Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo un'interessante e acuta riflessione su Dante e i nostri tempi
Franco Biagioni, 19/04/2020
Quest’anno ricorre il settimo centenario della morte del grande poeta, e ci sono e ci saranno eventi celebrativi. Ma Dante, come viene accolto oggi? Viene veramente compreso, e, soprattutto, viene interiorizzata la sua poesia? viene preso sul serio il suo pensiero? Certo a considerare il clima culturale del nostro tempo, uno come Dante appare estraneo. Anche nella scuola ha perduto il posto privilegiato che gli era riservato negli studi classici: molti insegnanti lo presentano stancamente, o riducono al massimo lo spazio a lui riservato: non è più il tempo in cui negli studi liceali era protagonista.
La cultura attuale non conosce lo spirito, è chiusa al trascendente, nel senso che proprio non ne ha la facoltà: sembra che l’uomo di oggi abbia perduta questa facoltà del trascendente e con essa la sua natura di essere capax Dei: tutto viene ridotto a politica, economia, sociologia, o, al più, psicologia. E senza la facoltà del trascendente non si può capire, e tanto meno apprezzare, Dante. Così si spiega l’oblio di Dante avvenuto in certi periodi storici, come il Rinascimento; si spiega come lo troviamo ridotto, nel Risorgimento, a vate della erigenda Italia, conteso alla Chiesa dalla politica e dalla massoneria, e si spiega anche la dimenticanza dei nostri giorni.
Il viaggio fantastico di Dante è uno squarcio fra cielo e terra, che, se non si è capaci di elevarsi dalla terra, non può essere compreso, né poeticamente fruito. Il mondo che lui concepisce arriva necessariamente fino all’Empireo, e senza la gloria dell’Empireo non può stare in piedi: l’uomo è pellegrino sulla terra, il suo destino non si ferma qui, ma sfocia nella gloria o nella perdizione: qui sulla terra si decide se nell’una o nell’altra: nobili personaggi, che Dante ammira e ama, e da alcuni punti di vista pure apprezza, finiscono all’inferno inchiodati al loro peccato, a nulla valendo la loro nobiltà o le buone opere che possono aver fatto.
L’uomo non finisce il proprio
pellegrinaggio con la morte, anzi, la morte è l’inizio del suo destino
definitivo: può godere del Paradiso, può perdersi nell’Inferno, può continuare
una vita di espiazione salendo il monte del Purgatorio: ma con la morte il suo
destino viene fissato per sempre. La sua visione comprende tutto il concetto
cristiano del destino: fino alla resurrezione della carne. E anche la sua
concezione del mondo è in assonanza con la considerazione del destino eterno:
sulla terra l’autorità dell’Impero e l’autorità della Chiesa hanno il compito
di indirizzare l’uomo verso la vita buona, perché arrivi alla salvezza e alla
gloria nella vita futura: e Dante condanna aspramente l’autorità quando manca
al proprio compito e non agisce in questa prospettiva: l’autorità civile e
quella religiosa.
Oggi
sembra che lo scopo dell’uomo non vada oltre una vita sopportabile su questa
terra: non si è buoni per meritare o demeritare, ma per convivere senza far
guerre e salvare l’ambiente. E in questa prospettiva Dante non è comprensibile.
Inoltre si è perduto il concetto di religione vera, che per Dante era
fondamentale: tutte le religioni sono considerate espressioni della buona
volontà, dell’amore e di una certa benevolenza: debbono collaborare fra loro
per conservare la pace e le condizioni di vita sulla terra, che viene
considerata sacra e scritta con la lettera maiuscola: Terra: l’unica cosa sacra
che si arriva a concepire.
Purtroppo, anche nell’occasione dell’anniversario, accade che invece di celebrare il Poeta si arriva a censurarlo. Per una certa ideologia, piuttosto recente, che non ha grandi radici nel passato, ma che si è già ritagliato un ampio spazio, si dovrebbe persino cancellare Dante dalla storia della letteratura: Dante, secondo questa prospettiva, si inserisce nella linea del suprematismo bianco, è poco inclusivo e infine razzista. E’ chiaro che in questo clima non possono essere comprese le prese di posizione di Dante, e lo si possa accusare di omofobia, di islamofobia, o di antisemitismo. Chiaramente si tratta di un giudizio antistorico, di valutare il Medio evo col metro del ventunesimo secolo, ma tanto vale, viene considerato così.
In Occidente, e in Europa in
particolare, si afferma una sorta di «cultura dell'annullamento», che rifiuta
le proprie radici e sembra derivare da una non so quale cattiva coscienza che
pure non trova motivazioni ragionevoli, e una sorta di sottomissione ideologica
alle altre culture e religioni, in particolare all'Islam. Così a Dante
Alighieri, sono state mosse critiche sulla presunta mancanza di rispetto per le
altre culture; si è arrivati addirittura a una traduzione fiamminga
"islamofila" della Divina Commedia, curata da certo Lies Lavrijsen,
diffusa in Belgio ed in Olanda, epurata da qualsiasi riferimento a Maometto.
Questo mostra la lontananza di Dante dalla nostra debolezza. Non stupisce,
purtroppo, che, in Italia, qualcuno, guardandosi bene dal difendere l'originale
del testo sfregiato ed il relativo autore, si sia limitato a commentare come
«la posizione di Dante nei confronti della cultura arabo-musulmana» sia «molto
complessa», dove “molto complessa” non si sa che voglia dire.
Dovremmo invece rivolgersi a lui per corroborare la nostra cultura, che stiamo progressivamente perdendo, per ricercare in lui la fonte di quello che siamo, per ritrovarsi come uomini con una storia e una identità. La poesia di Dante si fonda su un’immaginazione prodigiosa e di perfetta coerenza: il viaggio nei tre regni viene configurato con una precisione descrittiva che stupisce, che dà la sensazione di un evento veramente accaduto; il viaggio è nella Commedia la dimensione materiale del racconto, e ha il significato di un itinerario di purificazione. Su di esso, e senza di esso non sarebbe possibile, si innestano con la massima naturalezza i caratteri dei protagonisti (Dante stesso, Virgilio, Beatrice…) e dei personaggi che via via si incontrano; si innestano le conversazioni che spaziano dalla storia, alla filosofia, alla teologia, in una summa di tutto il sapere del tempo, ma anche di tutto l’essenziale della cultura e della dottrina cristiana.
Nel poema si sente pulsare la vita, quella
vera, vissuta con consapevolezza e con serietà, la vita degli uomini che
prendono sul serio il loro destino ineludibile. Il tutto con una sapienza
poetica che non ha avuto eguali nella storia della letteratura mondiale: Dante
parla a tutti, purché si abbia la serietà di volerlo ascoltare, purché si
voglia esser uomini consapevoli del proprio destino. E la sua poesia offrirà a
chi vorrà accostarsi con lo spirito giusto, delle gratificazioni inesprimibili.
Quante volte si resta stupefatti davanti alla sua forza evocatrice, alla sua
capacità di pennellare, con pochi concisi tratti, personaggi e situazioni: e
come sono veri quei personaggi e quelle situazioni! lasciamoli parlare alla
nostra anima, lasciamo che se ne nutra, che possa godere di una poesia sublime,
che non ha uguali in quanto poesia, e che porta dentro di sé un mondo che
abbiamo dimenticato, messo da parte, che è il mondo dell’umano che si incontra
col divino: è il nostro mondo e lo dobbiamo ritrovare!
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