martedì 6 settembre 2011

Se l’Australia vuol cancellare Gesù dalla storia



di Andrea Tornielli



A.C e d.C (avanti Cristo e dopo Cristo, in inglese rispettivamente B.C.Before Christ – e A.D.Anno Domini), suonano troppo “identitarie”. È vero, si dirà, che si tratta ormai solo di iniziali, di sigle. Ma vuoi mettere il disagio nel leggerle, facendo riferimento a una data? Costretti a pronunciare quel nome… «Cristo».

Così, in ministero della Pubblica istruzione australiano ha pensato bene, in nome del politicamente corretto, di stabilire – la decisione finale non è però ancora stata presa in via definitiva, visto il clamore suscitato – un adeguamento dei testi scolastici di storia, per evitare che i ragazzi e i giovani studenti nel grande Paese che sta ai nostri antipodi siano costretti a imbattersi in quelle siglette e debbano forzatamente imparare che B.C. sta per Before Christ mentre A.D. sta per Anno Domini.

La notizia è stata segnalata da Vatican Insider, qui potete leggere anche le spiegazioni e le reazioni. Le soluzioni proposte? Molto neutre, molto politicamente corrette, in qualche modo già diffuse tra chi preferisce non nominare «Cristo»: BCE (Before Common Era, prima dell’era attuale), BP (Before Present, da utilizzarsi secondo le indicazioni per la storia molto antica e l’archeologia), CE (Common Era, era attuale).

Che dire? Beh, si potrebbe suggerire agli australiani un atto coraggioso: invece di dissimulare il malcelato fastidio per l’appartenere a quella parte del mondo che conta gli anni del calendario in relazione all’evento che ha diviso in due la storia, la nascita di Gesù di Nazaret, potrebbero adottare il calendario islamico, o quello ebraico. O ancora – previo permesso della giunta capitolina, che peraltro non lo utilizza – conteggiare gli anni ab Urbe condita, dalla fondazione di Roma.

Un altro suggerimento: si potrebbe scegliere, solo per l’Australia, un riferimento temporale del tutto originale, magari strizzando l’occhio ai più piccoli, ad esempio conteggiando gli anni dalla nascita di Walt Disney, oppure da quella di Mel Gibson, attore australiano che ha dedicato un film alla Passione di Cristo: due piccioni con una fava.

C’è un problemino, però. Chi spiegherà agli australiani e a tutti coloro che australiani non sono ma hanno la necessità di comunicare, progettare, lavorare, con persone di altri continenti e Paesi, in che anno effettivamente siamo? E, nel caso il governo di Canberra mantenga il computo degli anni più utilizzato nel pianeta, basteranno BP, CE o BCE (che per noi europei richiama la Banca centrale europea) a cancellare la memoria di quel «Cristo» che si vuole cancellare?

In attesa di conoscere la decisione dell’Australia, noi possiamo continuare a sorridere. Sapendo che quand’anche passasse l’idea di togliere dai libri di testo quella «C» così imbarazzante per i politicamente corretti, gli anni si continueranno a contare dalla nascita del Nazareno. Con buona pace di chi pretende di cancellare la storia.


Fonte: Sacri Palazzi 06/09/11

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