“Sinodalità” che è in gran parte uno slogan, perché mai l’istituzione ecclesiastica è stata così centralizzata. In realtà, parlare di sinodalità è un modo di mettere insieme a buon mercato lo “spirito del Concilio” con lo “spirito del Sinodo”.
Newsletter n° 1162 del 14 febbraio 2025 di Paix Liturgique
Mentre i “gentili organizzatori” della sinodalità hanno appena avuto alla testa un altro dei loro oppositori — il vescovo di Tolone, mons. Rey — i “segni dei tempi” che le stesse persone considerano al di sopra del magistero della Chiesa, della parola di Dio e dello Spirito Santo si accumulano e puntano tutti nella stessa direzione: verso una sinodalità che si afferma come irreversibile, e dove la volontà del mondo si spaccerà per quella di Dio. Seguiranno amministrazione e comunicazione. Quanto ai fedeli, non vengono presi in considerazione, anche se tutto questo dovrebbe «dare voce al popolo di Dio».
Sinodalità che è in gran parte uno slogan, perché mai l’istituzione ecclesiastica è stata così centralizzata. In realtà, parlare di sinodalità è un modo di mettere insieme a buon mercato lo “spirito del Concilio” con lo “spirito del Sinodo”.
L’Istituto Superiore di Pastorale Catechetica di Parigi al timone
All’avanguardia della riforma sinodale, l’Istituto superiore di pastorale catechistica organizza nel prossimo febbraio a Parigi un convegno dal titolo Istituire nuovi ministeri: un’urgenza missionaria. Ecco la descrizione: “Dal 17 al 19 febbraio 2025, l’Istituto Superiore di Pastorale Catechistica (ISPC) vi invita a partecipare al suo 12° Colloquio Internazionale. La riflessione si concentrerà sull’istituzione di nuovi ministeri come risposta missionaria urgente, in connessione con le recenti riforme di Papa Francesco. Se la natura missionaria della Chiesa trae «la sua origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre» (AG 2), per Papa Francesco la trasformazione missionaria della Chiesa non può farsi senza una trasformazione delle strutture (EG 27).
Da qui il Motu proprio Spiritus Domini che apre alle donne i ministeri del lettore e dell’accolitato e il Motu proprio Antiquum ministerium che istituisce il ministero del catechista.
Partecipa a questo simposio per affrontare domande come:
Come possiamo comprendere questo passaggio da un “ministero della catechesi” all’istituzione di ministri catechisti?
In che modo l’accoglienza di nuovi ministeri contribuisce a un nuovo kairos per l’annuncio del Vangelo?
La questione è stabilire ministri che rispondano alle necessità della comunità e/o riconoscere carismi che saranno messi al servizio della conversione pastorale e missionaria della Chiesa?
Le risposte sono ovviamente già state date: «Alternando conferenze e lavori di gruppo, il Convegno ci inviterà ad affrontare queste questioni partendo dal principio della pari dignità dei battezzati (LG 32).
Bisognerà innanzitutto attingere alle fonti scritturali e ritornare alla storia delle missioni e al Concilio Vaticano II. Concentrandosi, tra l’altro, sulle nozioni di carismi, collaborazione, cooperazione e discernimento, si tratterà poi di capire come favorire la creazione di nuovi ministeri di cui la Chiesa ha bisogno, senza pensarli come in competizione tra loro. Anche la liturgia sarà messa in discussione perché manifesta i doni dello Spirito al servizio della partecipazione di tutti all’unico mistero attraverso un “multi-ministero”. Infine, si parlerà del discernimento ecclesiale e della formazione dei candidati ai ministeri, per riconoscere la chiamata dello Spirito a servire il bene comune della Chiesa“.
Il “bene comune”, come “l’urgenza”, sono evidentemente solo pretesti per marcare un processo già ben rodato. Dopo il motu proprio Spiritus Domini di Papa Francesco del gennaio 2021, Astrid Kaptjin, teologa di Friburgo, ha spiegato: “Per gli uomini, [la missione] è stata conferita con stabilità, quindi possiamo dire ‘per tutta la vita’.” Per le donne, ciò era possibile solo con un mandato limitato nel tempo.
Il “bene comune”, come “l’urgenza”, sono evidentemente solo pretesti per marcare un processo già ben rodato. Dopo il motu proprio Spiritus Domini di Papa Francesco del gennaio 2021, Astrid Kaptjin, teologa di Friburgo, ha spiegato: “Per gli uomini, [la missione] è stata conferita con stabilità, quindi possiamo dire ‘per tutta la vita’.” Per le donne, ciò era possibile solo con un mandato limitato nel tempo.
