lunedì 26 aprile 2021

Le parrocchie chiudono, ma il calo dei sacerdoti non è la causa




 25 marzo 2021  di Andrea Zambrano 



Troppo comodo dare la colpa alla penuria di sacerdoti. Più difficile andare alla radice del problema. Che è il seguente: perché calano i sacerdoti? La domanda è capitale, è la domanda del secolo perché dalla risposta dipenderà molto del futuro della Chiesa che probabilmente arriverà ad avvicinarsi tanto così al quesito, altrettanto capitale, che Gesù fece ai discepoli prima di ascendere al Cielo: «Ma, quando tornerà il Figlio dell’uomo troverà la fede?». La domanda viene da porsela leggendo le cronache locali che diventano per forza globali perché interessano più o meno tutto l’Occidente.

Oggi tocca alla Spagna, precisamente alla Diocesi di Barcellona, che passerà da 208 a 48 parrocchie in poco tempo. Destino che la vede ricalcare le orme dell’Olanda, dove, nella sola Diocesi di Utrecht, il cardinale Arcivescovo Eijk oggi conta appena 20 parrocchie (leggere il libro intervista di Andrea Galli col porporato Dio vive in Olanda QUI).

E destino che vivono più o meno drammaticamente tutte le diocesi del Vecchio mondo, dall’Italia alla Francia dove un sito ha contato il numero dei sacerdoti transalpini che sono stati ordinati nel 2020: appena 91, 126 se si considera quelli che andranno nelle varie congregazioni o in Africa o quelli della galassia tradizionalista, che tengono più degli altri.

Il punto è che Gesù, dipartendo, non si è chiesto se troverà ancora sacerdoti, ma se troverà la fede. Perché è quello il motore che dà avviamento a tutto, non i sacerdoti sono il frutto, semmai, di un cammino di evangelizzazione che inizia con il curare come un fiore prezioso la famiglia.

D’altra parte, che cosa ci aspettiamo? Prendiamo nell’ordine Olanda, Francia e Spagna, i paesi finora più interessati dall’impoverimento e dalla chiusura delle parrocchie (non illudiamoci, perché presto sarà il turno dell’Italia). Si tratta dei paesi che più di ogni altro in Europa hanno portato avanti agende politiche sovvertitrici dell’ordine naturale e sociale. La Spagna che approva l’eutanasia non è diversa dall’Olanda delle false libertà e dalla Francia dei falsissimi diritti. Sono tutti paesi dove l’agenda laicista si è imposta prima di altri e dove ha potuto macinare con le sue ruote schiacciasassi il progresso della libertà con legislazioni sempre più permissive su aborto, divorzio, eutanasia, educazione gender. Sono stati, per certi versi, gli apripista. E questi sono i frutti.

Ma il problema non è la carenza di sacerdoti, perché fosse quello il problema la ricetta ci è già stata suggerita: pregate il padrone della messe perché mandi operai. Solo che nessuno prega più. E nessuno prega più per le cosiddette nuove vocazioni perché ad essere finita è la fede, non gli uomini che la dovrebbero difendere. Che cosa dovrebbe fare un vescovo, invece di allargare le braccia e chiudere i portoni della chiesa se non chiedersi: dove abbiamo sbagliato? Abbiamo inseguito il mondo con le sue seduzioni, cercando di adattarci noi al suo linguaggio per essere più inclusivi. Forse dovremmo interrogarci.

Nessuno dice che questa sia una ricetta facile, ma almeno non nascondiamoci dietro comode scuse, come se a provocare la penuria di sacerdoti fosse stata una pandemia sconosciuta. Se fosse così rimedieremmo con nuovi operai. Se la c’è la benzina, il motore cammina. Il problema è che siamo ormai in riserva e la stazione di servizio non si vede ancora all’orizzonte.


Foto Imagoeconomica






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