giovedì 23 febbraio 2012

Le radici pagane della teologia di Lutero






di padre Giovanni Cavalcoli



E’ noto il metodo della esegesi biblica adottato da Lutero: egli pretende interpretare la Scrittura senza alcuna mediazione filosofica o ecclesiale, ma in modo diretto, ponendosi immediatamente davanti al testo biblico nella convinzione che la Parola di Dio gli si manifesti infallibilmente grazie all’assistenza dello Spirito Santo ed alla forza della sua fede personale.
Lutero in tal modo è convinto della possibilità di un contatto diretto tra la sua singola coscienza, tra la sua soggettività e la Verità divina contenuta nel testo sacro. Egli si sente direttamente illuminato da Dio, convinto di possedere la verità assoluta contro chiunque, comune cristiano, filosofo, esegeta, teologo, santo, Tradizione o Magistero della Chiesa osi contraddire la sua interpretazione.

Egli nella sua lunga attività di studioso della Bibbia si pone sempre nell’atteggiamento del docente – gonfiando all’estremo il suo titolo di dottore in teologia -, mentre non lo troviamo mai nell’atteggiamento di chi ascolta e recepisce il parere di altri – si tratti di un contributo o di una correzione -, di colleghi teologi, del Magistero della Chiesa, della Tradizione o di qualunque altra fonte di interpretazione della Scrittura. Se si pone in rapporto con questi altri, è semmai per criticare, condannare, scomunicare, maledire o inveire con minacce di castighi infernali.
Indubbiamente Lutero sin dagli inizi ha i suoi collaboratori, i suoi seguaci, con i quali certamente istituisce un confronto e per i quali mostra una certa stima, per esempio con Melantone, Ecolampadio o Bucero. Ma egli ha sempre il bisogno di dire l’ultima parola, sostituendosi così al compito degli odiati Pontefice e Magistero della Chiesa.

C’è da osservare a questo punto come il proposito di Lutero di essere un puro specchio della verità biblica senza alcuna contaminazione proveniente dal di fuori della sua infallibile coscienza soggettiva (“libero esame”) appare del tutto utopistico ed anzi presuntuoso ed insensato, sorgente di gravissimi errori, nonchè di interminabili ed irresolubili contrasti all’interno dei suoi stessi collaboratori e poi, nei secoli, nella storia dell’esegesi e della teologia protestanti.

Ed è perfettamente logico: quando, come fa Lutero, non si riconosce l’oggettività e l’universalità del vero valido per tutti i singoli soggetti, ma si immanentizza il vero nel proprio io, ogni singolo io avrà pari diritto di considerare come vero ciò che a lui singolo appare come vero, con la conseguenza inevitabile di una discordia di tutti contro tutti, cosa che purtroppo è tipica della mentalità protestante, se non fosse che poi alla fine, nonostante questo principio di totale dissoluzione dell’accordo delle menti nella verità, resta pur sempre nella teologia protestante un nucleo di verità bibliche che, sorte dalla mente del Riformatore caratterizzano la teologia protestante come tale e consentono una base per il dialogo ecumenico.

Ciò che tuttavia mi premeva evidenziare qui è che, come è emerso chiaramente dalla filosofia ermeneutica contemporanea, per esempio di un Gadamer, è impossibile accostarsi ad un testo letterario senza una data precomprensione, formatasi in precedenza nel soggetto, la quale influisce sull’interpretazione del testo e a sua volta è influenzata dallo stesso testo: il cosiddetto “circolo ermeneutico”, per cui le verità che la mente già possiede consentono di comprendere le verità da acquisire, così come per converso le verità contenute nel testo da interpretare arricchiscono di nuove verità i presupposti contenuti nella mente dell’interprete.

Questa constatazione fa sì che anche nel caso dell’esegesi biblica, l’idea di Lutero di poter attingere alla Parola di Dio direttamente e senza presupposti o precomprensioni di tipo razionale o filosofico è assolutamente infondata e l’unico risultato al quale essa porta è che l’esegeta, ricevendo il contenuto biblico in una mente non previamente vagliata e criticata, finisce per alterare il senso del messaggio a causa dell’influsso inconscio delle sue idee preconcette.

