giovedì 6 settembre 2012

Margherita Hack e la teosofia





di Roberto Dal Bosco

L’ateismo raramente viene da solo. Trovare qualcuno che nega Dio e basta, perché lo ritiene una realtà indimostrabile è in fin dei conti raro. L’ateismo, scientista o meno che sia, è sempre contaminato dal pensiero anticristiano vero: gnosticismo, magismo, paganesimo, satanismo. Ciò era vero centinaia di anni fa così come lo è oggi ancora.
Il vegetarianesimo – altro culto deviante a mio dire molto più pericoloso perché sempre più contenuto nella trincea globale del “politicamente corretto” – non si muove su binari diversi.
Il vegetarianesimo è per forze di cose una pratica anticristiana. Negare l’assunzione di carne, rende inservibile il fulcro di tutta la Chiesa, ossia la Santa Messa, dove il fedele crede (dovrebbe, almeno) di mangiare la carne di Dio che si è sacrificato per noi. Le persone che provano orrore a mangiare della carne di animale – un numero ahinoi sempre più alto – considereranno barbara e ripugnante l’idea di cibarsi del corpo di Cristo transustanziato.
A me pare si tratti di un disegno ben preciso, un’operazione di sensibilizzazione su larga scala che porta inevitabilmente le genti a considerare ancora più simbolico – cioè, inutile – l’atto stesso della Messa, e di qui all’emarginazione morale e fisica della Chiesa Cattolica.

Che il vegetarianesimo di oggi abbia basi anti-umane non mi pare che non sia difficile da constatare: il culto di Gaia, la madre terra, altro non è che una letterale reprise del vecchio paganesimo mediterraneo, dove appunto Gaia – o Gea, o Tellure per i Romani – era il titano femmina sorto dal caos all’inizio dell’universo. Gaia è il nuovo Moloch a cui sacrificare gli esseri umani, considerati alla stregue di microbi, di un’infezione passagera di Gaia che giustamente se li vuole scrollare di dosso con tsunami, tempeste, terremoti etc. Gaia, l’immagine meravigliosa della terra blu vista dallo spazio, altro non è che il Titano a cui si vota il nuovo fascismo degli anni 2000, l’eco-fascismo. Il più terribile, il più letale: non ha in programma guerre di conquista o l’eliminazioni di specifici gruppi etnici o sociali, ma dell’intera umanità.
Quando parlano di “decrescita”, o di “zero growth”, è di questo che trattano: l’ecologia, i diritti animali, le leghe antivivisezione e compagnia cantando sono la modalità con cui vogliono indorare la pillola dell’autosterminio (chiamatelo “controllo demografico”, “riduzione della popolazione terrestre”, “rientro demografico” – sempre di sterminio si tratta). Su questo punto, la Chiesa rappresenta ancora per gli ecofascisti un laccio problematico, un bastione che si erge contro i diritti estesi agli animali e per la difesa ad oltranza della vita umana. Per il momento almeno, è così.

Non è difficile vedere come i nemici della Chiesa, anche quelli più spudoratamente e pateticamente dichiarati, rechino radice del loro pensiero tracce di culti extracristiani quando non direttamente anticristiani.

È il caso di Margherita Hack. Per il grande pubblico italiano, in ispecie per quello che si fa indottrinare quotidianamente dai giornali di De Benedetti, la Hack è una nonnina burbera e irresistibilmente simpatica, la prova di come si possa essere dei cervelloni (un’astrofisico per forze deve avere un cervellone) e pure essere gioviali, nonché la prova di come si possa essere, nonostante l’età avanzata, combattivi nelle valorose battaglia del politicamente corretto contro la malvagia Chiesa oscurantista: eutanasia, aborto, procreazione assistita, non c’è stata una occasione in cui la anziana toscanaccia non abbia detto la sua. La vecchina, prezzolata o meno da una uscita libraria con l’editore Feltrinelli, il suo sporco lavoro nella macchina della propaganda anticattolica lo fa volentieri: del resto, è il suo mestiere di scienziata, e dietro il suo antipapismo c’è solo una sano scientismo da cervellone con i fiocchi.

