Giovanni Paolo II e la "Pastores dabo vobis"
Da una conferenza tenuta ad Ars dal cardinale prefetto della Congregazione per il Clero, pubblichiamo la parte relativa a Papa Wojtyla.
di MAURO PIACENZA
Sin dall'inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo ha riservato grande attenzione al tema del celibato, ribadendone la perenne validità e ponendone in evidenza il legame vitale con il mistero eucaristico.
Il 9 novembre 1978, a poche settimane dalla sua elezione al soglio pontificio, nel primo discorso al clero di Roma, affermava: "Il concilio Vaticano II ci ha ricordato questa splendida verità sul "sacerdozio universale" di tutto il Popolo di Dio, che deriva dalla partecipazione all'unico sacerdozio di Gesù Cristo. Il nostro sacerdozio "ministeriale", radicato nel sacramento dell'Ordine, si differenzia essenzialmente dal sacerdozio universale dei fedeli. (...) Il nostro sacerdozio deve essere limpido ed espressivo (...), strettamente legato al celibato, (...) per la limpidezza e l'espressività "evangelica", alla quale si riferiscono le parole di Nostro Signore sul celibato "per il Regno dei cieli" (cfr. Matteo, 19,12)".
Certamente punto di particolare rilievo, in ordine a tutti i temi riguardanti il sacerdozio e la formazione sacerdotale, è stata l'esortazione apostolica Pastores dabo vobis, del 25 marzo 1992, nella quale il dono del celibato è colto nel legame tra Gesù e il sacerdote e, per la prima volta, è fatta menzione dell'importanza anche psicologica di tale legame, non in modo separato dall'importanza ontologica.
Leggiamo infatti, al n. 72: "In questo legame tra il Signore Gesù e il sacerdote, legame ontologico e psicologico, sacramentale e morale, sta il fondamento e, nello stesso tempo, la forza per quella "vita secondo lo Spirito" e per quel "radicalismo evangelico" al quale è chiamato ogni sacerdote e che viene favorito dalla formazione permanente, nel suo aspetto spirituale". Vita secondo lo Spirito e radicalismo evangelico rappresentano, dunque, le due irrinunciabili linee direttrici, lungo le quali corre la documentata e motivata permanente validità del celibato sacerdotale.
Il fatto che Giovanni Paolo II ne ribadisca immediatamente la validità, ne proponga la lettura ontologico-sacramentale, spingendosi fino all'accoglimento delle giuste implicanze psicologiche, che il carisma del celibato ha nella delineazione di una matura personalità cristiana e sacerdotale, incoraggia e giustifica la lettura di tale insostituibile tesoro ecclesiale all'insegna della più grande e ininterrotta continuità e, insieme, della più audace profezia.
Potremmo, infatti, affermare che la messa in discussione o la relativizzazione del sacro celibato costituiscano atteggiamenti reazionari rispetto al soffio dello Spirito mentre, al contrario, la sua piena valorizzazione, il suo adeguato accoglimento, la sua luminosa e insuperabile testimonianza costituiscono apertura e profezia. Vera profezia, anche nell'oggi della Chiesa, perfino sotto il peso dei recenti drammi, che ne hanno orribilmente insozzato la candida veste, e con ancora maggiore evidenza nei confronti delle società iper-eroticizzate, nelle quali regna sovrana la banalizzazione della sessualità e della corporeità. Il celibato grida al mondo che Dio c'è, che è Amore e che è possibile, in ogni epoca, vivere totalmente di Lui e per Lui. Ed è del tutto naturale che la Chiesa scelga i suoi sacerdoti tra coloro che hanno accolto e maturato, a un livello così compiuto, e perciò profetico, la pro-esistenza: l'esistenza per un Altro, per Cristo!
Il magistero di Giovanni Paolo II, così attento alla valorizzazione sia della famiglia, sia del ruolo della donna nella Chiesa e nella società, non ha affatto timore di ribadire la perenne validità del sacro celibato. Non sono pochi gli studi che ormai si conducono anche sul tema interessante, e gravido di enormi conseguenze, della corporeità e della "teologia del corpo" nel magistero di Papa Wojtyla. Proprio il Pontefice che, forse più di tutti, nei tempi recenti, ha elaborato e vissuto una grande teologia del corpo, ci consegna una radicale affezione al celibato e il superamento di ogni tentativo di riduzione funzionalistica, attraverso le acclarate dimensioni ontologico-sacramentali e teologico-spirituali.
Un ulteriore elemento, che emerge, non tanto come novità quanto come sottolineatura preziosa - e già presente nella Presbyterorum Ordinis - è quello della fraternità sacerdotale. Essa è interpretata non nei suoi riduzionismi psico-emotivi, ma nella sua radice sacramentale, sia in relazione all'Ordine, sia in rapporto al presbiterio unito al proprio vescovo. La fraternità sacerdotale è costitutiva del ministero ordinato, ponendone in evidenza la dimensione "di corpo". Essa è il luogo naturale di quelle sane relazioni fraterne, di aiuto concreto, sia materiale che spirituale, e di compagnia e sostegno nel comune cammino di santificazione personale, proprio attraverso il ministero ordinato.
Un ultimo cenno desidero farlo al Catechismo della Chiesa cattolica, pubblicato durante il pontificato di Giovanni Paolo II, nel 1992. Esso è, come da più parti viene sottolineato, l'autentico strumento a nostra disposizione, per la corretta ermeneutica dei testi del Vaticano II. E deve divenire, con sempre maggiore evidenza, imprescindibile punto di riferimento sia della catechesi, sia dell'intera azione apostolica. Nel Catechismo è ribadita, con autorevolezza, la perenne validità del celibato sacerdotale, quando, al n. 1579, si legge: "Tutti i ministri ordinati della Chiesa latina, ad eccezione dei diaconi permanenti, sono normalmente scelti fra gli uomini credenti, che vivono da celibi e che intendono conservare il celibato "per il Regno dei cieli" (Matteo, 19,12).
Chiamati a consacrarsi con cuore indiviso al Signore e alle "Sue cose", essi si donano interamente a Dio e agli uomini. Il celibato è segno di questa vita nuova, al cui servizio il ministro della Chiesa viene consacrato; abbracciato con cuore gioioso, esso annuncia, in modo radioso, il Regno di Dio". Tutti i temi toccati dal magistero dei Pontefici sono come mirabilmente condensati nella definizione del Catechismo: dalle ragioni cultuali a quelle dell'imitatio Christi nell'annuncio del Regno di Dio, da quelle derivanti dal servizio apostolico a quelle ecclesiologiche ed escatologiche. Il fatto che la realtà del celibato sia entrata nel Catechismo della Chiesa cattolica dice come essa sia intimamente correlata al cuore della fede cristiana e ne documenti l'annuncio radioso.
(©L'Osservatore Romano - 13 febbraio 2011)
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