Ciò vuol dire allora che l’unico atteggiamento da tenere in questo caso per cogliere la verità della Parola di Dio è quello di riconoscere francamente ed umilmente l’esistenza del presupposto razionale e di renderlo il più possibile funzionale alla comprensione del testo biblico. Siccome allora è impossibile non valersi di una mediazione razionale, tanto vale adoperarsi in modo previo per la purificazione e la funzionalità di tale strumento ermeneutico.

Questo è il motivo per il quale nell’ordinamento degli studi ecclesiastici allo studio della teologia e dell’esegesi biblica si fa precedere una formazione di tipo storico-filosofico, onde preparare la mente dello studente all’uso di quei concetti e di quei princìpi che gli saranno utili o indispensabili per la vera comprensione del messaggio biblico e della dottrina della Chiesa che su di esso si fonda.

Bisogna dire allora che l’affettato rifiuto di Lutero del pensiero greco per interpretare la Scrittura non è stato né poteva essere un rifiuto assoluto, ma fu in realtà, senza una piena consapevolezza da parte dello stesso Lutero, l’uso del pensiero greco più scadente e quindi il meno adatto per comprendere la verità della dottrina della Scrittura.

Rifiutando Platone ed Aristotele, che del resto erano stati purificati e adatti da S.Tommaso d’Aquino, Lutero non fece altro che utilizzare i pensatori più lontani dalla verità, quali gli antichi sofisti, che rivivono nel pensiero di Guglielmo di Ockham, alla cui scuola Lutero dichiarò apertamente di appartenere, salvo poi ad accusare di sofisticheria il pensiero sublime di Platone ed Aristotele, così come esso era stato innalzato ai fastigi del dogma cattolico dai grandi maestri del cristianesimo, i Padri, i Dottori, i Santi sino al culmine di essi segnato dal Dottore Angelico.

Come ha fatto notare Benedetto XVI, il pensiero greco è stato una benedizione per l’interpretazione della Sacra Scrittura. Tutto sta a fare una sapiente cernita tra pensatori sapienti e pensatori sofisti, tra chi ama l’apparenza e chi ama la verità. La filosofia greca ha toccato tutte le questioni concernenti la ragione umana, nel bene come nel male.

Per questo chi si accinge ad affrontare la Parola di Dio, che non è estranea alla ragione ma con essa armonizza, benchè la superi, non può evitare di muoversi, lo voglia o non lo voglia, lo sappia o non lo sappia, all’interno del pensiero greco. Certo esiste una filosofia indiana, una filosofia cinese, una filosofia giapponese, ma quando si dice “filosofia”, non si può non intendere la filosofia greca.

Così come la Bibbia non è un libro particolare di un popolo particolare, Israele, ma è il libro sacro dell’umanità e per l’umanità, voluto da Dio Salvatore dell’uomo, altrettanto e corrispondentemente la filosofia greca non è la filosofia di un popolo particolare, ma è la filosofia dell’umanità e per l’umanità, così come le geometria di Euclide o l’analisi matematica di Cartesio o la Divina Commedia di Dante Alighieri o la pila elettrica non sono solo della Grecia o della Francia o dell’Italia, ma dell’intera umanità, patrimonio comune dell’umanità. Bibbia e filosofia greca vanno spontaneamente assieme per i loro carattere di universalità.

Lutero, influenzato dall’individualismo di Ockham, non ha capito il valore dell’universalità e si è rattrappito nel proprio io singolo, senza per questo mancar di mostrare un forte desiderio dell’Assoluto, che però si restringe soggettivisticamente nelle maglie di una particolare io umano contingente e storicamente determinato, che è appunto l’io di Lutero.

La filosofia greca è la filosofia, in quanto nel pensiero greco la filosofia assume il suo volto più universale, più oggettivo, più completo, più sistematico, senza che con ciò vogliamo togliere originalità e meriti anche ad altre filosofie, le quali però in tanto sono fondate, in tanto sono sistematiche e sublimi, in tanto sono scientifiche, logiche e razionali, in quanto sono riconducibili allo logos della Grecia.

L’unica cosa che si può fare è scegliere ciò che nel pensiero greco meglio serve a comprendere il dato biblico, scartando ciò che non lo capisce o vi si oppone o lo falsifica. Anche Lutero non ha potuto, contro le sue intenzioni e dichiarazioni, non utilizzare un pensiero filosofico. Peccato che non sia stato quello giusto.


Liberta' e Persona

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