Da alcune cose raccontate nel suo libretto «Essere vegetariani», sorgono alcuni dubbi.
Il primo è che anche qui, l’assetto alimentare e probabilmente anche religioso della Hack – si dice atea – non nasce esattamente dal forsennato scientismo di cui è imbevuto il lavoro di un astrofisico. No, il suo libero sentire gastronomico-religioso è per sua stessa confessione, derivato dell’educazione che le impartirono i genitori.
Entrambi i genitori della scienziata sono stati pionieri della Teosofia in Italia.
Roberto Hack, talvolta descritto come contabile, talaltra come “scrittore e giornalista” è di estrazione protestante; la madre invece lavoro come miniaturista agli Uffizi e proviene da una famiglia cattolica. Entrambi sono teosofi della prima ora, e lo rimarranno a lungo, visto che dal 1962 al 1971 il padre di Margherita assurge al ruolo di Segretario Generale della Società Teosofica Italiana.

La Teosofia è un culto altamente organizzato, e in pochi anni ha creato capitoli in ogni parte della terra. In Italia attualmente la sede principale è a Vicenza e si contano – secondo «Le Religioni in Italia» del Cesnur – ben 47 capitoli in tutto il paese.

Il simbolo della teosofia

La nobile russa Helena Petrovna Blavatsky (nella foto) fondò la Società Teosofica a New York nel 1875. Una medium secondi i canoni dello spiritismo che andavano di moda a quell’altezza dell’Ottocento, la Blavatsky ebbe occasione di girare il mondo ed approfondire le sue conoscenze esoteriche. La accompagnò nelle sue avventure il colonnello Henry Steele Olcott, un potente avvocato nuovayorkese con pesanti entrature presso la Presidenza degli Stati Uniti a Washington. Olcott è tutt’oggi un mito per lo Sri Lanka. I buddisti srilankesi tutt’ora accendono candele votive ogni anno all’anniversario della morte, in quanto Olcott teorizzava aggressivamente la distruzione del cristianesimo e la sua sostituzione con il buddismo: i cingalesi lo adoravano, e lo chiamavano “the White Buddhist”, il buddista bianco.

Olcott e la Blavatsky costituiranno nella terraferma indiana la sede internazionale della Società Teosofica presso Adyar, un quartiere a sud di Madras, la bella città cui l’India odierna voluto stupidamente cambiare il nome in Chennai. Madras, va notato per inciso, non è una città di secondaria importanza per il Cristianesimo, in quanto vi visse e vi fu martirizzato San Tommaso. La comunità cristiana a Madras è ancora vasta e fiorente.

La sede della Teosophical Society a Madras è ancora presente ed attiva. Da fuori è niente di più che un lungo muro, un cancello e dietro una fitta foresta. Una volta entrati invece si accede ad Una serie di vecchi palazzi in un giardino immenso (guardate pure con Google Earth) in cui si nascondono orde di pipistrelli giganti (le cosiddette “volpi volanti”, che infestano a decine di migliaia un particolare baniano nel giardino) come pure gli ultimi adepti di questa bizzarra religione moderna. Capita a volte di vedere qualche Mercedes dai vetri oscurati andare e venire, segno che qualche finanziatore ancora c’è. Ma più spesso ci si imbatte in vecchi seguaci, specie occidentali, che paiono in verità un po’ smarriti ed ineleganti.

In una serie di bassorilievi di uno dei palazzi principali è visibile il principio sincretista del culto teosofico: c’è Cristo, maestro per i cristiani, Mosé maestro per gli ebrei, Krishna per gli hindu, Maometto per i musulmani, Budda per i buddisti, Nanak per i Sikh, e poi… Hiram. Hiram sta per Hiram Abif, leggendario costruttore del Tempi di Salomone e figura centrale nella Massoneria. La Massoneria, nella capitale teosofica, è considerata una religione al pari delle altre.

Il succo delle attività della Società teosofica è trino: 1) Formare un nucleo di Fratellanza Universale dell’Umanità senza distinzioni di razza, sesso, credo, casta o colore. 2) Incoraggiare lo studio comparato delle religioni, filosofie e scienze. 3) Investigare le leggi inesplicate della Natura ed i poteri latenti dell’uomo”.
Il pensiero teosofico discende dalle due ponderose opere principali della Blavatsky, «Iside Svelata» e «La Dottrina segreta». Il disegno teologico ivi sotteso è impervio: vi è una sorta di dio solare trinitario, poi più sotto sette pianeti che formano gli universi – il numero sette è il tratto numerologico che interviene in tutta la mitologia teosofica. Ogni universo può attraversare un processo di materializzazione o di spiritualizzazione, processo diviso in sette stadi. Il nostro pianeta è attualmente al quarto stadio di un processo di materializzazione, e la razza umana è pure passibile di una scansione in sette stadi, di cui l’umanità attuale rappresenta il quinto. L’essere umano è formato di sette corpi, alla morte dei quali procede la reincarnazione, che come per hindu e buddisti è da intendersi come un progressivo perfezionamento.

In verità, oltre a questo complicato edificio filosofico, l’adepto deve sciropparsi letture astruse in cui la veggente Blavatsky si lascia andare ad improbabili racconti biografici di sapore muenchauseniano, fra cui spicca quello per cui arrivata in Tibet incontrò degli esseri superiori chiamati “i maestri”, uomini perfetti e simil-onnipotenti che dirigono il corso della storia, dello spirito, del cosmo. I maestri svolgono il fondamentale ruolo di cerniera tra la realtà superiore del dio solare e quella inferiore dei pianeti. Il ruolo dei teosofi altro non è che quello di tenere vive quelle “linee di forza” con le quali i maestri comunicano e guidano la nostra razza: essi infatti presiedono ad ogni affare terrestre lungo sette raggi che si dipanano dal centro del mondo, dove i maestri risiedono.

Non mancano anche improbabili racconti, avvallati tutt’oggi dalla Società Teosofica Italiana, per i quali la nostra eroina accorse a Mentana per combattere con coraggio a fianco di Garibaldi, che guarda un po’ che coincidenza era pure lui massone, spiritista, anticristiano. Il quadretto risorgimental-teosofico è completato da una scena di ferimento della Blavatsky nello stile della mitica Anita Garibaldi; su un piano leggermente più serio non potevano mancare i contatti della Blavatsky con il più malefico ed oscuro degli antipapisti ottocenteschi, Giuseppe Mazzini.

Queste e molte altre affermazioni presenti nei libri teosofici sono state oggetto di critica quando non di scherno da numerosi studiosi dell’Ottocento (ad esempio l’oxoniano Max Mueller, Réné Guénon che vi dedica un intero libro, «Il teosofismo, storia di una pseudo-religione»), ma molte personalità intellettuali di certo Novecento italiano ispirato all’Oriente sono pure passate di qui. Maria Montessori vive nella sede teosofica di Madras gli anni della seconda guerra mondiale. Nel 1907 la Lega Teosofica Indipendente, uno scisma della società teosofica seguito a degli scandali interni, inizia la pubblicazione di «Ultra», rivista dedicata alla “ricerca spirituale”. Ebbene, dalle pagine di questa rivista passano personaggi come il misterico massone Arturo Reghini, il barone ultrafascista Julius Evola, il filosofo antifascista Adriano Tilgher, persino il padre dell’Orientalistica italiana Giuseppe Tucci, uomo destinato a diventare il più grande tibetologo del secolo.
La Teosofia non è marginale in molti eventi del secolo scorso.



Annie Besant (nella foto), una signora che si era fatta notare come attivista calda del femminismo e dell’agnosticismo razionalista, nel 1907 sarà nominata successore della Blavatsky alla guida della Società Teosofica (a lei è dedicato un intero quartiere di Madras, Besant Nagar, dove in riva al mare sorge paradossalmente un’affollattissima chiesa cattolica consacrata a Nostra Signora di Velankanni).
La Besant non esista ad appoggiare apertamente la causa dell’indipendenza indiana.
In molti hanno pensato che la Teosofia fosse sin dal principio sostenuta dagli apparati britannici, desiderosi di avere una versione “addomesticata” delle religioni indiche con la quale irretire i sudditi asiatici dell’Impero e magari non solo quelli. In questo senso, l’appoggio della Teosofia all’indipendenza del subcontinente andrebbe letto come ulteriore prova del lungo e sapiente processo di exit strategy che la corona inglese ha imbastito sottotraccia per smantellare un impero i cui costi erano oramai esorbitanti.
A ulteriore riprova del nesso tra Teosofia e decolonizzazione, va detto che molti dei fondatori del Partito del Congresso – il partito “progressista” attualmente al potere a Nuova Delhi – provenivano proprio dalle file della Teosofia.

Così come all’origine del culto vi era una coppia (la Blavatsky e Olcott), la Besant si accompagnerà a tale Charles Leadbeater, il quale porterà la Società verso desolanti scandali, vuoi per le chiacchiere sulla sua vita dissoluta, vuoi per la sua convinta apologia della masturbazione giovanile, vuoi per il caso Krishnamurti. Jiddu Krishnamurti era infatti un giovane indiano in cui Leadbeater, che era ovviamente anche chiaroveggente, vide il messia teosofico, il bambino che una volta adulto sarà acclamato come Maestro dal mondo intero. Il ragazzo invece ad un certo punto si negherà, divenendo un mite guru per conto suo – i suoi libri saranno apprezzattissimi in occidente, a pubblicarli in Italia sarà l’editore di tanti testi buddisti, hinduisti o prettamente esoterici, Astrolabio-Ubaldini. Il filosofo austriaco Rudolph Steiner reagirà scismaticamente alle follie di Leabeater fondando una sorta di teosofia tutta sua, la cosiddetta Antroposofia, che oggi informa diversi istituti scolastici dove gli studenti sono particolarmente liberi di perseguire la propria “creatività”.
Dopo la Besant, arriva il turno di un’altra donna a prendersi la luce dei riflettori di questa nuova religione: Alice Bailey. Nata a Manchester, la Bailey scopre la Teosofia e ne scala velocemente i vertici organizzativi americani. Nella sua visione il mondo i “Maestri dell’Antica Sapienza” lavorano attivamente per la trasformazione del pianeta sotto la guida di Maitreya, parola che nel buddismo sta a significare il messianico Budda del futuro. La Bailey comincia quindi a sostenere di essere in contatto diretto con un maestro superiore, che chiamerà “il Tibetano” o Djwhal Khul. Per trenta anni, dal 1919 al 1949, la Bailey scriverà ininterrottamente ciò che Djwhal Khul le detta sui più disparati argomenti, dall’astrologia all’attualità, dalla politica alle tecniche di guarigione. Un tale attivismo le costò frizioni con la Besant e altri papaveri della Società Teosofica, anche se dal 1919 era divenuto segretario nazionale della Società Teosofica degli Stati Uniti suo marito Foster Bailey, che risulta anche essere massone al 32° grado.

Espulsi dalla Teosofia, i Bailey fonderanno il Lucis Trust, una organizzazione no profit che agisce come fondo fiduciario e come casa editrice, un ente con ampie entrature all’ONU (che lo ha riconosciuto come NGO con potere consultivo nell ECOSOC, il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite). Il Lucis ha una pure una branca inglese (Lucis Trust Ltd), una svizzera (Lucis Trust Association) , una olandese (Lucis Trust Stichting).
Lucis, per chi non lo avesse capito, sta per Lucifero.

Citiamo dal sito internet ufficiale: «La ragione per cui i Bailey abbiano deciso questo nome ci è sconosciuta, ma possiamo immaginare che essi, come la grande insegnate H.P. Blavatsky per la quale avevano enorme rispetto, cercassero di stimolare una più profonda compresione del sacrificio fatto da Lucifero. Alice e Foster Bailey erano seri studenti ed insegnati di Teosofia, una tradizione spirituale che vede Lucifero come uno degli angeli solari, quegli essere perfezionati che la Teosofia dice essere discesi da Venere sul nostro pianeta eoni fa per portare il principio della mente a quello che era l’animale-uomo. Nella prospettiva teosofica, la discesa di questi angeli solari non era una caduta nel peccato o nella disgrazia ma un atto di grande sacrificio, come suggerito nel nome “Lucifero” che significa portatore della luce».
Avete capito bene: un panegirico degli angeli caduti, con tanto della solita solfa del Lucifero-Prometeo che è lui sì il vero amico dell’uomo, e lo guida verso una coscienza superiore di se. Mangiate la mela, eritis sicut dei.

Siamo allo gnosticismo, al satanismo in pubblica piazza. Anzi, al satanismo pagato da fondi pubblici: all’ONU, a quanto dicono, il Lucis gestisce il “Tempio della Comprensione”, una sorta di “Cappella” ecumenica all’interno del Palazzo delle Nazioni Unite.
Secondo un testo del 2005 di Lyndon Larouche, sono stati sponsor del Lucis i Rockfeller, la famiglia Marshall Field (un tempo proprietaria di una catena di grande distribuzione), il giornalista pacifista Norman Cousins, Robert MacNamara, il presidente dell’IBM poi ambasciatore americano a Mosca Thomas Watson, il Rabbino Marc Tannenbaum della American Jewish Committee e tanti altri.
Sempre secondo il vulcanico Larouche, sabbero connesse al Lucis il World Wildlife Fund (WWF), Greenpeace, Amnesty, le scuole steineriane, la Nicholas Roerich Society, l’UNESCO e l’UNICEF.

