Mons. Stephan Ackermann, Vescovo di Treviri, in Germania, ha avuto l’ardire di vietare che il funerale di un suo prete venisse celebrato nella forma straordinaria, nonostante fosse stato esplicitamente richiesto dal defunto. Ma la notizia, immediatamente diffusa dal blog Rorate Caeli e da Gloria.tv, ha sollevato tali e tante proteste da parte di sacerdoti, tra cui anche molti Vescovi, di tutto il mondo, da convincere il prelato a recedere dallo sconcertante rifiuto, affidando a Padre Andre Hahn, della Fraternità sacerdotale di San Pietro, la celebrazione, venerdì 13 novembre, di una S. Messa tradizionale da Requiem.
Don Adolf Mohr, di Rheinböllen, è morto venerdì scorso di cancro. Aveva 86 anni. Da quando si era ritirato per raggiunti limiti di età, aveva ripreso a celebrare nel rito tridentino, come faceva da giovane. Con grande beneficio spirituale per la sua anima e per quella dei fedeli, che assistevano alle sue S.Messe.
Nel suo testamento aveva pertanto espresso il desiderio esplicito che le sue esequie si tenessero nella stessa forma. Il suo parroco gli aveva personalmente garantito – e per iscritto – che tale richiesta sarebbe stata rispettata. Niente da fare. Il Vescovo della sua Diocesi vi ha opposto un rifiuto fermo e definitivo. Definitivo, almeno inizialmente. Ma non aveva tenuto conto della reazione popolare. Così, benché avesse già stabilito che la celebrazione avvenisse Novus Ordo, ha dovuto, obtorto collo, far marcia indietro.
Mons. Ackermann (nella foto, durante una cerimonia in cui riceve il “rinnovo del battesimo” da una “pastora” luterana) non è nuovo a prese di posizione decisamente sopra le righe, prevedibilmente sempre nel senso di un progressismo spinto: nel febbraio dell’anno scorso fece scalpore una sua intervista al quotidiano Allgemeine Zeitung, in cui già prefigurava molte delle affermazioni più eterodosse risuonate poi all’ultimo Sinodo. Ad esempio, sui rapporti prematrimoniali, per i quali suggeriva di «elaborare criteri per i quali in questo o quest’altro caso concreto siano giustificabili»; sulla contraccezione definì «artificiosa» la distinzione tra quella «naturale e non. Temo che nessuno la capisca più», come se il criterio interpretativo fosse questo; sull’iscrizione delle coppie gay in un apposito registro, che a suo giudizio sarebbe equivalente ad un’«assunzione di responsabilità», da «non ignorare»; sul celibato dei preti, che ci tenne a sottolineare come non avesse mai rappresentato canonicamente «un dogma»; e via demolendo. Al punto da giunger ad attaccare pubblicamente in un’altra intervista, questa volta al Trierische Volksfreund, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il card. Gerhard Müller, “colpevole” di aver ribadito la Dottrina della Chiesa in fatto di divorziati risposati; secondo mons. Ackermann lui non avrebbe avuto la facoltà di chiudere la questione per via autoritativa, dovendosi «tener conto con maggior impegno ed onestà della realtà concreta, che vivono molte coppie e famiglie».
Ed ora questo nuovo, inqualificabile rifiuto opposto alla volontà chiaramente espressa da un suo prete defunto; benché questa volta abbia dovuto piegare il capo e tornare sui propri passi, di fronte alla stizzita reazione di confratelli e fedeli ormai esasperati dai “capricciosi” abusi di certi loro pastori.
Corrispondenza Romana, 12 novembre 2015
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