martedì 6 luglio 2021

Il cardinale Wyszynski “raccontato” dal Kgb: «È un profeta»

     





Angelo Bonaguro 4 giugno 2021

In un articolo pubblicato sul periodico dell’Istituto polacco della Memoria nazionale (IPN), lo storico Andrzej Grajewski presenta una sintesi dell’ampio studio in tre volumi compilato nel 1978 dal KGB sulla «lotta contro le attività ostili della Chiesa cattolica». Lo studio, custodito negli archivi ucraini, analizza il rapporto tra le figure papali che si sono avvicendate durante il XX secolo, il comunismo e l’Unione Sovietica.

I tre volumi all’epoca furono secretati ed erano accessibili solo ai vertici della V Divisione del KGB, istituita nel 1967 su iniziativa dell’allora capo del KGB, Jurij Andropov. La V Divisione si occupava della lotta contro la «sovversione ideologica» che accomunava le attività del dissenso, le comunità religiose e tutto ciò che poteva agire in modo indipendente dal regime.

Grajewski si sofferma in particolare sulla ventina di pagine che si occupano della Chiesa polacca e danno una valutazione del ruolo svolto dal cardinal Stefan Wyszyński, di cui si è appena celebrato il 40° anniversario della morte e che sarà beatificato il 12 settembre prossimo.

Da altri studi pubblicati dall’IPN sappiamo che Wyszyński fu sotto lo stretto controllo della polizia politica dal 1946 (quand’era vescovo di Lublino) fino al giorno della sua scomparsa. Non è la prima volta che capita di stupirsi per la perspicacia con cui gli agenti comunisti contrassegnavano il proprio obiettivo – in questo caso il nome in codice del primate di Polonia era «il profeta».


Attorno a lui fu intessuta una rete di informatori in modo che ogni sua parola, ogni suo gesto, ogni lettera che entrava o usciva dal «Circo» – come avevano soprannominato la residenza primaziale – finisse sulla scrivania degli spioni del Ministero dell’Interno, i quali annotarono persino che «per la seconda volta non s’è recato a votare».
Indirettamente, e con le dovute cautele sulla veridicità delle informazioni raccolte, questi documenti testimoniano anche l’indole del primate Wyszyński, i cui giudizi rimasero sempre limpidi proprio perché non aveva nulla da nascondere.

Per quanto riguarda i rapporti con la Santa Sede, Grajewski ricorda come già nell’aprile 1959 dalle autorità polacche fu stilato un fascicolo «Sulle nuove tendenze della politica vaticana», in cui si delineava lo sviluppo del conclave iniziato nell’ottobre 1958 e culminato con l’elezione di Giovanni XXIII.
Intervenendo al conclave, Wyszyński lanciò un appello in favore delle Chiese perseguitate nelle democrazie popolari e mise in guardia dal pericolo degli scismi nazionali fomentati dai regimi comunisti, intervento che colpì profondamente il futuro papa Roncalli, la cui candidatura fu fortemente sostenuta dallo stesso primate il quale, prima di rientrare in patria, fu ricevuto in udienza tre volte dal nuovo pontefice.


Gli osservatori sovietici sottolineano come Wyszyński usasse la «tattica della resistenza adattabile»: esercitava una ferma opposizione rispetto alle problematiche fondamentali, e si limitava ad esprimere un consenso formale su questioni meno rilevanti. Inoltre, grazie all’accordo tra Stato e Chiesa, Wyszyński aveva di fatto riguadagnato le posizioni precedentemente perdute. Dal punto di vista pastorale, il KGB osservò che il primate si era concentrato soprattutto sull’evangelizzazione dei giovani, sulla pastorale degli operatori sanitari (di cui conosceva bene la situazione dato che durante l’insurrezione di Varsavia aveva lavorato in un ospedale da campo), sulla pastorale degli avvocati e degli insegnanti – ossia i delicati temi della giustizia e della formazione negli Stati socialisti.

Il KGB era interessato anche al sostegno che il primate dava ai cattolici dei paesi confinanti, specialmente nelle regioni appartenute alla Polonia fino alla seconda guerra mondiale e poi incorporate nell’Unione Sovietica. Fu Giovanni XXIII ad affidarli alla sua cura in modo informale, incarico confermato dai pontefici successivi, al punto che i servizi sovietici notarono che alla fine degli anni ’70 era aumentato il numero dei sacerdoti polacchi che si recavano in Ucraina come «turisti»…
Che con Roncalli avesse un rapporto di fiducia lo si vide anche in occasione dell’Angelus del 25 febbraio 1962, quando il Papa lo volle accanto a lui durante la benedizione.


Le valutazioni espresse nei documenti sovietici – conclude Grajewski – non lasciano dubbi sul fatto che il primate fosse un saggio difensore della Chiesa e uno statista che seppe leggere i segni dei tempi e agire adeguatamente.

Ne è conferma l’episodio del febbraio 1981, quando incontrò una delegazione del sindacato Solidarność. La spia di turno riportò le parole di Wyszyński: «Ripeto sempre al popolo di Solidarność e a Wałęsa, che deve esserci un’autorità che amministri la cosa pubblica, che ci deve essere un riferimento pubblico. Oggi invece si preferisce criticare le autorità, però scatenare una guerra contro il potere può condurre all’anarchia o a un’invasione sovietica, perciò ancora per un po’ di tempo è necessario sopportare. Almeno fino a quando non sarà possibile riformare il potere a propria immagine e somiglianza». «Il profeta», appunto.

Foto Ansa







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