Ed è qui che sta il grande cambiamento: questo nuovo testo di Papa Francesco e le modifiche che apporta al Codice di Diritto Canonico fanno sì che ora anche le donne possano ricevere stabilmente questi stessi ministeri. […] Mi sembra che questa sia la prima volta che le donne possono ricevere ministeri per la vita in questo modo […] Penso quindi che sia piuttosto un’apertura per mostrare che i laici nella Chiesa – e anche le donne – possono ricevere ministeri istituiti“.
E nel farlo, spiega le intenzioni del gruppo di riformatori che hanno scritto questo testo e altri: “Penso infatti che si tratti di uno spiegamento verso una maggiore diversificazione del sacerdozio comune […]. Lo stesso Papa Francesco sottolinea che era già presente nel motu proprio Ministeria Quaedam del 1972. E come ripete nella sua lettera al cardinale Ladaria, non è escluso che emergano altri ministeri istituiti, che dovranno essere approvati dalla Santa Sede. Possiamo quindi aspettarci uno sviluppo“.
Andare il più lontano possibile nella demagogia
Papa Francesco non permetterà alle donne di diventare prete, o addirittura diaconesse, e ancora meno l’ordinazione di preti sposati, perché ciò equivarrebbe a diluire il cattolicesimo in un neo-protestantesimo. Come ha detto a proposito del Cammino sinodale tedesco che esigeva tali cose: “In Germania esiste già un’ottima Chiesa protestante. Non ci serve una seconda”. Ciò che conta è lo “spirito del Sinodo”, ma in una Chiesa governata dal pugno di ferro.
D’altro canto, si moltiplicano e continueranno a moltiplicarsi le elusioni demagogiche. Su questo tema delle funzioni affidate alle donne nella Chiesa, come abbiamo detto nella nostra Lettera 1154 del 27 gennaio 2025, nomina una suora prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ma in quanto laica (che è una suora, che non riceve gli ordini sacri) nomina pro-prefetto il cardinale Ángel Fernández Artime, che firmerà tutti i documenti insieme al prefetto. In altre parole, non è prefetta di nulla, ma fa tutto come un prefetto.
Allo stesso modo, nella diocesi di Bruxelles, la signora Rebecca Alsberge, madre di quattro figli, è stata nominata coordinatrice territoriale del Brabante Vallone con il titolo di delegata episcopale. L’arcivescovo chiese ai suoi sacerdoti di nominare questo vicario generale nella preghiera eucaristica. Anche in questo caso la riforma si basa su una cosiddetta richiesta dei fedeli, ignorata sotto quasi tutti gli altri aspetti – e in particolare quando i vescovi cattolici belgi hanno permesso alla dittatura sanitaria di proibire e poi interrompere pesantemente il culto, con un limite di 15 fedeli per messa per mesi e mesi: “le indicazioni tengono conto della richiesta ripetuta di sacerdoti e cristiani di poter pregare insieme per il loro nuovo capo del Vicariato. Aggiungeremo perciò nella preghiera eucaristica la menzione o del suo titolo, o del suo titolo e del suo nome […] la delegata episcopale entra in processione accanto a colei che presiede la celebrazione, siede al primo posto dell’Assemblea. Il delegato episcopale è presente nel corteo funebre d’uscita insieme al celebrante“.
Seguono alcuni modelli di preghiera eucaristica in sua presenza: “Li presentiamo in unione con il tuo servo, il nostro papa N., il nostro vescovo N., tutti i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, il nostro delegato episcopale N., e tutto il popolo che hai redento“. Oppure ancora, c’è la scelta del momento in cui Rebecca viene citata nel canone: “Ti preghiamo di tenerci sempre in comunione di mente e di cuore con il nostro papa N, il nostro vescovo N e il nostro delegato episcopale N.” Oppure ancora: «Ricordati, Signore, della nostra Chiesa diffusa su tutta la terra: fa’ che cresca nella tua carità in unione con il nostro papa N, e con il nostro vescovo N, con tutti i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, con il nostro delegato episcopale N, e con tutti coloro che hanno cura del tuo popolo».
Il 20 dicembre, Riposte Catholique è tornata su questa vicenda, molto più rivelatrice di quanto sembrasse: “In un decreto del 6 novembre, la delegata episcopale ha deciso di poter prendere la parola tre volte durante la celebrazione liturgica: dopo il saluto liturgico iniziale, prima della benedizione finale e dopo il Vangelo, per far ‘risuonare la parola di Dio’ […] Questa notizia non fa che mostrare la distorsione che il paradigma della sinodalità sta dando alla struttura gerarchica della Chiesa“.
