domenica 9 settembre 2012

Lo sguardo di Dio

 
 
 

di padre Giovanni Cavalcoli


Un apporto sublime della rivelazione cristiana è dato dalla possibilità data all’uomo di innalzare il proprio pensiero e il proprio sguardo in qualche modo all’altezza infinita del pensiero e della sguardo divini, ossia di come Dio pensa e di ciò che Dio pensa, senza per questo naturalmente diventare Dio, come credono i panteisti, il che sarebbe semplicemente assurdo e folle presunzione.

La mente umana, creata ad immagine di Dio, ha già in sé naturalmente la capacità di vedere le cose, se stessa e Dio con un occhio spirituale, quindi al di sopra della capacità conoscitiva degli animali i quali conoscono solo le cose materiali. Ma per quanto riguarda Dio, essa naturalmente con le proprie forze non può assolutamente elevarsi all’altezza infinita del pensare divino, data la finitezza del suo essere creaturale e l’infinità del pensare divino e della scienza divina.

La Bibbia stessa ci ricorda in molte occasioni questa finitezza del pensare umano a confronto con l’infinità del pensiero divino (cfr. per es. Gdt 8,14; Sal 92,6; 139,17; Sap 9,17; Is 55,9; I Cor 2,16). Eppure, come ci testimonia S.Paolo, la possibilità data al cristiano è proprio quella di poter fruire o partecipare del pensiero divino: “noi – annuncia l’Apostolo (I Cor 2,16) – abbiamo il pensiero di Cristo!”.
Al cristiano dunque è data la possibilità di vedere le cose non solo col suo naturale sguardo umano, ma anche come le vede Dio, ossia con la sguardo di Dio o, se vogliamo, dal punto di vista di Dio. Gesù stesso ci esorta a “non pensare secondo gli uomini, ma secondo Dio” (Mt 16,23). E’ questo lo sguardo di fede o, come si dice tradizionalmente, lo sguardo “soprannaturale”.

Dio vede certamente il mondo fuori di Sé come lo vediamo noi; ma vede anche il mondo nell’intimo di Sé come Dio, nella sua divina essenza di Dio, virtualmente contenuto in questa Essenza, perché Egli lo ha pensato e progettato dall’eternità ed Egli ne è il creatore. Ora, secondo il principio di causalità, l’effetto è innanzitutto interno alla causa prima di essere prodotto al di fuori della causa stessa.
Così mettendoci dal punto di vista di Dio con l’occhio della fede, questa “vista” divina, possiamo non solo risalire dal mondo a Dio partendo dal mondo, come avviene nella ragione naturale (punto di vista umano), ma anche in qualche modo “entrare”, se così posso dire, in Dio stesso e condividere e comprendere, per quanto è possibile alla nostra limitata intelligenza, i suoi piani ei suoi progetti, che sono all’origine delle cose esistenti e di noi stessi. Possiamo così comprendere ciò che Dio vuole da noi prima ancora che possiamo metterlo in opera. E’ in questo clima mentale e spirituale che scopriamo per esempio la nostra vocazione o comprendiamo le scelte più importanti della nostra vita.

Questo sguardo divino si acquista quando riceviamo il dono della fede, la quale appunto è un sapere che arricchisce il nostro sapere naturale e razionale con modalità e contenuti che vengono da Dio stesso, che sono proprietà di Dio stesso. Dio ci comunica, per quanto ciò può esser comunicato ad una creatura, il suo modo stesso di vedere le cose e le cose stesse che egli vede, a cominciare dal mistero stesso della sua intima essenza, ossia il mistero trinitario e poi anche altre cose che costituiscono i contenuti della fede cristiana, come il senso delle Scritture, la comprensione della Parola di Dio, il fine soprannaturale dell’uomo, il piano della salvezza, la legge evangelica, la natura del peccato e della grazia, i sacramenti, la Chiesa, le virtù teologali, i doni dello Spirito Santo, la capacità di annunciare il Vangelo e tante altre cose.

E’ solo con lo sguardo di Dio che noi possiamo conoscere intimamente il mistero divino. Dio così come Dio conosce se stesso, ce lo ha rivelato Cristo nello Spirito e ce lo interpreta e comunica la Chiesa nella Scrittura, nella Tradizione, nel suo Magistero, nei suoi santi, nei suoi teologi, nei suoi predicatori dagli inizi del cristianesimo sino ai nostri giorni.
Con lo sguardo di Dio noi possiamo conoscere noi stessi così come Dio ci conosce e siamo da lui conosciuti e così pure dicasi del mondo e delle altre persone. Naturalmente non si tratta di pareggiare la scienza divina, come ho detto sopra, la quale è infinita, mentre noi siamo finiti.
Questa divinizzazione del nostro sapere delle cose, di noi stessi, degli altri e di Dio resta pur sempre un atto del nostro limitato intelletto, ma potenziato in maniera sublime e meravigliosa, come se possedessimo un potente binocolo o addirittura un telescopio che ci apre orizzonti stupendi che ad occhio nudo mai potremmo raggiungere. La conoscenza di fede è questo divino potenziamento della ragione, proprio dei figli di Dio, che sono i cristiani in grazia di Dio.

Questo prodigioso aumento della vista spirituale che ci è consentito dall’accogliere la Parola di Dio non va sottovalutato, quasi si trattasse di un complesso di simboli, immagini, metafore o addirittura miti edificanti per esprimere in modo poetico o più elegante quanto con la ragione possiamo già da soli percepire, come se il potere della ragione fosse insuperabile e costituisse il massimo di quanto possiamo conoscere.
Questa sarebbe un’impostazione gnostica, illuministica o razionalista che distruggerebbe alle radice l’originalità e la sublimità del messaggio cristiano. Ma neppure ci è concesso di esagerare questo potere divino, donatoci gratuitamente, di penetrare i misteri divini, quasicchè dovesse scomparire la distanza infinita che separa il nostro essere e quindi pensare limitato dall’essere e pensare divini.
Dotata nella fede della sguardo divino, la nostra mente resta mente di creature, oltre a tutto peccatrici e fallibili, anche se ad essa si aggiunge una luce infinitamente superiore e purificatrice che ci fa percepire realtà per noi del tutto nuove, che mai avremmo potuto sospettare e quindi neanche desiderare, giacchè si desidera solo ciò che si conosce.
Eppure si tratta di realtà conformi o quanto meno non in opposizione alla nostra natura e quindi beatificanti, se accolte con la dovuta umiltà, modestia e gratitudine, come una lampada nella notte, come un fuoco sacro, prezioso e delicato, da custodire con somma cura e diligenza attenendoci scrupolosamente alle indicazioni che ci vengono dalla Chiesa, alla quale è stata affidata da Cristo questa Parola divina che dev’essere vita della nostra vita, fino a dire con S.Paolo: “Non son più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

In tal modo lo sguardo della fede, che è sguardo divino, ci rende vicinissimo il pensiero divino e lo stesso essere divino nella vita della grazia santificante, “più intimo a noi che noi a noi stessi”, per usare una frase paradossale di S.Agostino, naturalmente da intendere nel senso giusto e non panteistico, giacchè quel Dio che si piega misericordiosamente sino alla nostra bassezza, e vuol unirsi a noi come lo sposo si unisce alla sposa, resta pur sempre quel Dio altissimo e trascendente, Mistero incomprensibile ed ineffabile, Deus tremendae maiestatis, davanti al Quale piega il ginocchio tutto l’universo “in cielo, in terra e sotto terra” (Fil 2,10).

 

Libertà e Persona

 

 

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