allora accorse sulla via dove passava Biagio prigioniero e, gettandoglisi ai piedi, disse:
– Come farò, meschina, a sfamare i miei figli, ora che ho perso tutto quello che avevo? Il Santo allora le disse: – Donna, non temere, tu riavrai il tuo porcello.
Di lì a poco il lupo tornò mansueto e riportò alla donna il suo animale.
Incarcerato e maltrattato Biagio fu portato alla presenza dell’imperatore, ma non si piegò all’intimazione di abiurare al suo Dio e onorare le divinità pagane, per cui fu sottoposto a pene e torture. Fu ordinato che fosse straziato con pettini di ferro e così esangue fu riportato in carcere.
La donna che per sua grazia aveva riavuto il suo porcello, quando seppe che Biagio era imprigionato, uccise l’animale e corse alla prigione portandogli il capo e le zampe, nonché una candela fatta di sego. Il Santo accettando il dono le disse:
– Ogni anno offri in una chiesa edificata in mio nome un pane e una candela e te ne verrà bene e salute.
Il processo continuò e Biagio resistette impavido nella sua fede, per cui fu condannato ad essere annegato in uno stagno. Ma lui, camminando sulle acque, tornò alla riva dove subì il martirio per decapitazione.
Protezioni
San Biagio, tra le sue altre protezioni, ne ha una singolare, che è quella d’essere il santo patrono degli osti. Nessun elemento della sua leggenda lo vede amico di questi bottegai, né frequentatore dei loro posti di lavoro. L’anomalia spiega come si sceglieva talvolta da parte dei lavoranti il santo protettore. Infatti a Roma la corporazione degli osti ebbe sede presso la chiesa di San Biagio e quella fu la loro cappella, dal che venne la scelta del Santo come loro protettore.
Malati di gola, per il miracolo del bambino
Animali, per la sua vita eremitica con gli animali
Pastori e guardiani di greggi
Greggi dalle insidie dei lupi, per il miracolo della vedova
Pettinai, per il pettine, attributo del Santo
Cardatori, per i pettini del martirio
Musicisti di strumenti a fiato, collegato alla protezione della gola
Mugnai di mulini a vento
Materassai, per i pettini del martirio
Laringoiatri, coloro che curano l’apparato respiratorio
Osti (v. sopra)
Lanaioli
Linaioli
Funai e canepari
È invocato anche dalle fanciulle per trovare marito
Proverbi
Il Barbato, il Frecciato, il Mitrato: il freddo è andato.
Le ricorrenze di questi tre santi che sono rispettivamente: Sant’Antonio, il 17 gennaio, San Sebastiano il 20 gennaio e San Biagio il 3 febbraio sono considerate le ultime tappe del freddo invernale. Antonio abate viene rappresentato con una lunga barba, Sebastiano coperto di frecce, strumento del suo martirio, e il vescovo Biagio con la mitria. Suppliziato con pettini di ferro è detto anche il Pettinato.
Il giorno di San Biagio si benedice la gola e il naso.
Per la festa di San Biagio si usa in chiesa al mattino benedire la gola.
Per San Biagio il freddo goccia il naso.
Il freddo intenso provoca il raffreddore che fa gocciare il naso.
San Biagio, se trova il giaccio lo disfà, e se non lo trova fa.
Se è freddo porta il clima temperato, se è mite porta il freddo.
Fonte: Toscana Oggi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento