sabato 5 febbraio 2011

Il celibato sacerdotale nell'insegnamento dei Pontefici. Giovanni XXIII e il santo Curato d'Ars




Giovanni XXIII e il santo Curato d'Ars



Da una relazione tenuta ad Ars dal cardinale prefetto della Congregazione per il Clero, pubblichiamo la parte relativa a Papa Roncalli.



di MAURO PIACENZA

Il beato Giovanni XXIII ha dedicato un'intera enciclica al santo curato d'Ars, nel primo centenario della sua nascita al Cielo.


In essa, i temi fondamentali della verginità e del celibato per il Regno dei cieli, sviluppati da Pio XI e, soprattutto, da Pio XII, vengono recepiti da Giovanni XXIII e come progressivamente declinati nell'esemplare figura di san Giovanni Maria Vianney, che egli presenta quale quintessenza del sacerdozio cattolico.


Il Pontefice mette in luce come tutte le virtù necessarie e proprie di un sacerdote siano state accolte e vissute da san Giovanni Maria Vianney, e pone l'accento, nel testo dell'enciclica, sull'ascesi sacerdotale, sul ruolo della preghiera e del culto eucaristico, e sul conseguente zelo pastorale.


Citando, anche se indirettamente, Pio XI, l'enciclica riconosce come, per il compimento delle funzioni sacerdotali, si esiga una santità maggiore di quella richiesta dallo stato religioso, e afferma come la grandezza del sacerdote consista nell'imitazione di Gesù Cristo. Afferma Giovanni XXIII: "La castità brillava nel suo sguardo, è stato detto del Curato d'Ars. Realmente, chi si pone alla sua scuola è colpito, non solo dall'eroismo con cui questo sacerdote ridusse in schiavitù il suo corpo (cfr. 1 Corinzi, 9,27), ma anche dall'accento di convinzione, con cui egli riusciva a trascinare dietro di sé la moltitudine dei suoi penitenti". Emerge con chiarezza come, per il beato Giovanni XXIII, nel curato d'Ars sia di luminosa evidenza il legame tra efficacia ministeriale e fedeltà alla perfetta continenza per il Regno dei cieli, e come quest'ultima non sia determinata dalle esigenze del ministero, ma, al contrario e contro ogni riduzione funzionalistica del sacerdozio, sia proprio il ministero, nella sua più ampia fioritura, a essere determinato, quasi causato dalla fedeltà al celibato.


Continua il Pontefice: "Questa ascesi necessaria alla castità, lungi dal chiudere il Sacerdote in uno sterile egoismo, rende il suo cuore più aperto e più pronto a tutte le necessità dei suoi fratelli: "Quando il cuore è puro - diceva ottimamente il Curato d'Ars - non può far a meno di amare, poiché ha ritrovato la sorgente dell'Amore che è Dio"".
Da tale argomentare perfettamente teologico ben si comprende come Spirito di Dio e spirito del mondo si trovino in diametrale opposizione. Abbiamo dunque i parametri per capire e per costruire.

Nell'enciclica è posto in evidenza il legame costitutivo tra celibato, identità sacerdotale e celebrazione dei divini Misteri.
Particolare accento è posto sul legame tra offerta eucaristica del divino Sacrificio e dono quotidiano di se stessi, anche nel sacro celibato. Già nel 1959, il magistero pontificio riconosceva, così, come gran parte del disorientamento rispetto alla fedeltà e alla necessità del celibato ecclesiastico dipendesse, e di fatto dipenda, dalla non adeguata comprensione del suo rapporto con la celebrazione eucaristica. In essa, infatti, non funzionalisticamente, ma realmente, il sacerdote partecipa all'offerta unica e irripetibile di Cristo, la quale tuttavia è sacramentalmente attualizzata e ripresentata nella Chiesa per la Salvezza del mondo. Una tale partecipazione implica l'offerta di se stessi, che deve essere integra, includente pertanto anche la propria carne nella verginità.


Chi non vede allora come fra Eucaristia-culto divino e sacerdozio ordinato esista un nesso vitale? Le sorti del culto e del sacerdozio sono legate insieme. Impossibile curare un ambito senza curare l'altro. Occorre rifletterci quando si pone mano alla formazione sacerdotale e occorre pure essere consapevoli del fatto che alle sorti della riforma dei chierici è legata la sorte della nuova evangelizzazione assolutamente indispensabile.


Vale ancora oggi, forse con accenti di maggiore drammaticità, l'indicazione del beato Pontefice: "Noi chiediamo ai nostri diletti sacerdoti di esaminarsi periodicamente sulla maniera con cui celebrano i Santi Misteri, sulle disposizioni spirituali con cui salgono all'Altare e sui frutti che si sforzano di ricavarne". L'Eucaristia è, così, nel contempo fonte del sacro celibato e "prova d'esame" della fedeltà a esso, banco concreto di prova della reale offerta di se stessi al Signore.

(©L'Osservatore Romano - 5 febbraio 2011)

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