giovedì 13 settembre 2012

Alcune domande ai modernisti

 

 

 




Non è sbagliato, ma è un dovere essere moderni, intendendo per “moderno” ciò che è avanzato, progredito, rinnovato, aggiornato, migliorato, adatto ai nostri tempi, utile ed efficace per le situazioni dell’oggi. Moderno viene da modus nel senso del giusto modo. Certo da moderno viene anche “moda”, che a volte può essere qualcosa di frivolo ed effimero. Allora è chiaro che in tal senso il moderno non è gran che apprezzabile. Inoltre non è detto che il moderno, materialmente o fattualmente preso, sia sempre un qualcosa di valido o giusto. Esiste una criminalità moderna che certo non è né invidiabile né da prendere ad esempio.

Tuttavia si suppone in linea di principio che, per esempio, nel sapere o nella medicina o nella produzione tecnica il moderno sia sempre migliore dell’antico e quindi da preferire ad esso. Chi preferisce ciò che è vecchio e superato, ciò che è anacronistico e non più funzionale, lo consideriamo un attardato, uno fuori dalla storia e dalla realtà, un “conservatore” nel senso negativo di chi rimane attaccato a cose o credenze che sono state abbandonate dal progresso storico, morale o culturale. Non è detto, certo, che ciò che non è più attuale sia sempre da scartarsi, mentre non sempre attualità vuol dire progresso e novità significa valore.

Può accadere che sia bene recuperare valori dimenticati. Può esistere un’attualità spiacevole, una novità sciagurata, una nuova disgrazia. Non sempre dunque il moderno o il nuovo coincide col meglio, anche se il primo significato che ci viene in mente è la coincidenza di modernità e maggior perfezione. Tutti desideriamo acquistare un’auto moderna, sottoporci ad una cura moderna, acquisire la scienza moderna.

Ma qual è il criterio del moderno e dell’antico, del nuovo e del vecchio, dell’avanzamento e della retrocessione, del progresso e del regresso, dell’evoluzione e dell’involuzione, del superamento e della stasi, del miglioramento e del peggioramento, dell’anacronismo e dell’adattamento ai tempi, del restare indietro e del camminare con la storia?

Un difetto della spiritualità, della cultura e del costume cattolici del nostro tempo è quello che da molti è chiamato “modernismo”, per riprendere un termine famoso usato a suo tempo da S.Pio X, certamente in un contesto storico-culturale diverso e in certo modo superato, e tuttavia esiste una definizione di “modernismo”, attuantesi a diversi livelli, la quale sta per così dire al di sopra del tempo ed è indipendente dalle idee che ne fanno il contenuto preciso e fattuale.

In tal senso il modernismo, come categoria e tentazione perenne dello spirito, è l’atteggiamento che identifica tout court ed acriticamente la verità con la modernità, facendo di questa il criterio assoluto della stessa verità concepita peraltro non come qualcosa di immutabile, ma, come già osserva S.Pio X, come qualcosa in continua evoluzione ed anzi in contraddizione col passato e col futuro, soprattutto se questa cosiddetta “verità” attira le masse del proprio tempo o è spacciata come tale dalle classi al potere o da personaggi di successo, anche teologi o ecclesiastici.

Si potrebbe quindi anche dire che il modernista identifica il vero con ciò che attualmente ha successo, seduce, attira, ha seguito, fa riscuotere guadagni, procura premi ed onori, fa trionfare su forze avverse, appartiene alla maggioranza, è pubblicizzato dai grandi mezzi di comunicazione. Questa per lui è la verità. E questo è il “moderno”. Il resto è superato, vecchio, da buttare, è contro la storia, contro il progresso, contro la felicità, contro la giustizia e la pace.

Ora però ai fratelli modernisti, che pur si considerano “cattolici” ed anzi cattolici avanzati e moderni, vorrei rivolgere le seguenti domande. Premesso che il progresso suppone che si abbia l’idea del punto di partenza e del punto di arrivo, vorrei chieder loro: voi sapete veramente dove il cristianesimo vuole arrivare? Se esiste qualcosa di superato e qualcosa di avanzato, suppongo che voi conosciate con certezza il punto di riferimento per fare questa distinzione, così come diciamo che Imola è più distante da Ravenna che non Castelbolognese.

