
Di Daniel Passaniti, 11 Feb 2025
Il bollettino NOTIVIDA di oggi contiene statistiche ufficiali che mostrano che in Argentina ci sono sempre meno bambini, poiché il tasso di fecondità totale (TFR) è diminuito notevolmente negli ultimi 10 anni.
Infatti, se il numero medio di figli per donna necessario a mantenere una popolazione stabile, tenendo conto della mortalità costante e dell’assenza di migrazioni, è pari a 2,1, al di sotto di questo numero la regione o il Paese si spopola. Nel caso dell’Argentina, il numero medio di figli per donna a livello nazionale, dal 2014 al 2023, è diminuito del 43%, registrando un TFR pari a 1,33 nel 2023. Ciò significa che per crescere 4 figli servivano 3 famiglie argentine.
Ancora più allarmante è il quadro della nostra Patagonia, la regione dove le famiglie si sono ridotte di più. Infatti, il calo del numero di bambini dal 2014 al 2023 nella Terra del Fuoco è stato del 61%, a Santa Cruz del 56%, a Chubut del 49%, in quest’ultima provincia come nella città di Buenos Aires il TFR è di 1,1.
Mónica del Río afferma giustamente che il calo dei tassi di natalità non può essere invertito senza un piano completo per promuovere la famiglia. Al contrario, le politiche pubbliche in Argentina nell’ultimo decennio hanno avuto l’obiettivo di ridurre la popolazione, e lo hanno raggiunto in modo efficiente. Dal 2020, afferma, tutte le province sono state al di sotto del livello di sostituzione della popolazione (2,1) e da allora il declino non ha fatto che accentuarsi.
La difesa della vita
Nella sua Esortazione apostolica Familiaris Consortio (1981), l’allora Papa Giovanni Paolo II espresse in modo eloquente: Il futuro dell’umanità si forgia nella famiglia!
Commentando la situazione della famiglia nel mondo attuale, san Giovanni Paolo II, in quella Esortazione apostolica, ne metteva in luce le luci e le ombre che la sovrastano e indicava come segno preoccupante, tra gli altri, la mentalità anticoncezionale e l’esperienza di una certa angoscia e incertezza per il futuro, situazione che priva gli sposi della generosità e del coraggio necessari per la procreazione. «La vita spesso non è più vista come una benedizione, ma come un pericolo dal quale bisogna difendersi» (FC, 6).
Nell’Enciclica Caritas in Veritate (2009), sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, Benedetto XVI sottolinea che il rispetto della vita è un aspetto sempre più rilevante dell’autentico sviluppo umano, per cui è necessario estendere il concetto di povertà e di sottosviluppo anche ai problemi legati all’accoglienza della vita, in particolare là dove questa è in vario modo impedita.
In effetti, afferma il Papa, «l’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo», tuttavia (…) nei Paesi economicamente più sviluppati è molto diffusa una legislazione contraria alla vita che ha ormai condizionato usi e costumi, contribuendo al diffondersi di una mentalità antinatalista, che spesso si cerca di trasmettere ad altri Stati come se si trattasse di un progresso culturale. Anche alcune organizzazioni non governative promuovono l’aborto, talvolta promuovendo l’adozione della pratica della sterilizzazione nei paesi poveri, anche su donne il cui consenso non viene richiesto. Inoltre, esiste il fondato sospetto che gli aiuti allo sviluppo siano talvolta condizionati a determinate politiche sanitarie che di fatto implicano l’imposizione di un rigido controllo delle nascite» (CV, 28).
Come conseguenza di questa mentalità antinatalista, frutto di un processo di cambiamento dei valori sociali, in cui i matrimoni sono meno frequenti e le separazioni, i divorzi e l’esistenza di famiglie monogenitoriali stanno diventando sempre più importanti, la piramide sociale sta subendo importanti cambiamenti nel cammino verso l’invecchiamento della popolazione, con tutte le connotazioni sociali ed economiche che ciò comporta.
A sua volta, l’assenza di politiche organiche che promuovano la famiglia, la maternità, la vita e la tutela dell’infanzia, affinché – come afferma Benedetto XVI – il bambino non sia visto come un problema, porta inesorabilmente conseguenze non favorevoli allo sviluppo umano, poiché si disconosce l’importanza fondamentale della cellula base di ogni società umana e la tutela dei suoi diritti.
La crisi demografica globale
Ma non riguarda solo l’Argentina. L’attuale crisi demografica, rappresentata da bassi tassi di natalità (oltre 60 Paesi sono al di sotto del tasso di ricambio generazionale di due figli), significherà che, per la prima volta nella storia dell’umanità, entro il 2050 ci saranno più persone con più di 60 anni che con meno di 15 anni. Ciò comporta gravi conseguenze sociali ed economiche, una delle quali è che le persone con più di 65 anni non risparmiano ma consumano tutto il loro reddito, e meno risparmi significano meno investimenti, meno tasse e meno contributi e contributi sociali. La domanda è: chi sarà in grado di sostenere gli anziani e gli over 65 in un’economia con poche risorse per farlo, a causa della mancanza di una popolazione economicamente attiva?