Ma Larouche si sa, è una testa calda, un matto che le spara grosse, tanto più che questo Lucis Trust, una sorta di centrale satanica derivata dalla Teosofia e pagata dal megacapitale americano, non lo si è sentito spesso in giro. Almeno, sino all’anno scorso.
Ricordate il movimento “Occupy Wall Street”? All’apparenza, una sollevazione popolare contro il capitalismo speculativo. A coordinare il movimento, detto anche “Global Change”, fu un sito, 15october.net, dov’è tutta l’occorenza del nuovo scenario rivoluzionario: Facebook, Twitter, tutto l’armamentario di propaganda elettronica che ha sconquassato il medio-oriente nella cosiddetta Primavera Araba. Il sito vanta di mettere in contatto ben 82 paesi e più di 1000 città, tutti pronti a scatenare la protesta contro i rapaci di Wal Street e i loro epigoni per il 15 ottobre 2011.
Qualcuno ha però scoperto che tale sito era stato registrato da “Paulina Arcos, 866 United Nations Plaza, Suite 516, New York, New York 10017, United States“. In pratica una donna che dà come indirizzo il palazzo delle Nazioni Unite. Scavando un po’ di più si scopre che la rivoluzionaria domiciliata all’ONU è la moglie di Francisco Carrion Mena, rappresentante permanente dell’Ecuador alle Nazioni Unite. Poi il colpo di scena: chi dopo il 15 ottobre va a controllare a chi è intestato il dominio registrato, non trova più il nome della moglie del diplomatico dell’Ecuador (paese dal quale, facciamo notare per inciso, pare provenissero parte di quei “rosari massonici” venduti in Italia) ma il nome di un ragazzo dell’Arizona.
Il mistero si infittisce ancora di più, se si considera che l’indirizzo del Lucis Trust, così come segnato da Epiphanius nel suo «Massoneria e sette segrete» è “66 United Nations Plaza, Suite 516, New York, New York 10017, United States”. Lo stesso fornito dalla Signora Arcos Carrion Mena.
In breve, il Lucis Trust potrebbe essere dietro al movimento Occupy Wall Street.
Qualcuno se ne è accorto, il tamtam sui forum e pure su Youtube è partito, ma niente è trapelato nei media maggiori. Nessuno ha voluto verificare la cosa – va detto che l’indirizzo è un indirizzo a cui rispondono molti altri affituari – o anche semplicemente intervistare la Signora Arcos.

Ma la realtà non cambia: un culto luciferista sin dentro all’ONU, dai cui uffici si ingenerano rivoluzioni colorate e primavere arabe. Il pensiero va alla Blavatsky che millanta di aver partecipato al Risorgimento italiano, la prima vera rivoluzione colorata attuata in Europa. Stessi principi, stesse idee, persino stessi personaggi.
Stessi diavoli.
Chiudiamo.

Nel vuoto dell’ateismo di Margherita Hack, lungi da essere un puro derivato dello scientismo, si nascondono anche queste cose; la religione dei suoi genitori è un culto folle finito ad adorare Lucifero all’ONU.
Laddove non c’è Dio, si insinuano i diavoli.
Anche quando qualcuno ci racconta di essere vegetariano, è molto probabile che non sappia bene quale realtà possa nascondersi dietro alla sua scelta: a spingerlo non cibarsi di carne è tutta una cultura che può essere anche molto composita, ma che ha un unico, chiaro fine. La distruzione della Chiesa e dell’umanità. Una cultura che pure ha dei precisi “maestri”, ma che non sono i “superiori sconosciuti”, gli “angeli solari” della Blavatsky e dei genitori della Hack. O meglio, sì, sono proprio loro. È solo che noi li chiamiamo con nomi differenti. San Paolo parlava “potenze dell’Aria”. Noi cristiani, invece, possiamo pure chiamarli con quella vecchia parola di origine greca: demòni.



Roberto Dal Bosco è autore di: http://www.fedecultura.com/dettagli_libro.php?id=310
da Libertà e Persona   6 settembre 2012

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