sabato 3 aprile 2021

La Veglia di Pasqua nelle parole di Sant’Agostino




Riportiamo di seguito il Discorso 221 di Sant’Agostino, splendida introduzione al Mistero della Veglia pasquale. Nel suo prepararci alla Resurrezione, vittoria che supera ogni immaginazione e forse per questo così difficile da accettare per l’uomo, il Vescovo d’Ippona ci indica come, invece, essa sia del tutto naturale per l’anima, come naturale è la veglia dopo il sonno.





SULLA NOTTE SANTA
Gioia e splendore di questa santissima notte.


1. Siccome il Signore nostro Gesù Cristo ha reso glorioso con la sua risurrezione il giorno che aveva reso luttuoso con la morte, noi, rievocando i due momenti in un’unica commemorazione solenne, vegliamo ricordando la sua morte, esultiamo aspettando la sua risurrezione. Questa è la nostra festa annuale, questa è la nostra Pasqua, non più figurata nell’uccisione dell’agnello, come per il popolo antico, ma portata a compimento per il popolo nuovo nell’immolazione del Salvatore, perché Cristo nostra Pasqua, è stato immolato, e le cose vecchie son passate ed ora ne sono nate delle nuove. È se piangiamo è per il peso dei nostri peccati, e se esultiamo, è perché giustificati dalla sua grazia, perché egli è stato messo a morte per i nostri peccati, ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione. Per quelli piangiamo, di questo ci rallegriamo, e sempre siamo nella gioia. Quanto per causa nostra e a nostro vantaggio è stato compiuto di triste o anticipato di lieto, non lo lasciamo passare con ingrata dimenticanza, ma lo celebriamo con riconoscente memoria. Vegliamo dunque, carissimi, perché la sepoltura di Cristo si è protratta fino a questa notte, cosicché proprio in, questa notte è avvenuta la risurrezione di quella sua carne che allora fu oltraggiata sul legno, adesso è adorata in cielo e sulla terra. Naturalmente questa notte si considera come facente parte del giorno di domani, che per noi è il giorno del Signore. Ed era opportuno che risorgesse di notte, perché con la sua risurrezione ha rischiarato le nostre tenebre; non per nulla già poco tempo prima si cantava a lui: Illuminerai la mia lampada, Signore; mio Dio, illuminerai le mie tenebre. Così la nostra stessa pietà mette in risalto questo mistero così grande; come la nostra fede, rafforzata dalla sua risurrezione, è già sull’attenti, così anche questa notte, già così piena di luci, sia ancor più luminosa per il nostro vegliare, in modo che noi, insieme a tutta la Chiesa diffusa per il mondo intero, possiamo badare in modo giusto a non esser trovati nella notte. Per tanti e tanti popoli, che dovunque questa fulgida solennità ha radunato insieme nel nome di Cristo, il sole è già tramontato, ma il fulgore non se n’è andato, perché a un cielo pieno di luce ha fatto seguito una terra ugualmente piena di luce.

A paragone di questa le altre non si possono neanche chiamare veglie.

2. Ché se uno volesse cercare le ragioni di questa nostra veglia così meravigliosa, è facile trovarle e rispondere con veracità: colui che ci ha fatto dono della gloria del suo nome è lui che ha dato splendore a questa notte; colui a cui diciamo: Illuminerai le mie tenebre, ricolma di luce i nostri cuori; e come con occhi pieni di gioia contempliamo lo splendore di tutte queste luci, così con mente illuminata comprendiamo le ragioni di questa notte così splendente. Perché dunque i cristiani celebrano oggi la loro veglia annuale? È questa infatti la nostra veglia grande; a nessun’altra veglia solenne corre il nostro pensiero quando in questo senso si chiede o si dice: Quando si farà la veglia? Fra tanti giorni si farà la veglia. Come se, a confronto di questa, tutte le altre non si possano neanche chiamar veglie. È vero che l’Apostolo ha raccomandato alla Chiesa la frequenza sia dei digiuni che delle veglie quando, parlando di se stesso, afferma: Nei frequenti digiuni, nelle veglie frequenti. Ma la veglia di questa notte è così grande da meritarsi quel nome come proprio, mentre per le altre è comune. E allora, secondo quanto ci concederà il Signore, prima diremo qualcosa sulle veglie in genere, poi qualcosa in particolare su quella di oggi.

Chi desidera sempre vivere deve prolungare le sue veglie.