Benedetto XVI ha giustamente affermato che non è corretto considerare l’aumento della popolazione come causa del sottosviluppo; al contrario, l’apertura alla vita è una ricchezza sociale ed economica. Infatti: «Grandi nazioni hanno potuto uscire dalla povertà anche grazie al gran numero e alla capacità dei loro abitanti. Al contrario, nazioni un tempo fiorenti stanno attraversando una fase di incertezza e, in alcuni casi, di declino, proprio a causa del basso tasso di natalità, problema cruciale per le società più prospere. La diminuzione delle nascite, talvolta al di sotto del cosiddetto tasso di ricambio generazionale, mette in crisi i sistemi di assistenza sociale, aumenta i costi, riduce la riserva di risparmio e, di conseguenza, le risorse finanziarie necessarie per gli investimenti, riduce la disponibilità di lavoratori qualificati e diminuisce la riserva di cervelli che può essere utilizzata per soddisfare le esigenze della nazione” (CV, 44).
A differenza delle politiche sociali, che mirano a situazioni particolari per favorire determinate famiglie, le politiche dello Stato della famiglia hanno come obiettivo la famiglia come cellula fondamentale della società, indipendentemente dalla sua situazione sociale o economica. In questo senso ritorniamo a Benedetto XVI: «(…) gli Stati sono chiamati a stabilire politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, cellula primordiale e vitale della società» (CV, 44).
Sono diverse le ragioni (Conen, 2010) che sostengono queste politiche statali, ovvero: 1) ragioni legali: art. 14-bis della Costituzione Nazionale, la legge stabilirà una tutela organica della famiglia; 2) ragioni sociologiche: le cause della violenza, della delinquenza minorile, delle dipendenze, dell’abbandono scolastico, tra gli altri, risiedono nel deterioramento della famiglia; 3) ragioni economiche: le famiglie ben consolidate danno impulso all’economia, con una maggiore propensione al risparmio, agli investimenti e alla creatività; 4) ragioni demografiche: per garantire il ricambio generazionale; 5) ragioni culturali: poter educare ai valori attraverso la famiglia, prima educatrice.
E queste politiche dello Stato di Famiglia svolgono funzioni sociali strategiche, poiché assicurano il ricambio generazionale, una migliore educazione, l’istruzione delle generazioni future e la possibilità di realizzare un habitat ecologico adatto alla vita umana, dove l’uomo è incondizionatamente apprezzato per quello che è.
Considerazioni finali
Per le ragioni sopra esposte, dobbiamo sottolineare, in primo luogo, l’importanza di promuovere l’apertura alla vita e di preservare la salute spirituale e materiale della famiglia e, in secondo luogo, la responsabilità dello Stato e delle organizzazioni sociali in questa materia, poiché solo difendendo il diritto alla vita, promuovendo la vera famiglia, la sua integrità e centralità, possiamo superare il vuoto morale e l’assenza di valori trascendenti che caratterizzano la società odierna. Solo così sarà possibile raggiungere l’obiettivo di uno sviluppo umano integrale e, allo stesso tempo, promuovere efficacemente le fasce più vulnerabili e bisognose della società.
D’altra parte, e a livello locale, se per la stragrande maggioranza degli argentini il valore della vita e della famiglia, fondati sul matrimonio tra un uomo e una donna, rappresentano ancora oggi valori fondanti della propria identità, allora la società e lo Stato non possono essere neutrali in questa materia; essere neutrali significa essere ingiusti, poiché i cittadini impegnati nel diritto alla vita e alla famiglia non possono essere trattati allo stesso modo delle minoranze (gruppi sociali) che li attaccano e propongono come alternativa altre forme contrarie alla natura e alla dignità della persona. Questa neutralità discrimina la maggior parte degli argentini.
E se la maggioranza degli argentini è a favore della vita e della famiglia, dell’unico vero modello di famiglia, ancora meno dovrebbero esserci leggi che le minaccino e, pertanto, andrebbero abolite. Bisogna dire e ripetere senza sosta a tutti i leader sociali e politici, responsabili della gestione del Bene Comune della società argentina, che se nella famiglia si forgia il futuro dell’umanità, si forgia anche il futuro dell’Argentina.
Perché finché si permetterà alla sfera pubblica di molestare e ridicolizzare principi e valori tanto cari alla nostra identità nazionale, finché continueranno a promulgare leggi contro la vita e la famiglia, promuovendo modelli estranei alla natura e alla dignità della persona, finché non ci saranno politiche statali che incoraggino e promuovano il matrimonio, la maternità e una famiglia ben costituita, allora il futuro dell’Argentina sarà seriamente compromesso, perché a questo ritmo decrescente di ricambio generazionale, a lungo termine il Paese rimarrà senza famiglie, con un territorio immenso che ha bisogno, appunto, di popolazione e di sviluppo.
Papa Pio XI ha giustamente affermato: “(…) come dimostra la storia, la salute della repubblica e la felicità dei suoi cittadini non possono essere salvaguardate e assicurate se il fondamento stesso su cui si fonda, che è la rettitudine dell’ordine morale, è scosso, e se la fonte da cui la società ha la sua origine, cioè il matrimonio e la famiglia, è accecata dai vizi dei cittadini”.
Daniel Passaniti
Buenos Aires
(Foto:Pixabay)
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