mercoledì 7 settembre 2011

Il tempo dei Melloni



di Rodolfo Lorenzoni

Rai Vaticano - 6 Settembre, 2011


Quando, scorrendo ad esempio le pagine del Corriere della Sera, ci si imbatte in una dotta articolessa del professor Alberto Melloni, si viene subito investiti da una sensazione. No, non si tratta di un pregiudizio. E’ piuttosto un presentimento, un’aspettativa che non verrà delusa, un presagio che immancabilmente si avvererà. Si ha, insomma, una sorta di “certezza preventiva”: finirai per deprimerti. Perché mai?

Gli scritti di Melloni – che taluni da qualche tempo definiscono affettuosamente “mellonate” – sono in senso lato assimilabili a quelli di Vito Mancuso. Melloni agisce sul piano storico-politico, Mancuso su quello teologico: se nel caso di Mancuso si tratta di pura fuffa pseudoteologica ad uso e consumo di ogni tipo di nemico della Chiesa, allo stesso modo in Melloni qualsiasi dato storico viene utilizzato per censurare o stigmatizzare le idee del Papa. Si pensi che in un suo “Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento”, Melloni è riuscito a citare 44 volte Ratzinger senza mai nominarlo nelle voci riguardanti la teologia, negando così la dignità di teologo a uno dei più grandi pensatori religiosi dei nostri tempi.

Leggendo tali raffinati eruditi, si ha dunque il piacere di scoprire che oggi la Chiesa si macchierebbe di crimini orrendi, quali: diffondere la parola di Cristo e proclamare l’esistenza di un solo Dio (quello cristiano), tutelare la vita e la famiglia fondata sul matrimonio, combattere il relativismo, deprecare il nichilismo, difendere la Verità sulla base della predicazione e dell’insegnamento di Gesù, affermare l’imprescindibile necessità della gerarchia e dell’istituzione (come da dettato evangelico) a garanzia della trasmissione nel tempo e nello spazio della fede nel Signore risorto.

Tutto questo – e come potrebbe essere altrimenti? – risulta evidentemente intollerabile a lorsignori. Nello stesso momento in cui anche (e soprattutto) un bambino comprende con una certa facilità che la sola ragione per cui milioni di giovani a Madrid si sono stretti intorno al Papa è che la Chiesa costituisce ai loro occhi l’unica autentica fonte di Verità eterne e sicure nel caos del mondo, giunge puntuale la mellonata: a che scopo, si chiede lo Storico, il Papa parla ancora di relativismo? Non si accorge, Benedetto XVI, che per la Chiesa (specialmente dopo il Concilio, e ci mancherebbe!) è giunto il momento adeguarsi al mondo? E il dialogo? Dove lo mettiamo il dialogo? Il vostro parlare, dunque, non sia più “sì sì, no no” (perché il di più, mi pare di ricordare, viene dal maligno), bensì “forse forse” e magari “ma anche”.

Per una spiacevole coincidenza, per quello che senz’altro è un mero caso, le idee professate da tali paladini del “rinnovamento” ecclesiale, trovano ascolto e favorevole accoglienza in personaggi universalmente rinomati per il loro amore viscerale per la Chiesa: Corrado Augias, Eugenio Scalfari, Piergiorgio Odifreddi, Gianni Vattimo, il signor Andrea Gallo di Genova e compagnia cantante. Giù giù fino al comodo divano di Serena Dandini, su cui sarà agevole planare per sostenere un’amena chiacchierata e ricevere gli applausi (per nulla interessati) di platee notoriamente intrise di cristiana devozione. Erano, insomma, quattro amici al bar.

Da qui, dicevamo, la depressione. Perché è inevitabile chiedersi: lo fanno apposta o gli viene naturale? Ci pensano prima o si tratta di un moto spontaneo? Non è dato saperlo. Quel che è certo è che placare lo “spleen da mellonata” non è poi così difficile: basta farsi nuovamente e dolcemente persuasi che per andare avanti da cristiani è sempre necessario guardare indietro, tornare ai grandi del pensiero e della fede. E’ quindi fortemente consigliabile andarsi a rileggere le meravigliose catechesi ratzingeriane sui padri della Chiesa. In una di esse, commentando Sant’Agostino, Benedetto XVI disse: “Se il mondo invecchia, Cristo è perpetuamente giovane”. C’è bisogno di altre novità?


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