L’autore spiega che “per aggirare il diritto canonico che prevede vicari episcopali che siano almeno sacerdoti […] è aumentato il numero di delegati episcopali che di fatto fanno tutto ciò che dovrebbero fare i vicari, compreso far parte del Consiglio episcopale, ma senza essere ordinati”. Nella fattispecie, «la signora Charlier-Alsberge ha ricevuto la nomina di delegata per il vicariato del Brabante Vallone dopo che il vicario episcopale, il vescovo ausiliare Jean-Luc Hudsyn, è diventato emerito […] Si tratta di una “successione” che porta la signora in questione a esercitare l’autorità di un vicario episcopale“.
Notiamo inoltre che sono in aumento le introduzioni clandestine di laici in ruoli clericali. Inoltre, con il motu proprio Spiritus Domini, Papa Francesco ha disposto che i ministeri del lettore e dell’accolitato possano essere conferiti anche alle donne, decisione di puro principio, poiché esse già esercitavano tali funzioni. Vediamo donne che non sono sacerdoti ma “ministri” che partecipano alle concelebrazioni. In Svizzera, a Zurigo, l’agente pastorale di Zurigo, Monika Schmid, ha concelebrato e persino presieduto le concelebrazioni, ovviamente affiancata da veri sacerdoti. Vediamo anche delle signore, non diaconesse ma quasi, che tengono l’omelia indossando un camice e qualcosa che sembra una stola. Come afferma l’articolo di Riposte Catholique già citato: “Un altro modo di abusare del diritto canonico è quello di fare dell’omelia una risonanza della parola di Dio”. Anche qui la legge della Chiesa è chiara: “l’omelia è riservata al sacerdote o al diacono” (can. 767 §1), a causa della dipendenza del ministero della predicazione e dell’insegnamento dall’ordine sacro. Quindi la signora delegata non ha l’autorità di parlare dopo il Vangelo […] quanto alla ”risonanza”, essa non è prevista nell’ordinamento liturgico“.
Cantiamo sinodalmente all’unisono, chiedono i vescovi canadesi!
C’è un documento molto interessante della Conferenza episcopale cattolica canadese online – fortunatamente specificano – datato giugno 2022, sotto il titolo CCEC 6/2022 Liturgia e sinodalità.
In quest’ultimo, intrecciano in modo particolare le lodi al canto all’unisono – come i protestanti del loro tempo: «l’unisono delle voci, segno dell’unione dei cuori». Nella Sacrosanctum Concilium, la voce appare chiaramente come il principale strumento di partecipazione. Gli esempi sono molteplici, ma ne citeremo solo uno“.
E per sviluppare il concetto: “ciò vale in modo particolare per il canto liturgico, che permette di sentire con tutto l’essere che coloro che interpretano questo canto “formano un corpo”. Ma ciò si può dire di ogni partecipazione vocale […] l’impegno concreto e fisico dei membri dell’Assemblea manifesta chiaramente la natura ecclesiale dell’azione liturgica, agendo così direttamente sulle loro disposizioni interiori, e in particolare sul senso comunitario e fraterno».
A cui questi coraggiosi vescovi aggiungono che è necessario sinodalizzare gli spazi liturgici. Potremmo ricordare il documentario sull’evoluzione rivoluzionaria del cattolicesimo nel Quebec nei primi anni ’70, Tranquillement, pas vite, in cui abbiamo assistito all’impressionante distruzione di chiese divenute inutili. Ebbene, dobbiamo continuare a distruggere quelle che restano: “Nella maggior parte delle chiese del Québec e del Canada francese, la liturgia risultante dalla riforma del Vaticano II viene celebrata in spazi progettati per la liturgia del Concilio di Trento. In quest’ultimo caso, l’assemblea non ha avuto alcun ruolo; era spettatrice dell’azione compiuta dal ministro ordinato. Affinché la liturgia contribuisca alla costruzione di una Chiesa sinodale, non possiamo esimerci dal ripensare i nostri spazi liturgici. Le numerose riorganizzazioni pastorali attualmente in corso offrono opportunità di sperimentazione e di ricerca comune. La disposizione dello spazio liturgico non è solo di natura estetica – il che sarebbe già immenso; comporta conseguenze ecclesiologiche e sacramentali. Quando questa questione verrà presa sul serio? »
Sinodalizziamo le chiese! Sinodalizziamo il canto in chiesa! È vero che pensare è disobbedire, cantare a quattro voci, insomma è fomentare la rivolta. Era necessario riflettere sulla forza di questo simbolo: lo spirito del Sinodo esige che cantiamo con una sola voce, all’unisono.