Ma se non facciamo riferimento a Ravenna, come si potrebbe parlare di un più vicino e più distante? Altrimenti il nostro non è un progredire, ma un girare qua e là, avanti e indietro a casaccio, senza sapere dove andare. Per progredire non basta muoversi e cambiare in un modo qualunque, ma occorre avanzare chiaramente e decisamente, con perseveranza e tenacia, verso la meta, preconosciuta e prestabilita. Questa meta ci vien data in una buona escatologia. Anche riguardo ad Abramo, del quale la Bibbia dice che “partì senza sapere dove andava”, la Bibbia non vuol dire che partì con la testa nel sacco, ma per esprimere che Abramo si fidava totalmente della misteriosa guida divina. E’ indubbio che la fine del nostro cammino è profondamente misteriosa ed oggetto di pura fede, ma essa non è priva di un elemento di intellegibilità, che occorre tenere presente, forma oggetto del dogma cattolico, ed è conforme alla nostra dignità di esseri intelligenti e liberi.

Voi vi considerate più avanzati di noi, retrogradi e ancora fermi al Magistero del Papa, al Catechismo della Chiesa Cattolica, al Codice di Diritto Canonico, a S.Tommaso e alla scolastica. Voi siete “moderni”, noi siamo “vecchi” e “superati”, nostalgici di un passato ormai morto. Voi ritenete di essere la Chiesa del futuro, la speranza dell’avvenire, la nuova umanità uscita dal Concilio Vaticano II, interpretato alla luce di Lutero, Küng, Rahner, Schillebeeckx, Cartesio, Kant, Hegel, Bultmann ed Heidegger.

Ebbene, siete proprio sicuri di esser sulla strada giusta? State veramente progredendo verso il meglio? Siete sicuri che il progresso sia rottura, contraddizione e falsificazione del precedente Magistero della Chiesa o non invece, come dice Benedetto XVI, progresso nella continuità, mantenimento dei valori “non negoziabili”, ossia eterni ed immutabili, benchè poi compresi e vissuti sempre meglio?

Quale tipo di escatologia proponete? Quella che concepisce un Dio che muta nel corso della storia? Quella che nega l’oggettività della conoscenza, identifica l’anima col corpo, identifica il mondo con Dio, con la Chiesa e con l’uomo? Quella che nega l’immortalità dell’anima, il soprannaturale, l’esistenza dell’inferno, del purgatorio e della visione beatifica dell’Essenza divina? Quella che nega l’infallibilità della Chiesa, la maternità divina di Maria e la sua verginità? Quella che nega la risurrezione come riassunzione del corpo da parte dell’anima alla fine del mondo? Quella per cui Cristo non è altro che il “profeta escatologico”? Che dice che una religione vale l’altra, che Dio non castiga nessuno, che tutti si salvano e sono buoni e il peccato non esiste, che il diavolo non esiste e che Dio perdona anche chi non si pente?

Quella che nega l’esistenza di un altro mondo oltre il presente? Che concepisce la giustizia e la pace come godimento in questo mondo, perché dopo non c’è niente? Quella che vi dice che siete salvi già adesso e non c’è da sperare alcuna salvezza dopo la morte? Quella che nega la salvezza come frutto del sacrificio espiatorio di Cristo riattualizzato nel sacrificio della Messa celebrata dal sacerdote in persona Christi, nel quale sacrificio avviene il mistero della transustanziazione?

Siete sicuri di andare avanti o non piuttosto di tornare al paganesimo? Siete sicuri di aver “superato” Calcedonia o non piuttosto di essere invischiati proprio in quelle eresie precalcedonesi che Calcedonia ha confutato? Sarebbe questa secondo voi la meta del Cristianesimo, il vertice della storia, il compimento del Regno di Dio?

Sarebbe questa la meta verso la quale voi state avanzando considerandovi gli uomini del futuro, gli esponenti della “modernità”, la punta avanzata della Chiesa e considerando noi poveri arretrati con aria di sufficienza o di commiserazione, pensando che, sopportandoci pazientemente, fate un’opera di misericordia, ignorando sprezzantemente (ma inutilmente) o scagliandovi furiosamente contro chi vi ricorda le vostre eresie?

Riflettete bene, cari fratelli. Tornate in voi stessi. Approfittate del tempo presente, perché non sapete quanto Dio ve ne concede ancora. Cercate di capire che i veri moderni, i veri progrediti siamo noi, che amiamo certo il moderno, ma non a prezzo della nostra anima, ma in vista di quell’“uomo nuovo”, di quella “nuova creatura”, di quei “nuovi cieli e nuova terra”, in ascolto di quello Spirito Santo che rinnova tutte le cose, verità che ci sono insegnate dalla Santa Madre Chiesa, vera interprete della divina Rivelazione espressa nella Scrittura e nella Sacra Tradizione.




P. Giovanni Cavalcoli OP
Articolo pubblicato in Riscossa cristiana

 

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