3. In quella vita, per raggiungere il cui riposo fatichiamo tanto e che la Verità ci promette nella risurrezione dopo la morte di questo corpo o addirittura dopo la fine del mondo, noi mai dormiremo come anche mai morremo. Cos’è il sonno infatti se non una specie di morte giornaliera che non porta via del tutto l’uomo e non lo tiene molto a lungo? E la morte che cos’è se non un sonno lunghissimo e profondissimo, dal quale Dio risveglia l’uomo? E allora dove la morte non c’è più, non ci potrà essere più neanche il sonno, che ne è l’immagine. Il sonno non è retaggio che dei mortali. Questo tipo di riposo non ce l’hanno gli angeli; siccome essi vivono sempre, non hanno bisogno di riparare le loro forze con il sonno. Là dove è la vita stessa, è veglia senza fine; ivi il vivere non è che vegliare, e il vegliare è vivere. Noi invece, in questo corpo che si corrompe e che appesantisce l’anima, siccome non possiamo vivere se non ripariamo le forze col sonno, dobbiamo interrompere la vita con l’immagine della morte, per poter vivere almeno a pezzi e bocconi. E allora chi con castità e innocenza si abitua a far veglie frequenti, senza dubbio si avvicina alla vita degli angeli (ché altrimenti più la debolezza della carne grava col suo peso terreno, più vengono compressi i celesti desideri) e intanto raffrena questo peso di morte con veglie prolungate, per acquistarsi dei meriti per la vita eterna. Chi invece desidera vivere sempre, ma non ama di vegliare un po’ a lungo, è in contraddizione con se stesso; vorrebbe che non ci fosse la morte, e intanto non ne vuole attenuare l’immagine. È per questa ragione, è in questo senso che il cuore del cristiano si deve esercitare nelle veglie frequenti.

Questa veglia celebra la risurrezione e il nostro passaggio dalla morte alla vita.

4. Ed ora, fratelli, vi proponiamo qualche riflessione perché possiate capire bene la veglia speciale di questa notte. Vi ho detto perché dovremmo spesso accorciare il sonno e prolungare le veglie; ora vi dirò perché noi facciamo veglia con così grande solennità proprio in questa notte. Che Cristo Signore sia risorto dai morti il terzo giorno, nessun cristiano lo mette in dubbio. Il santo Vangelo poi attesta che ciò è avvenuto precisamente in questa notte. Certamente un giorno completo si calcola a partire dalla notte che lo precede, anche se non questo era l’ordine dei giorni come viene menzionato nella Genesi; per quanto anche lì prima c’erano state le tenebre; infatti le tenebre ricoprivano l’abisso, quando Dio disse: Sia la luce. E la luce fu. Siccome però quelle tenebre non costituivano ancora la notte, non c’erano neanche i giorni. E Dio separò la luce dalle tenebre, e prima la luce la chiamò giorno, poi le tenebre le chiamò notte, e così il primo giorno viene calcolato dal momento della creazione della luce fino al secondo mattino. È chiaro perciò che quei giorni ebbero inizio con la luce e che, passata la notte, ciascuno terminava col mattino successivo. Ma da quando l’uomo creato si piegò dalla luce della giustizia alle tenebre del peccato (da cui però l’ha liberato la grazia di Cristo), è successo che noi calcoliamo i giorni a partire dalla notte, perché ci sforziamo e, con l’aiuto del Signore, nutriamo la speranza che il nostro sia un passare non dalla luce alle tenebre, ma dalle tenebre alla luce. Dice così anche l’Apostolo: La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Perciò il giorno della passione del Signore, quello in cui fu crocifisso, aveva tenuto dietro alla sua propria notte già passata e si era concluso terminando con la Parasceve, che i Giudei chiamano anche “Cena pura”, cominciando, dall’inizio di quella notte, l’osservanza del sabato. Poi il giorno del sabato, che era cominciato con la notte che lo precedeva, era terminato al crepuscolo della notte seguente, che già fa parte dell’inizio del giorno del Signore, quello che il Signore ha consacrato con la gloria della sua risurrezione. È quindi di questa notte, con cui comincia il giorno del Signore, che noi ora, con questa solennità, celebriamo la ricorrenza; con questa veglia rievochiamo la notte in cui il Signore è risorto e in cui ha per noi inaugurato quella vita di cui parlavamo poc’anzi, nella quale non è affatto né morte né sonno alcuno, iniziandola nella sua carne che ha risuscitato talmente dal sonno che ormai non può più morire, ormai il sonno non ha più potere su di lui. È chiaro infatti che egli risuscitò in quella notte il cui termine lambiva già l’alba perché, quando di buon mattino quelli che lo cercavano con sì affettuoso amore vennero al sepolcro, non ne trovarono il corpo e dagli angeli ricevettero l’annuncio che egli era già risuscitato. Ed egli, nella cui risurrezione acclamiamo in una veglia un po’ più prolungata, ci concederà di regnare con lui nella vita che non ha fine. E poi, anche se in queste ore in cui prolunghiamo la nostra veglia, il suo corpo fosse stato ancora nel sepolcro e non fosse ancora risuscitato, vegliando così, non siamo incoerenti neanche in questo caso; egli infatti dormì perché stessimo svegli noi, lui che era morto perché fossimo vivi noi. Amen.





Immagine : Battesimo di Sant’Agostino (wikimedia.org). Il Santo Dottore ricevette il battesimo da Sant’Ambrogio la Notte di Pasqua del 387.











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