venerdì 30 aprile 2021

Arresti, minacce e divieti, così la Cina disattende l’accordo con il Vaticano

 






di Massimo Franco, 29 aprile 2021 

«Con i cinesi dobbiamo avere molta pazienza...». Le parole misurate del diplomatico vaticano velano a fatica l’irritazione della Santa Sede per il modo in cui le autorità di Pechino stanno interpretando, eufemismo per non applicando, l’accordo segreto rinnovato per un biennio nell’autunno scorso. Il testo non è mai stato reso noto per volontà della Cina. Si sa solo che dovrebbe servire a concordare la nomina dei vescovi. All’ombra di questa intesa, tuttavia, stipulata per la prima volta nel 2018, il Partito comunista cinese sta attuando una politica di repressione della libertà religiosa che punta a riaffermare il proprio potere.


Papa Francesco aveva deciso di «mettere un piede nella porta di un Paese che si sta chiudendo», come fu detto dai negoziatori vaticani, convinto che alla lunga avrebbe permesso al cattolicesimo di riattecchire; e che nel medio periodo avrebbe permesso di stabilire relazioni diplomatiche col regime di Xi Jinping. Gli ultimi mesi, però, delineano scenari diversi. Da tempo il Vaticano chiede di potere aprire un ufficio informale a Pechino: un paio di stanze per monitorare da vicino quanto sta accadendo, a cominciare dall’applicazione dell’intesa temporanea. Ma la richiesta è stata lasciata cadere.


Le autorità cinesi hanno fatto presente che esiste già la Legazione apostolica a Hong Kong; e che potrebbe essere chiusa da un giorno all’altro, se fosse sospettata in qualche modo di appoggiare le proteste nell’ex colonia britannica: la recente legge sulla sicurezza permette di equipararle a un attentato alla sicurezza nazionale. Nei mesi scorsi alcuni esponenti cattolici nell’editoria e in politica sono stati intimiditi o arrestati. «Si gioca sul principio dell’ “interferenza straniera”. Il no all’apertura di un nostro ufficio a Pechino», spiegano alla Segreteria di Stato vaticana, «dice quanto lontane siano le relazioni diplomatiche tra noi e loro».


D’altronde non si tratta di un segnale isolato. Il Partito comunista vuole essere «padrone della questione religiosa». Per questo vengono chiusi gli orfanotrofi gestiti dalle suore. «Eppure hanno una lunga tradizione. Nei decenni passati le madri portavano lì le neonate femmine al tempo della politica del figlio unico», raccontano in Vaticano, «per evitare che fossero uccise. Soprattutto nelle comunità contadine erano considerate solo una bocca in più da sfamare». Quanto all’indurimento dei controlli degli ultimi mesi, i genitori non possono andare in chiesa con i bambini: bisogna avere compiuto diciotto anni. La polizia ferma le famiglie fuori, e si impegna a tenere i figli o le figlie fino a quando la messa è finita: pratica temutissima.


Si parla di telecamere digitali installate all’interno dei luoghi religiosi per schedare i fedeli. Asia News, la rivista dei missionari del PIME, ha appena pubblicato un articolo del direttore Bernardo Cervellera. Titolo: «Una multa per la messa del vescovo sotterraneo. Tradito l’Accordo sino-vaticano». Si parla di un fedele multato per avere ospitato monsignor Shao Zhumin nella sua cappella privata. «Il prelato», si legge, «riconosciuto dalla Santa Sede ma non dal Partito, è bollato come emissario di una “istituzione straniera”». E la colpa di chi gli ha fatto dire la messa sarebbe quella di avere «facilitato attività religiose illegali».


Cervellera, direttore di Asianews dal 2003, lascerà a metà maggio: al suo posto arriverà padre Mario Ghezzi, direttore del Pime di Milano, dove si trasferirà la redazione. È stato destinato a Hong Kong, dopo una tappa a Taiwan dove prenderà lezioni di mandarino per affinare il suo cinese. E sarà interessante vedere se e quanto potrà ancora scrivere sulla Cina. I suoi articoli sono stati sempre considerati troppo ostili al regime. Su questo ha avuto contrasti e tensioni anche con la Segreteria di Stato e i negoziatori vaticani, che lo considerano in sintonia col cardinale Zen, critico irriducibile dell’accordo voluto da Francesco e dal suo «primo ministro», il cardinale Pietro Parolin.


Il missionario è tra quanti vedono il patto segreto con Pechino come un grimaldello cinese per cancellare la chiesa sotterranea fedele al Papa; e che ritiene improbabile la sopravvivenza degli accordi oltre la soglia dell’attuale pontificato. In realtà, quanto accade conferma piuttosto una situazione in bilico, e «partiti» pro e anticinesi presenti all’interno della chiesa cattolica. Con un elemento di incertezza in più, dovuto all’arrivo del democratico Joe Biden alla Casa Bianca. La sua presidenza potrebbe porre alla Santa Sede più problemi di quanti ne abbia creati nei rapporti con la Cina il predecessore, Donald Trump.


La rozzezza della sua Amministrazione si vide quando il segretario di Stato trumpiano, Mike Pompeo, attaccò frontalmente il Vaticano per l’accordo segreto, costringendolo di fatto a rinnovarlo per non apparire subalterno agli Stati Uniti. Ma adesso, con l’insistenza strategica e sottile di Biden sulla libertà religiosa e i diritti umani violati sistematicamente in Cina, si tratti di cristiani o di musulmani, la posizione della Santa Sede diventa meno facile. I rapporti tra Francesco e il presidente Usa appaiono più cordiali e convergenti rispetto a Trump. Ma la situazione si è come rovesciata.


Ora, il problema per le autorità cattoliche non sembra più quello di non allinearsi alla strategia anticinese della Casa Bianca, richiesta a tutto l’Occidente e agli alleati asiatici. Semmai, diventa quello di non apparire subalterno o comunque troppo cedevole nei confronti di Pechino: un esercizio di equilibrio che promette di richiedere un ulteriore sforzo di pazienza verso una Cina assertiva, nervosa e tentata di scaricare all’esterno, magari anche sulle relazioni col Vaticano, i suoi problemi domestici. Per il Partito comunista, è sempre stata una questione usata strumentalmente nello scontro ideologico al proprio interno.





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