Traduzione a cura della redazione del blog Il fumo di Satana
(fonte: paixliturgique.com)
E nel farlo, spiega le intenzioni del gruppo di riformatori che hanno scritto questo testo e altri: “Penso infatti che si tratti di uno spiegamento verso una maggiore diversificazione del sacerdozio comune […]. Lo stesso Papa Francesco sottolinea che era già presente nel motu proprio Ministeria Quaedam del 1972. E come ripete nella sua lettera al cardinale Ladaria, non è escluso che emergano altri ministeri istituiti, che dovranno essere approvati dalla Santa Sede. Possiamo quindi aspettarci uno sviluppo“.
Andare il più lontano possibile nella demagogia
Papa Francesco non permetterà alle donne di diventare prete, o addirittura diaconesse, e ancora meno l’ordinazione di preti sposati, perché ciò equivarrebbe a diluire il cattolicesimo in un neo-protestantesimo. Come ha detto a proposito del Cammino sinodale tedesco che esigeva tali cose: “In Germania esiste già un’ottima Chiesa protestante. Non ci serve una seconda”. Ciò che conta è lo “spirito del Sinodo”, ma in una Chiesa governata dal pugno di ferro.
D’altro canto, si moltiplicano e continueranno a moltiplicarsi le elusioni demagogiche. Su questo tema delle funzioni affidate alle donne nella Chiesa, come abbiamo detto nella nostra Lettera 1154 del 27 gennaio 2025, nomina una suora prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ma in quanto laica (che è una suora, che non riceve gli ordini sacri) nomina pro-prefetto il cardinale Ángel Fernández Artime, che firmerà tutti i documenti insieme al prefetto. In altre parole, non è prefetta di nulla, ma fa tutto come un prefetto.
Allo stesso modo, nella diocesi di Bruxelles, la signora Rebecca Alsberge, madre di quattro figli, è stata nominata coordinatrice territoriale del Brabante Vallone con il titolo di delegata episcopale. L’arcivescovo chiese ai suoi sacerdoti di nominare questo vicario generale nella preghiera eucaristica. Anche in questo caso la riforma si basa su una cosiddetta richiesta dei fedeli, ignorata sotto quasi tutti gli altri aspetti – e in particolare quando i vescovi cattolici belgi hanno permesso alla dittatura sanitaria di proibire e poi interrompere pesantemente il culto, con un limite di 15 fedeli per messa per mesi e mesi: “le indicazioni tengono conto della richiesta ripetuta di sacerdoti e cristiani di poter pregare insieme per il loro nuovo capo del Vicariato. Aggiungeremo perciò nella preghiera eucaristica la menzione o del suo titolo, o del suo titolo e del suo nome […] la delegata episcopale entra in processione accanto a colei che presiede la celebrazione, siede al primo posto dell’Assemblea. Il delegato episcopale è presente nel corteo funebre d’uscita insieme al celebrante“.
Seguono alcuni modelli di preghiera eucaristica in sua presenza: “Li presentiamo in unione con il tuo servo, il nostro papa N., il nostro vescovo N., tutti i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, il nostro delegato episcopale N., e tutto il popolo che hai redento“. Oppure ancora, c’è la scelta del momento in cui Rebecca viene citata nel canone: “Ti preghiamo di tenerci sempre in comunione di mente e di cuore con il nostro papa N, il nostro vescovo N e il nostro delegato episcopale N.” Oppure ancora: «Ricordati, Signore, della nostra Chiesa diffusa su tutta la terra: fa’ che cresca nella tua carità in unione con il nostro papa N, e con il nostro vescovo N, con tutti i vescovi, i sacerdoti e i diaconi, con il nostro delegato episcopale N, e con tutti coloro che hanno cura del tuo popolo».
Il 20 dicembre, Riposte Catholique è tornata su questa vicenda, molto più rivelatrice di quanto sembrasse: “In un decreto del 6 novembre, la delegata episcopale ha deciso di poter prendere la parola tre volte durante la celebrazione liturgica: dopo il saluto liturgico iniziale, prima della benedizione finale e dopo il Vangelo, per far ‘risuonare la parola di Dio’ […] Questa notizia non fa che mostrare la distorsione che il paradigma della sinodalità sta dando alla struttura gerarchica della Chiesa“.
