Articolo pubblicato a nome delle Aggregazioni laicali della Diocesi di Pistoia nelle agenzie di stampa in riferimento ad un manifesto (che preferiamo non mostrare) di promozione dell'aborto farmacologico (con la pillola RU486) che viene presentato come una "meravigliosa conquista per la salute della donna".
28/04/2021
“Che la vita sia
sacra è ovvio: è un principio più forte ancora che ogni principio della
democrazia.” P.P. Pasolini
Un manifesto in questi giorni, in questo tempo
pasquale durante il quale i cristiani celebrano la resurrezione e la vita,
pubblicizza l'aborto farmacologico. Un'iniziativa promossa dall'Unione degli
atei e degli agnostici razionalisti con la quale hanno tappezzato le principali
città d'Italia e anche Pistoia. Un’evidente provocazione presentata come una
“scoperta scientifica meravigliosa” a favore della donna.
In questi tempi sempre più diffusamente si
invoca la tutela dell’ambiente, degli animali, il rispetto di tutte le forme di
vita, ed è cresciuta anche l’attenzione alla salute dell’umanità messi in pericolo
dall’inquinamento dell’aria, dell'acqua, del cibo per opera dell’uomo stesso.
Perché -dunque-
sostanze chimiche che, come un veleno, hanno la capacità di uccidere un
embrione possono essere reclamizzate come un farmaco sicuro e da assumere senza
problemi? Non si tratta piuttosto di una falsificazione della realtà e di un
messaggio fuorviante e menzognero soprattutto per le giovani donne? Giuseppe
Noia, docente di Medicina dell’età prenatale all’Università Cattolica del Sacro
Cuore, direttore dell’Unità operativa perinatale del Policlinico Gemelli
afferma che la pillola Ru486 “non è né sicura, né indolore, né semplice da
usare.”
Allo stesso modo, i progressi medici
scientifici legati alle nuove tecnologie mettono in evidenza il meraviglioso
-questo sì che è meraviglioso- processo di sviluppo della vita umana e la
relazione tra madre e figlio che inizia fin dal grembo materno. “Ancora una volta – sottolinea il professor
Noia – non si vuole vedere il grande miracolo della relazione tra madre e
figlio che si instaura fin dai primi istanti, dimostrato dalla scienza e
testimoniato dalla sofferenza di tante donne dopo un aborto spontaneo a 7-8
settimane di gestazione. Ne ho seguite più di 400 e tutte mi hanno confidato un
profondo dolore incompreso dagli altri; il dramma di una lacerazione che è
indipendente dall’età gestazionale o dalle dimensioni del feto, legata alla
perdita della presenza di un figlio.” Una mamma aiutata dal Movimento per
la Vita racconta come la sua scelta iniziale di abortire fosse determinata
dall’angoscia per una situazione familiare precaria e racconta: “i fatti della
vita possono anche portarci alla disperazione ma bisogna cercare aiuto e non
rimanere chiusi in una stanza come volevo fare io! Grazie a chi mi ha voluto
bene, sono riuscita a fare la scelta che già dentro di me era scritta.” La
scelta della vita.
Non serve avere una fede religiosa per capire
ciò che la retta ragione e il buon senso possono vedere con evidenza: che
giudicare l’aborto -a prescindere dalla metodica con la quale esso sia compiuto-
una conquista è una grande mistificazione della realtà.
L'aborto farmacologico consiste nella
somministrazione di una pillola, la RU 486, che provoca la morte del nascituro
e, con ulteriori farmaci, ne avviene l’espulsione: un processo che talvolta “può
durare fino a due settimane, mentre il British Medical Journal riferisce che
nel 56 % dei casi in età gestazionale elevata la donna subisce l’esperienza
devastante di vedere l’embrione espulso con tutto il sacchetto gestazionale”
(Noia). Un’esperienza del genere come non può non avere effetti negativi sulla
salute della donna?
In conclusione, propagandare l’aborto come un
progresso non può che essere frutto di un modo di pensare del tutto
ideologizzato, “che l’aborto sia un diritto e una conquista – scrive il nostro
vescovo– per questi è una verità incontrovertibile, non negoziabile, una
tetragona sicurezza dogmatica” dalla cui posizione ci dissociamo proprio in
nome della scienza e della ragione, nonché della fede, che percepisce la vita un
grande dono di Dio. “Io credo – continua – che anche uno spirito laico
autenticamente tale, pur non credente, dovrebbe essere abitato dal dubbio;
dovrebbe porsi delle domande e giungere per lo meno a dire che l’aborto è
comunque sempre un dramma che andrebbe evitato e che migliore sarebbe una
società dove non ci fosse più.”
Aggregazioni laicali della Diocesi di Pistoia
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