Redazione UCCR
28 aprile 2016
Secondo
gli “studi di
genere”, l’identità di genere sarebbe una componente distinta
dall’identità sessuale e potrebbe anche non coincidere con essa (producendo
maschi-donne e femmine-uomini), poiché le differenze tra uomo e donna sarebbero
soltanto una costruzione sociale, dovuta a stereotipi di
genere, per l’appunto. Su questa base teorica, nata negli anni ’70, viene
legittimato il “cambio di sesso” di chi vive una incoerenza tra il “sentirsi”
uomo (o donna) -cioè il “genere”-, e l’essere nata biologicamente come donna (o
uomo), cioè il “sesso”.
Tutto falso, lo dimostra oggi la
scienza moderna. Le differenze tra uomo e donna sono biologiche
e genetiche, non certo dovute all’influsso sociale o dall’educazione ricevuta.
Chi afferma di aver “cambiato sesso” ha semplicemente amputato parti anatomiche
del corpo o ne ha aggiunte altre con la chirurgia estetica, dopo essersi
bombardato di ormoni. A livello neuro-fisiologico rimane come è
nato, nella sua originale identità sessuale.
«I dati scientifici», ha spiegato Antonio Federico,
ordinario di Neurologia presso l’Università di Siena, «evidenziano chiare e
nette differenze tra il cervello femminile e quello maschile, differenze
che sono genetiche, ormonali e strutturali anatomo-fisiologiche, con
importanti conseguenze sulle funzioni cerebrali e anche su alcune malattie».
Oltre all’aspetto anatomico, «in situazioni complesse è avvantaggiata la
donna, perché il cervello femminile è meno “rigido” e portato, quindi, ad
analizzare uno spettro più ampio di dati e possibilità; al contrario, il
cervello maschile è favorito in situazioni semplici e collaudate».
Lo ha confermato pochi giorni fa il neurochirurgo
Giulio Maira: «L’uomo possiede un cervello che segue schemi
basati di più sulla razionalità, mentre nella donna sono più di tipo intuitivo.
Ciò fa sì che le donne siano più brave nel multitasking, più empatiche e con
migliori abilità sociali. Gli uomini, invece, eccellono nelle attività motorie e
sono più capaci ad analizzare lo spazio». Esistono dunque
comportamenti e qualità tipiche degli uomini e della donna
perché vi sono differenti ed immodificabili impostazioni a
livello cerebrale, i quali «influiscono sulle diversità di comportamento e di
percezione del mondo», hanno spiegato i ricercatori dell’Università
di Cambridge.
Non può dunque esistere alcuna
“identità di genere” separata e/o in contraddizione con “l’identità sessuale”,
chi sostiene di avere un’identità differente da quella indicata dalla sua
struttura neuro-anatomo-fisiologica ha semplicemente un disturbo di
percezione di sé, che la medicina moderna chiama “disforia di genere” o “disturbo dell’identità di
genere” (DIG), ovvero «il forte e persistente desiderio di identificarsi con
il sesso opposto, piuttosto che con il dato biologico o anatomico». I
cosiddetti “studi di genere”, dunque, sono confutati fin dalla
partenza: «La genetica e la biologia neoevoluzionista contemporanee hanno
concorso a rimettere in gioco il corpo», si legge sul Dizionario di filosofia
dell’Enciclopedia Treccani. «Per tali vie il sesso sembra riacquistare
incidenza sul genere, attutendo la spinta propulsiva degli studi di genere».
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