L’autore spiega che “per aggirare il diritto canonico che prevede vicari episcopali che siano almeno sacerdoti […] è aumentato il numero di delegati episcopali che di fatto fanno tutto ciò che dovrebbero fare i vicari, compreso far parte del Consiglio episcopale, ma senza essere ordinati”. Nella fattispecie, «la signora Charlier-Alsberge ha ricevuto la nomina di delegata per il vicariato del Brabante Vallone dopo che il vicario episcopale, il vescovo ausiliare Jean-Luc Hudsyn, è diventato emerito […] Si tratta di una “successione” che porta la signora in questione a esercitare l’autorità di un vicario episcopale“.
Notiamo inoltre che sono in aumento le introduzioni clandestine di laici in ruoli clericali. Inoltre, con il motu proprio Spiritus Domini, Papa Francesco ha disposto che i ministeri del lettore e dell’accolitato possano essere conferiti anche alle donne, decisione di puro principio, poiché esse già esercitavano tali funzioni. Vediamo donne che non sono sacerdoti ma “ministri” che partecipano alle concelebrazioni. In Svizzera, a Zurigo, l’agente pastorale di Zurigo, Monika Schmid, ha concelebrato e persino presieduto le concelebrazioni, ovviamente affiancata da veri sacerdoti. Vediamo anche delle signore, non diaconesse ma quasi, che tengono l’omelia indossando un camice e qualcosa che sembra una stola. Come afferma l’articolo di Riposte Catholique già citato: “Un altro modo di abusare del diritto canonico è quello di fare dell’omelia una risonanza della parola di Dio”. Anche qui la legge della Chiesa è chiara: “l’omelia è riservata al sacerdote o al diacono” (can. 767 §1), a causa della dipendenza del ministero della predicazione e dell’insegnamento dall’ordine sacro. Quindi la signora delegata non ha l’autorità di parlare dopo il Vangelo […] quanto alla ”risonanza”, essa non è prevista nell’ordinamento liturgico“.
Cantiamo sinodalmente all’unisono, chiedono i vescovi canadesi!
C’è un documento molto interessante della Conferenza episcopale cattolica canadese online – fortunatamente specificano – datato giugno 2022, sotto il titolo CCEC 6/2022 Liturgia e sinodalità.
In quest’ultimo, intrecciano in modo particolare le lodi al canto all’unisono – come i protestanti del loro tempo: «l’unisono delle voci, segno dell’unione dei cuori». Nella Sacrosanctum Concilium, la voce appare chiaramente come il principale strumento di partecipazione. Gli esempi sono molteplici, ma ne citeremo solo uno“.
E per sviluppare il concetto: “ciò vale in modo particolare per il canto liturgico, che permette di sentire con tutto l’essere che coloro che interpretano questo canto “formano un corpo”. Ma ciò si può dire di ogni partecipazione vocale […] l’impegno concreto e fisico dei membri dell’Assemblea manifesta chiaramente la natura ecclesiale dell’azione liturgica, agendo così direttamente sulle loro disposizioni interiori, e in particolare sul senso comunitario e fraterno».
A cui questi coraggiosi vescovi aggiungono che è necessario sinodalizzare gli spazi liturgici. Potremmo ricordare il documentario sull’evoluzione rivoluzionaria del cattolicesimo nel Quebec nei primi anni ’70, Tranquillement, pas vite, in cui abbiamo assistito all’impressionante distruzione di chiese divenute inutili. Ebbene, dobbiamo continuare a distruggere quelle che restano: “Nella maggior parte delle chiese del Québec e del Canada francese, la liturgia risultante dalla riforma del Vaticano II viene celebrata in spazi progettati per la liturgia del Concilio di Trento. In quest’ultimo caso, l’assemblea non ha avuto alcun ruolo; era spettatrice dell’azione compiuta dal ministro ordinato. Affinché la liturgia contribuisca alla costruzione di una Chiesa sinodale, non possiamo esimerci dal ripensare i nostri spazi liturgici. Le numerose riorganizzazioni pastorali attualmente in corso offrono opportunità di sperimentazione e di ricerca comune. La disposizione dello spazio liturgico non è solo di natura estetica – il che sarebbe già immenso; comporta conseguenze ecclesiologiche e sacramentali. Quando questa questione verrà presa sul serio? »
Sinodalizziamo le chiese! Sinodalizziamo il canto in chiesa! È vero che pensare è disobbedire, cantare a quattro voci, insomma è fomentare la rivolta. Era necessario riflettere sulla forza di questo simbolo: lo spirito del Sinodo esige che cantiamo con una sola voce, all’unisono.
Traduzione a cura della redazione del blog Il fumo di Satana
(fonte: paixliturgique.com)
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